La nuova fola: l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti – di Piero Nicola

Hanno perso la testa. Ma ce l’hanno mai avuta?

di Piero Nicola

 

BandabassottiAl suono dei tamburi, tivù e giornali supini alle voglie della casta dominante (per quanto ancora?) hanno strombazzato la notizia pompieristica: i partiti rinunciano al loro finanziamento.

  Che i galletti impagliati e impauriti del governicchio abbiano sentito il vento che tira? Neanche per sogno!

  La manovra propagandistica è una miseranda bolla di sapone, ma ci si illude che sia una bomba. Il Giornale di oggi chiarisce: la fatidica abolizione – che rispetterebbe il voto referendario del 1993, a suo tempo vanificato con il solito espediente legislativo che gabba gli scemi – avverrebbe solo fra tre anni. Libero ci informa che i tagli saranno del 25% nel 2014, del 50% nel 2015, del 75% nel 2016; e dal 2017 ci sarà il finanziamento privato col 2 per mille del reddito irpef. Le donazioni avranno un tetto di 300.000 euro annui per i privati e di 200.000 per le aziende: alla faccia di Berlusconi!

  Ancora una volta dunque si prende tempo, come se ci fosse tempo da perdere, come se il tracollo sociale non fosse alle porte, come se gli italiani potessero pazientare. Ma soprattutto, come se l’annuncio clamoroso fosse sufficiente per calmare gli animi esulcerati, e il suo raggiro non dovesse venire a galla.

  Ieri, sentivo il mio dentista (persona dabbene e avversa agli estremismi) osservare che ormai non valgono più né destra né sinistra, sicché ha ragione Renzi a parlare di fatti concreti, e ben venga lui, se fa seguire i fatti alle parole. Il dottore della mia dentatura deve concordare con i commentatori benpensanti, secondo i quali, avendo Cuperlo (uomo di D’Alema) risposto all’invito del Rottamatore di diventare presidente del Pd, il Rottamatore ne esce rafforzato. Si persiste a credere nei compromessi, e coi poteri forti fortemente condizionanti. Non si è capito un accidente!

  I sotterfugi hanno le gambe corte: non passerà molto tempo che anche il medico della mia salute orale scoprirà il raggiro e che i tempi sono cambiati, incalzanti.

  D’altronde, quale importanza avrebbe, in questo momento, anche un’eliminazione totale e immediata della spesa sostenuta per foraggiare i partiti? Nessuna. Siamo in uno stato di emergenza: quella per cui morale o giustizia sono soggette a debite eccezioni.

  Un congruo risparmio ci sarebbe qualora tutta la casta subisse una velocissima, drastica cura dimagrante (riduzione dei parlamentari, abolizione delle province o delle regioni, eccetera). Sennonché persino questa medicina, nel momento attuale, avrebbe un esito disgraziato. Qualsiasi decurtazione notevole della spesa pubblica adesso toglierebbe denaro dalla circolazione, andrebbe a detrimento dei consumi, delle imprese, dell’occupazione, riverserebbe un capitale cospicuo nella tramoggia senza ritorno del debito pubblico. Stando così le cose, si capisce. Ma le cose devono cambiare, oppure sarà la tragedia; la tragedia, se non viene sfondato quel tetto imposto, quella cappa oscura e micidiale, che gli Stati Uniti sfondano a piacimento, quantunque debbano affrontare qualche democratica contrarietà interna e le legate al dito di qualche grande nazione. Il brando della potenza bellica a stelle e strisce è gettato sul piatto della bilancia. Ma questo è un altro discorso.

   Intanto gli americani hanno troppo mostrato come si fa ad assediare i palazzi del potere, con tutte le rivolte di piazza da essi protette e illustrate. Sicché il movimento 9 dicembre, o come lo si voglia definire, deve aver imparato la manovra; alla rivoluzione più o meno artificiale, se ne potrebbe sostituire, da noi, una spontanea e genuina.

  Sarà, infine, da augurarsi che i signorini del palazzo capiscano l’antifona, e provvedano ad allentare i cordoni della borsa, in barba a Bruxelles e alla Germania tutrice delle regole? Perché, calmate le acque, il lupo avrebbe perso il pelo ma non il vizio: il giacobinismo mondialista, plutocratico, pauperista e libertino (ma che atroce mistura!) continuerebbe a marciare.

  Può anche darsi la soluzione del vituperio generale sollevato contro il movimento dei tartassati. Il metodo collaudato è quello di corrompere o intimidire i capi, di indurre qualcuno di essi a dichiarazioni esecrabili, di decapitare la ribellione mediante la magistratura che mette i suoi esponenti sotto processo, quindi in galera. Tuttavia è questo un palliativo insufficiente a sopprimere la causa, e già le teste del movimento sono svariate, e tagliate ripullulano.

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