LA TRADIZIONE ITALIANA, DOPO LA DESTRA “COZZARA” – di Piero Vassallo

In questo articolo Piero Vassallo ci fa un richiamo chiaro e forte. La situazione politica italiana è all’apparenza disperante, con una destra che ha perso cultura e identità, una sinistra che prosegue nella sua corsa verso il disastro con la stessa chiarezza di idee dei ballerini del Titanic e una risma di rappresentanti delle oligarchie bancarie, spesso sponsorizzati anche da Pastori smarriti.  Ecco che, proprio in una situazione che facilmente indurrebbe a una resa, non tanto per paura quanto per stanchezza e disgusto, Piero Vassallo ci fa invece un appello forte a ritrovare quelle radici culturali profonde che da sempre hanno caratterizzato la nostra presenza pubblica e ci indica anche una metodologia. Il lettore attento vedrà come il richiamo di Vassallo è un richiamo alla speranza: abbiamo i mezzi e gli uomini per risorgere, anche se il cammino sarà lungo e faticoso. “Le ragioni della speranza sono più forti dell’angoscia che sollecita la fuga e il nascondimento nel privato”. Con queste parole Vassallo chiude il suo articolo. Queste parole sottoscriviamo in pieno, pronti a spenderci per il possibile e l’impossibile, perché la nostra speranza, sia ringraziato Iddio, non si alimenta solo sulle nostre forze.

PD

 

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LA TRADIZIONE ITALIANA, DOPO LA DESTRA COZZARA

 

di Piero Vassallo


mc

ci sarà molto lavoro da fare…

 

 

 

Coltivare illusioni intorno al giardinetto della destra è fatica sprecata e umiliante. Il partito postfascista e filo cattolico è defunto nel 1956, quando se ne allontanò la futura classe dirigente. Lo ha attestato Giano Accame, in uno scritto pubblicato nella rivista Tabula rasa.

L’epilogo annunciato da Accame, ha in qualche modo preparato la drammatica ma inevitabile caduta del governo di Fernando Tambroni.

Una liquidazione finale avvenuta nel luglio del 1960 per una decisione suicida maturata nel Msi durante una torrida lite tra Michelini e Almirante (lo ha rammentato lo storico Luciano Garibaldi, testimone della surreale scena).

Dopo il 1968, il fascismo immaginario fu elevato alla scena pirandelliana dal capocomico Giorgio Almirante e dal gaio filosofo Armando Plebe, prima di finire rottamato, come la proverbiale arma nelle mani delle criature: Fini, Gasparri, La Russa, la ragazza del clan Gaucci ecc.

Ultimamente i resti della compagnia allestita dal capocomico sono caduti sotto il mucchio delle cozze consumate dal grottesco Fiorito e sotto i patetici distinguo della Polverini.

Lo sgangherato urlo antifascista, che il professore di storia Antonio Gibelli indirizza a Fiorito dalle colonne del livido Secolo XIX, dimostra che della destra postfascista si è perduta perfino la memoria.

Agli italiani fedeli alla loro tradizione adesso incombe il dovere di uscire dalla destra cadaverica e cozzara per contrastare l’avanzata del il deserto radical-chic.

Il partito porno-tanatofilo di Vendola e della Bonino, infatti, avanza nel vuoto pneumatico che la stupidità a destra ha prodotto.

Nel futuro prossimo si intravvedono solo colpi di grazia alla disastrata società italiana: matrimonio pederastico, adozione pedofila, eutanasia, abolizione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, immigrazione selvaggia.

L’unica difesa dallo spurgo tanatofilo è la parola di Benedetto XVI. Ma la Cei, anziché amplificarla, tace o sussurra, quando non emana guastatori in uscita dalla disgraziata scuola di Bologna, Andrea Riccardi ad esempio.

La sovrastimata società civile erutta solamente personalità della classe di Monti, De Benedetti, Profumo, Passera, Fornero, Della Valle, Montezemolo, Marcegaglia cioè inconsapevoli strumenti dell’alta e occhiuta finanza.

L’antipolitica, infine, promuove un comico urlante e farneticante nei paraggi del cabaret.

La verità è che la nausea causata dalla politica politicante a destra e a sinistra e l’esigenza di un radicale cambiamento non possono nascondere l’indispensabilità di un partito quantunque piccolo ma adatto a interpretare la tradizione italiana, ultimamente difesa dal regnante (ma contrastato) pontefice e dagli studiosi che condividono il suo insegnamento.

Un partito in grado di funzionare quale laboratorio finalizzato alla formazione di una nuova e credibile classe dirigente.

Non sappiamo se un tale partito scenderà in campo, se sarà capace di elaborare un programma adeguato all’urgenza dell’ora, tantomeno se otterrà i voti necessari a eleggere i rappresentanti in parlamento, ossia gli eletti che sono indispensabili al riconoscimento della sua legittimità e ad assicurare la sua efficace operatività nel campo della formazione.

Con assoluta certezza sappiamo che senza un vero e coerente partito la causa della tradizione italiana è perduta in partenza.

Nell’area della tradizione operano numerosi eccellenti studiosi. Essi hanno prodotto una armamentario culturale che può essere usato da uomini politici risoluti ad affrontare le sfide lanciate dal partito porno-tanatofilo.

Niente tuttavia autorizza la confusione del ruolo degli studiosi con il ruolo dei politici propriamente detti.

Guai a non cogliere la differenza che corre tra lo studioso e il politico, che interpreta sagacemente i segnali lanciati dallo studio. Guai a chi dimentica che uno studioso può essere anziano e malato, un politico   deve godere di energia giovanile e di buona salute (oltre che di intelligenza e di buona cultura).

I fervidi anni, che hanno preceduto la conclusione malinconica del postfascismo, narrata dalla rivista Tabula rasa, hanno tuttavia insegnato il metodo che deve essere applicato, senza sconti, nelle scuole di formazione della classe politica.

Un metodo efficace contempla – ovviamente – la sana origine familiare  e la buona base scolastica e universitaria dei candidati.

In secondo luogo esige che i docenti abbiano la consapevolezza che la migliore e più adatta università non produce uomini adatti all’azione politica ma astratti politologi.

Di qui la inderogabile necessità delle scuole e dell’esperienza formativa in un partito.

Al proposito si rammenta:

a. al partito i giovani aderiscono motivati da una vocazione che, di regola, nasce e matura nella famiglia d’origine.

b. nel partito si approfondisce il senso della tradizione che ha formato i giovani aderenti.

c. nella scuola di partito si apprendono le ragioni del programma       politico e le sue radici spirituali e storiche.

d. nel partito si apprende l’arte di comunicare efficacemente e senza cadute nella demagogia.

e. nel partito si assimila la disciplina.

f. nel partito si rafforza l’abitudine al confronto verbale con gli avversari.

Niente si improvvisa nell’attività politica. Illudersi che una classe dirigente possa uscire, automaticamente e senza mediazione partitica, dai quadri della società civile – università, magistratura, giornalismo, cabaret, industria al maschile, al femminile e al neutro, ovvero calzoleria, chimica, moda,  ecc. – è una chimera smentita dalla scena catastrofica che è attualmente sotto gli occhi di tutti gli italiani vedenti.

 

Nell’immediato futuro è prevedibile che i voti dei delusi e degli scontenti si rovescino sulla non politica, sul partito della magistratura impegnata e sulla risma del comico urlante. E’ dunque il caso di temere uno stallo che favorirebbe il ritorno di Mario Monti o l’ascesa di un suo omologo, ad esempio il temibile Andrea Riccardi, sponsorizzato dai vescovi progressisti.

Gli italiani fedeli alla loro tradizione pertanto dovrebbero guardarsi intorno per vedere se esiste un uomo politico capace di organizzare un partito-rifugio, indenne dall’autismo che affligge le micro-destre.

Non ha senso escludere a priori l’esistenza di uomini non travolti dallo tsunami Fiorito. Non è lecito appiattire sulle cozze personalità cattoliche d’alto profilo, quali Alfredo Mantovano, Maurizio Sacconi, Magdi Allam, Olimpia Tarzia, Riccardo Pedrizzi, ad esempio.

Alla periferia della politica naufragata a destra operano inoltre numerose personalità di collaudata attitudine all’azione politica:  Giulio Alfano, Pietro Giubilo, Roberto de Mattei, Massimo Viglione,  Tommaso Romano, Pucci Cipriani, Francesco Agnoli, ad esempio.

E’ pensabile che tali persone ed altre del loro livello non trovino il coraggio necessario ad affrontare il viaggio nel deserto politicante?

E’ credibile che neppure una modesta frazione del laicato e del clero cattolico sostenga la sfida all’obitorio avanzante spinto dal salotto?

Le ragioni della speranza sono più forti dell’angoscia che sollecita la fuga e il nascondimento nel privato.

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