La segreta causa dell’insignificanza culturale a destra – di Piero Vassallo

 

“Non esiste possibilità di conciliazione tra la filosofia evoliana e il Cristianesimo, tra il cattolicismo di Evola e il cattolicesimo cristiano, che perseguono due itinerari contrastanti”. (Gian Franco Lami)

di Piero Vassallo

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zzzzmlchndNell’appendice a La folgore di Apollo, raccolta di saggi su Evola, scritti con competenza da Roberto Melchionda e riproposti, a cura del sagace Rodolfo Gordini, in una collana di Cantagalli editore in Siena,  sono pubblicate alcune magistrali lettere scritte da un allievo di Augusto Del Noce, il compianto Gian Franco Lami, e indirizzate all’illustre interprete del pensiero tradizionista.

Il fine perseguito dallo studioso romano era  svelare  le debolezze e le incongruenze dell’esoterismo, in fumosa, intossicante, inarrestabile  circolazione negli ambulacri affollati dai riformatori della proibita cultura fascista.

Intento a promuovere la disintossicazione dal magismo, in sfrenata circolazione negli ambienti del post-fascismo, Lami giudicava indispensabile ridimensionare l’autorità di Evola e perciò dichiarava apertamente “per come la penso io, un Evola, inserito nel panorama della filosofia contemporanea, è un minore”.

Il travolgente/incapacitante/devastante successo dell’evolismo nella fragile area destra, oltre che allo stile squillante/incantante/intrigante, si doveva al complice silenzio calato sull’aperta dichiarazione di ateismo, leggibile (ad esempio) nelle pagine roventi di Cavalcare la tigre. Professione che ha azzerato il vantato tradizionalismo e ha  abbassato Evola alla figura di un bizzarro, implicito alunno del mondo moderno (quale fu nella rovente giovinezza dadaista).

Associata all’ateismo circolava la grottesca teoria evoliana intorno ai rapporti sessuali consumati  con mille (1000!) diverse giovani donne, atti necessari (secondo la scolastica neopagana) all’acquisto della suprema saggezza (e di una malattia sessuale, secondo la testimonianza di Clemente Graziani, che aveva consultato la desolata cartella clinica del barone).

Fuori dalla nube d’incenso destro, Evola è un pensatore in aperto e dichiarato conflitto con la verità cattolica e con le avanguardie fasciste, rappresentate da Arnaldo Mussolini, Francesco Orestano, Carlo Costamagna, Balbino Giuliano, Armando Carlini, Carmelo Ottaviano, Niccolò Giani e Guido Pallotta.

L’osservatore che non teme il rischio dell’apparente paradosso, può affermare in tutta tranquillità che l’evolismo ha inquinato, alterato e depistato la cultura della destra italiana, inducendo i suoi interpreti a rifugiarsi ultimamente nel vuoto mentale di Fini & Bocchino, gli emigranti nel salotto quirinalizio, in cui il polo escluso si è appiattito e accasciato sulla pittoresca sagoma del nulla squillante nei pistolotti de noantri.

Opportunamente Lami, in una delle lettere indirizzate a Melchionda, ha svelato la obliqua dipendenza del pensiero evoliano dall’ateismo di sinistra, professato da Adriano Tilgher (1887-1941) e si è domandato “Come fare a passare in silenzio la filosofia della storia di Evola, il suo violento antiprogressismo, da cui sembra provenire la sua critica a Croce?”

D’altra parte Lami ha dimostrato che il pensiero evoliano corre sul filo di una oscillazione/elusione perpetua: “Evola mi sembra cattolico, pur non essendo cristiano, ed è filosofo della razza, della individualità, della personalità e della idealità, senza essere razzista, individualista, personalista e idealista”.

Entrando nel groviglio delle squillanti contraddizioni evoliane, Lami ha dimostrato che del senso logico Evola “sapeva molto o poco in maniera niente affatto esaustiva. Direi addirittura che l’aspetto migliore del modello evoliano consiste nell’aver contribuito a minimizzare il principio di non contraddizione e nell’aver collaudato personalmente che si può tranquillamente convivere con il paradosso assurto a valore”.

Non aveva dunque torto Giano Accame, quando riconobbe e sostenne (contro la impettita direzione del Borghese) la stretta parentela di Evola con l’irrazionalismo del francofortese Herbert Marcuse.

In sintonia con il giudizio sull’ascendenza idealistica (schellinghiana) dell’evolismo, formulato da Francisco Elias de Tejada nel 1974, Lami sostiene che, durante gli anni Trenta, “nell’area germanica, già predisposta da una consuetudine di studi che ha per capostipite l’ultimo Schelling, il metodo tradizionale ebbe presto buona eco presso la scuola di Othmar Sapann e di Walter Heinrich, collaboratori con Evola della rivista Lo Stato”. 

Di qui l’ironica conclusione di Lami: “Direi addirittura che l’aspetto migliore del modello evoliano consiste nell’aver contribuito a minimizzare il principio di non contraddizione e nell’aver collaudato personalmente che si può tranquillamente vivere con il paradosso assurto a valore. … Forse sarà una mia impressione sbagliata, forse sarà quell’insistere evoliano sui percorsi iniziatici di tradizioni lontane dalla nostra, ma, alla fine, l’apertura del suo occhio interiore la vedo come un processo poco medi(t)ato”.

In definitiva Lami condivide il giudizio, formulato sui disvalori della destra colonizzata e asiatizzata dagli evoliani.

L’emigrazione dei pensieri evoliani nelle raffinate ridotte dell’esoterismo turbava i redattori dell’Osservatore romano, che attribuivano ad Evola “spropositi e aberrazioni”.  

La scoperta della stranezza circolante nell’opera evoliana ha liberato la destra dalle paralizzanti fantasticherie ario-indo-nipponiche e ha posto l’obbligo (non ancora seriamente obbedito e forse non perfettamente compreso dagli scappati dalla casa destra) di risalire alle fonti della autentica tradizione nazionale. Un cammino in salita, vista la fragilità della classe dirigente scampata alla distruzione finiana ma seriamente minacciata dalla rapida ascesa del convincente leghista Matteo Salvini.

8 commenti su “La segreta causa dell’insignificanza culturale a destra – di Piero Vassallo”

  1. Onestamente, mi pare che Salvini, ad onta del modestissimo
    panorama del mondo politico italiano (e non solo italiano )non possa assurgere al rango di guida di quello spirito anti europeo che si va facendo lentamente, ma sempre più palesemente presente nella società europea e italiana in particolare.
    E’ triste pensare che non v’è coerenza fra l’opposizione al laicismo ormai fragoroso della Comunità Europea e alle sue devastanti conseguenze nel panorama generale degli Stati europei aderenti al sistema distruttore delle loro sovranità.
    Salvini non vive da cristiano, non vive un matrimonio cristiano è spesso ondivago.
    Mi ricorda, in peggio, Marine Lepen.
    Manca una ledadership autenticamente cristiana che ci guidi ‘fuor dal pelago’.
    Dispiace dirlo, ma sino a quando dei cattolici degni di questo nome non si responsabilizzeranno senza compromessi e non si decideranno a metterci la faccia, ogni speranza di uscire dal brago sarà priva d’ogni fondamento.

    1. Per esser d’accordo con lei, signor Malaguti, por mente all’approccio qualunquistico rispetto all’omosessualismo da parte del con-vincente(?) Salvini, basta e avanza. Riguardo all’antieuropeismo, non è che sia da vantare come chissà qual plusvalore argomentativo: ci vuol così poco…

  2. carissimo Normanno, cito un proverbio: dove non ci sono cavalli trottano gli asini – le associazioni culturali della buona destra cattolica (purtroppo)sono divise da rivalità incomprensibili – la politica di destra (al momento) latita – il potere ecclesiastico … – si dovrebbe ricominciare dal collegamento delle numerose, qualificate associazioni di pensiero attive nel vuoto a destra – il panorama culturale (a destra) è eccellente ma debilitato e oscurato dalla frammentazione – le rivalità paralizzano l’area della buona destra – io spero che si organizzi un forum delle associazioni culturali attive nell’area genericamente “destra” – una tale iniziativa sarebbe un buon inizio – il “catalogo” della nostra cultura sarebbe ottimo se non fosse frazionato – oltre tutto godiamo (godremmo) del vantaggio offerto dallo sfacelo della cultura di sinistra (e dal declino del progressismo ecclesiale) – riusciranno i nostri amici nell’impresa di trovare un accordo? speriamo… – le qualità non mancano, grazie a…

  3. Ma quale destra,sinistra,centro e così via:ma vogliamo renderci conto che le ideologie sono morte,che destra e sinistra esistono solo in quelli che rimpiangono la propria gioventù…Oggi l’amor di patria,la solidarietà,il lavoro,la giustizia sociale,la spiritualità non hanno più etichette,tutti dobbiamo esserne depositari

    1. Lei pensa che la morte delle ideologie sia stata un bene? Io no. Ora vedo solo carrieristi senza principi, disposti anche a vendere la madre

  4. Massimo Scalfati

    Definitivamente (e da tempo) guarito dalla infantile malattia dell’evolismo, che mi infettò negli anni ’60, vedo con lucidità i guasti causati da quel pensiero nell’ambiente politico-culturale del MSI e dintorni. Quel pensiero, in un certo senso totalizzante (perché non ammetteva il pensiero moderno, respinto come espressione di un “degenerescente” mondo moderno) ha castrato intere generazioni di giovani, ad esempio, impedendo loro di studiare e prepararsi in economia (“il demone dell’economia”), nella gestione dello Stato e della Pubblica Amministrazione, nelle discipline tecnologiche. Se aggiungiamo che molti di quei giovani, proprio per la scelta anticonformista di essersi collocati nell’area missina (il cosiddetto “getto”) erano già dei “dislocati” (come si dice in sociologia), sovente problematici per situazioni familiari o caratteriali, possiamo capire quale sia stato il danno arrecato dall’evolismo, che li ancora più istradati sul binario morto della vita.

  5. C’è chi, oggi soprattutto, cerca di legittimare Evola, e con lui Preziosi, sostenendo che l’ultimo Fascismo, quello dell’epilogo, quello ormai avviatosi alla fine con la RSI, sdoganò Evola e diede a Evola e alla sua opera l’attenzione fino a quel momento esclusa. E’ sottintesa ovviamente l’intenzione di far passare Evola come un povero incompreso dal regime e giustificare e avallare l’entrata di scena nell’ambiente del post-fascismo e della destra dell’opera evoliana. Bene ha fatto il Professor Vassallo a ricordare che Giano Accame paragonò Evola a Marcuse. Basta solo questa constatazione a metter fine all’altalenante e inconcludente fenomeno Evola. D’altronde, nonostante il tributo zuccheroso che ne fa Gianfranceschi nel libro Testimonianze, è sottintesa la non lucida coscienza di una generazione che si era illusa di vedere in Evola solo il nemico della tecnica meccanicistica. Più fedele alla linea ‘marcusiana’ Cacciari, che nello stesso libro rivendica la laision tra Evola e la sinistra.

  6. Tutto giusto e santo … ma al mondo cattolico manca una cosa che gli estimatori di Evola (e dell’austera Romanitas) cercano disperatamente: Honos et Virtus, Honos et Virtus, Honos et Virtus per restituire dignità a popoli smidollati e infiacchiti da secoli di servile baciapilismo e umanitarsmo zuccheroso. Se non volete capire questo siete in malafede. E’ il dramma di chi, ancora oggi, memore dei Lari aviti, ma anche devoto alla Croce, è costretto a scegliere tra la Chiesa romana e la Patria romano-italica. Evola è l’Anti-Marcuse, poche chiacchiere. Volete capire Evola? Bene, leggetevi le pagine che descrivono il suo incontro con Corneliu Zelea Codreanu. Codreanu: in lui l’ascesi si conciliava perfettamente con la milizia. Evola cercava in questa sintonia di intenti il midollo della vera tradizione.
    Quindi Evola ha sempre ragione? Niente affatto: magia, gnosi, germanesimo iperboreo sono tutte cose molto discutibili. Ma le cose che il Barone scrisse sulla tempra dell’autentico Vir, dell’autentico Eroe, dell’autentico militante sono e restano insuperabili, toccano nel…

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