di Giampaolo Rossi
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Un recente sondaggio SWG, realizzato dopo gli attentati di Parigi, rivela che il 49% degli italiani apprezza l’operato del Presidente della Russia, Vladimir Putin, mentre solo il 32%, condivide l’azione di quello americano. Il sondaggio è indicativo se si considera che l’Italia è storicamente un paese filo-Usa e che in questi ultimi anni abbiamo assistito, da parte di tv, giornali e intellettuali, alla costante beatificazione del presidente americano e alla criminalizzazione di quello russo. Il circo Barnum dei talk show, degli editorialisti, dei think tank accademici e dei paludosi ambienti di un potere manipolatorio, nonostante l’impegno costante e l’impiego di mezzi e denaro, non sempre riesce a trasformare la realtà a proprio uso e consumo.
Putin viene premiato per la determinazione e l’efficacia che sta mostrando nella lotta all’Isis, combattendolo a viso aperto e pagandone un prezzo altissimo.
Obama viene punito per l’ambiguità con cui sta affrontando il terrorismo islamista; per la responsabilità (in comune con francesi ed inglesi) nel disastro libico, la più insulsa ed incomprensibile guerra degli ultimi anni che ha aperto il vaso di Pandora del jihaidsmo in Medio Oriente; per gli ondeggiamenti tra dichiarazioni bellicose, titubanze e non chiariti legami con coloro che l’Isis lo hanno creato e tuttora lo finanziano.
IL VERTICE CON HOLLAND
Ma la vittoria di Putin non è solo una questione d’immagine; è soprattutto di sostanza diplomatica e politica.
La conferma è il recente viaggio del Presidente francese Francoise Hollande a Mosca; formalmente per concordare l’azione militare in Siria, di fatto per impegnarsi in sede Onu e Nato a soddisfare le richieste di Mosca. Gli attentati di Parigi hanno convinto la Francia a schierarsi dalla stessa parte della Russia nella lotta all’Isis.
Nella conferenza stampa congiunta, a non pochi in Occidente devono aver fischiato le orecchie quando Putin ha dichiarato: “Quelli che applicano due pesi e due misure quando si tratta con i terroristi, che li utilizzano per raggiungere i propri obiettivi politici e s’impegnano in attività illecite con loro, stanno giocando con il fuoco”.
E quando il leader russo ha attaccato direttamente la Turchia, non solo per l’abbattimento del jet, ma per il ruolo non chiaro nei traffici petroliferi che alimentano l’economia del Califfato e che coinvolgerebbero Ankara, Hollande non ha battuto ciglio. Putin ha ribadito l’esistenza d’immagini (mostrate alla comunità internazionale nel vertice di Antalya) di colonne di autocisterne che giorno e notte trasferiscono in Turchia quantità di petrolio “su scala industriale, provenienti dalle regioni della Siria ora in mano ai terroristi”; una sorta di vero e proprio “oleodotto vivente”.
Hollande, dal canto suo, non ha provato la minima difesa di un paese alleato della Francia in quanto membro della Nato; ma ha ribadito persino che la distruzione dei convogli di petrolio e delle raffinerie “principali fonti di sostentamento dell’Isis” (esattamente ciò che sta facendo la Russia), è prioritario per sconfiggere l’Isis.
Anzi ha persino posto le sue condoglianze per la morte del pilota russo abbattuto dai turchi, cosa non scontata considerando che Obama, dopo l’accaduto, aveva immediatamente preso le difese di Erdogan.
Putin e Hollande hanno messo sul tavolo anche altri temi:
- La questione ucraina, concordando sul rispetto degli accordi di Minsk (violati ripetutamente dal governo di Kiev) e sull’applicazione del format di Normandia deciso nei mesi scorsi dal quartetto composto da Russia, Ucraina, Germania e Francia.
- La necessità di una coalzione anti-Isis in sede Onu (richiesta da sempre di Mosca e fino a poco tempo fa non voluta da Washington).
- Una transizione democratica in Siria, in cui Hollande non vorrebbe alcun ruolo per Assad, mentre Putin ha ribadito che solo il popolo siriano potrà deciderlo.
Ma è soprattutto su come coordinare la guerra all’Isis che sono emersi clamorosi cambiamenti.
Putin ha confermato che dal punto di vista russo, “l’esercito del presidente Assad e lui stesso sono i nostri naturali alleati nella lotta contro il terrorismo”.
Hollande ha ribadito che la Francia sosterrà i gruppi “che possono rovesciare la situazione sul terreno e recuperare il territorio” conquistato dall’Isis.
Ma per la prima volta, il presidente francese ha affermato che bisogna concentrare l’attacco “contro l’Isis e i gruppi terroristici”. Un chiaro segno di come la Francia non intenda più appoggiare le organizzazioni jihadiste di Al Qaeda (come Al Nusra) che l’America si ostina ad includere tra i famosi “ribelli moderati” e che rappresentano uno dei più grandi fallimenti nella lotta contro il Califfato.
SCACCO AL RE
Insomma, Putin esce dal cono d’ombra in cui i falchi di Washington avevano provato a rinchiuderlo e diventa il regista del gioco diplomatico in Medio Oriente e il leader guida nella lotta all’Isis. La Russia si pone come potenza globale in grado di risolvere le crisi internazionali e non solamente subirle, dettando l’agenda politica e militare.
In Europa si diffonde sempre più la consapevolezza che Mosca non è un avversario, ma il principale alleato contro la minaccia islamista.
Forse non è ancora la vittoria di Putin; di certo è la sconfitta di molti suoi nemici.
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2 commenti su “La vittoria di Putin – di Giampaolo Rossi”
Parole sagge, assennate, VERE. Cominciamo finalmente a riconoscere in Vladimir Putin e nella grande Russia il naturale alleato d’Europa nel futuro, obbligato recupero dei nostri valori e vivaddio, dopo 70 anni, dell’indipendenza dagli Stati Uniti d’America. A chi ribatte “sì, ma è un dittatore” chiedo: invece la nostra è democrazia? E’ democrazia l’impero globale della finanza? E’ democrazia, nella piccola Italia, il terzo governo di fila non eletto ma imposto dall’esterno? E’ democrazia l’immigrazione imposta di masse islamiche con parallela demolizione culturale del cristianesimo (che peraltro con Bergoglio si fa già male da se’, ma questo è un altro problema)?
Bisogna porsi una domanda. Ma perché Assad è la pietra di inciampo negli accordi fra Putin e le altre potenze? Perché vogliono a tutti i costi far fuori Assad? E per fare questo hanno distrutto una nazione che godeva di pace sociale e di un notevole benessere? Alcune lettere di religiosi che ho avuto modo di leggere collegano il fatto al rifiuto che Assad ha sempre posto a concedere l’accesso ai grandi gruppi finanziari che ormai governano gran parte dei paesi. E quindi a tenere salda l’indipendenza della Siria. Questa, in parole povere, la sostanza. La destabilizzazione della Siria per quanto ne so io è nata da questo. Con il rimpianto dei Siriani che vivevano in pace a prescindere dalla loro fede religiosa. E ora speriamo che Putin non ceda.