L’Amoris Laetitia come nuova inculturazione (terza e ultima parte) – di Patrizia Fermani

Guida ragionata alla lettura di un documento proteiforme. Per leggere la prima parte, clicca qui; per la seconda parte, clicca qui .

AVVISO IMPORTANTE: sono stati commessi degli errori in fase di impaginazione e pubblicazione delle prime due parti di questo saggio e alcuni paragrafi non sono stati pubblicati. Invitiamo pertanto alla rilettura delle prime due parti – ora corrette – e porgiamo le nostre scuse agli amici lettori e all’Autrice.

PD

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La bestemmia contro Dio è formalizzata e pubblicata, dopo che la Sua legge è stata da tempo disattivata con l’arma impropria della  misericordia, buona per fare piazza pulita di verità e giudizio, di legge morale e principio di creazione, di tutto quello che da sempre è al servizio dell’uomo.

di Patrizia Fermani

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zzzzpffrAbbiamo chiuso la seconda parte di questo studio sulla AL con la frase: “Seguono pagine di moralismo vario che assume spesso sfumature di involontaria comicità”. Vediamole, partendo n. 78) in cui si raccomanda la cura pastorale verso quelli che convivono, in quanto “emarginati”.  Sulla emarginazione di costoro si tornerà infatti al n. 212, quando verrà approfondito il tema cruciale,  già affrontato dal Sinodo, del prezzo dei festeggiamenti nuziali che impedisce alle coppie di fatto di diventare coppie di diritto. L’ emarginazione,  colpisce come è noto anche le convivenze “alternative” in stile Charasma, alle quali tuttavia pare non mancare almeno la dovuta cura pastorale vaticana.

In mezzo ad una  lunga fornitura di norme di buona educazione ad usum delphini, si possono ora trovare  profonde riflessioni sull’amore come quella del n.101, che citiamo a campione: “per amare gli altri occorre amare se stessi”, pensiero vintage di moda già ai tempi del ginnasio, e che fa il paio con l’altra del 107: “per perdonare gli altri dobbiamo perdonare noi stessi”. Dopo altre cose dello stesso tipo in stile Alberoni prima maniera, sempre piuttosto imbarazzanti, si approda all’amore previo di Dio, che “offrendo sempre una nuova opportunità” esenta dalla osservanza di qualunque regola. È l’eterno ritorno di quel  bel  pensiero centrale di matrice luterana, che aiuta a spiegare ( n.111) il “dinamismo controculturale dell’amore” che tutto  scusa:  l’ambiguità sintattica tra ciò che per amore viene scusato e ciò che per amore deve essere scusato, previa  chiamata in garanzia dell’incolpevole San Paolo, può riportare bene l’attenzione sulla inesistenza di una legge assoluta obbligante per tutti e sulla sua necessaria sostituzione con quella buona per tutti gli usi, dell’amore. Naturalmente, il tema che è il leit motiv predisposto a tutta l’opera, sarà ripreso nella sostanza  nel fatidici finali numeri 304,305.

Ma  intanto nei paragrafi  successivi sale di intensità il tono di un sofferto lirismo profetico col quale viene  cucinato un grande polpettone di psicologismo da parrucchiere, insieme alle più svariate banalità del  progressismo autistico, fino alla  celebrazione sadicamente ripetitiva dell’eros quale essenza stessa della unione matrimoniale nella forma del dono.

Si entra cioè in pieno nello spazio riservato all’erotismo, eletto a condizione essenziale dello stesso istituto matrimoniale. Sul registro  sentimentale femminile dell’amore donato con l’offerta di sé, viene innestato stabilmente l’elemento erotico, già cantato da Charamsa davanti al  proprio oggetto del desiderio in una  indimenticabile conferenza stampa vaticana. Insomma, quello che gli spagnoli chiamano el amor brujo. E di desiderio immagato questo esaltante testo parla per interi estenuanti paragrafi, perché l’eros tutto scusa, tutto spera, tutto si aspetta … La sezione porta  addirittura il titolo, forse inedito per un documento pontificio, “AMORE APPASSIONATO”,  e subito si precisa, nientemeno, che un amore senza piacere né passione, non è sufficiente a “simboleggiare  l’unione del cuore umano con Dio”. A scorno di quel trovatore che amò perdutamente la dama che non aveva mai veduta di persona.

Tuttavia dopo digressioni varie su istinti ed emotività, si approda a questa interessante teorizzazione: “bisogna avere la libertà per accettare che il piacere trovi altre forme di espressione (?) nei diversi momenti della vita, secondo le necessità del reciproco amore”, per cui bisogna, sulla scia dei maestri orientali, “non rimanere prigionieri di un’esperienza molto limitata che ci chiuderebbe le prospettive” in vista della dilatazione del desiderio… il testo appare chiaro e quindi non richiede commenti di sorta. Ma è evidente che in caso di dubbio potremo ricorrere alla autorità di Renato Zero, noto cultore di allargamenti della coscienza e dilatazioni  del desiderio…

 Al n.150 leggiamo che “l’erotismo più sano, sebbene sia unito ad una ricerca di piacere, presuppone lo stupore(!) e perciò può umanizzare gli impulsi”, mentre il n. 157 è  tutto concentrato di nuovo su sessualità ed erotismo. Non manca però un excursus sulle deviazioni sessuali che onestamente devono essere riconosciute come tali,  ci mancherebbe! Ma poi con il colpo di reni col quale uno si  solleva  dall’acqua per  issarsi all’asciutto sul pattino, l’autore subito corregge il tiro affermando che “tuttavia il rifiuto delle distorsioni della sessualità e dell’erotismo non dovrebbe mai condurci a disprezzarli o trascurarli” (sessualità ed erotismo, beninteso). Insomma, guai a buttare via il bambino con l’acqua sporca, sennò va a finire che si torna alla sessuofobia e di lì alla promozione della castità il passo è breve.

Ma oramai il discorso  ha preso di nuovo quota e dopo un ennesimo ritorno sulla donazione gratuita, auspicabile forse anche nel libero mercato dell’amore esentasse, arriva la giusta rivendicazione del diritto al  soddisfacimento delle  proprie necessità. Infatti avverte ancora l’autore,  “ognuno non può solo donare, deve anche ricevere”, perché “bisogna ricordare che l’equilibrio umano è fragile”, cioè la carne è debole e non di solo pane vive l’uomo, come  pure la donna. Insomma, ci vanno di mezzo l’equilibrio e anche la giustizia distributiva; e questo si che è parlare chiaro, altro che il si si no no del precettino evangelico.

Insomma, se hai dato generosamente qualche soddisfazione sessuale al partner è giusto che tu abbia in cambio il tantundem eiusdem generis et qualitatis, come dicono i legulei. E una volta poste le premesse, occorre tirare anche le estreme  conseguenze: l’autore guarda lontano, anzi guarda l’orologio della vita, visto che il tempo è superiore allo spazio, e si rende conto che quando uno degli oggetti del desiderio invecchia in costanza di matrimonio, e non è più in grado di soddisfare le necessità erotiche dell’amato/a, questo/a , forte delle proprie esigenze insoddisfatte, a buon diritto finisce per soddisfarle altrove.

Pare che questo paragrafo sia stato letto con sollievo anche dalle parti di Alleanza Cattolica. Anche se non è il caso di riportare per esteso una famosa storiella sui rapporti matematici che regolano  le tardive relazioni extraconiugali, è il caso di ricordare a Charamsa che forse anche lui  ha fatto i conti senza l’oste, e non ha considerato che il tempo è superiore allo spazio.

In mezzo a tante aperture di credito anche all’eros extramatrimoniale, troviamo una sezione apposita che porta il titolo FECONDITA’ ALLARGATA” e che viene subito spiegata al n.178 secondo l’insegnamento di Aparecida 2007, richiamato in nota : “la maternità non è una realtà esclusivamente biologica”. Naturalmente Il pensiero corre commosso alla maternità di Niki Vendola e a quella di Elton John, esempi accertati di maternità non biologica.

Il tema delle corna verrà ripreso e completato nella parte dedicata alle crisi della famiglia e in particolare al numero 237 dove si fa riferimento esplicito “alla attrazione per un’altra persona” che, per un cattivo impiego  della sintassi, al numero 238 sembra diventare  il “nuovo compagno di strada”, oggetto di “ una scelta matura”. Ma questi sono solo gli scherzi giocati dall’uso disinvolto del linguaggio nuovo alla portata di tutte le borse, che piace all’arcivescovo di Vienna.

Se poi le corna fanno male a chi le porta , non è detto che esse non dipendano da un’antica sofferenza da parte di chi le conferisce. Infatti al n. 239 si concede che le corna possano essere il frutto ritardato di frustrazioni precoci, quelle che invero  sembravano un po’ dimenticate e delle quali  finalmente si torna a parlare. Gli abbandonati, per qualunque causa, psicologica o meno, originaria o avventizia, devono essere “accompagnati”, e devono essere rese più accessibili le procedure per le cause di nullità. Insomma, se costoro sono proprio  inconsolabili, meglio curarli con i più aggiornati  rimedi  offerti dalla chiesa.

Per ricapitolare, vuoi  perché la carne è comunque debole, vuoi perché il tempo è superiore allo spazio, se viene meno l’ attrazione sessuale non ci sono buoni motivi per mantenere in piedi il vincolo matrimoniale, e il robusto realismo iberico piemontese surclassa persino quello dei pur pragmatici romani che   giustificavano  pudicamente il divorzio informale col venir meno della maritalis affectio..

A questo punto, dopo tanto girare intorno all’eros che da solo giustifica e regge il matrimonio, si  approda felicemente e liberamente all’amore omosessuale, ai cui cultori devono essere forniti “gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita” (250).  In attesa che la chiesa presenti il proprio  programma dettagliato di aiuti, come sappiamo il parlamento ha già  provveduto a formulare il proprio e soprattutto ad accogliere il principio  bergogliano per cui è l’amore che fa il matrimonio.

Invece per quanto riguarda la piena comprensione della volontà di Dio in materia,  possiamo solo auspicare un prossimo sinodo presieduto da Fausto Bertinotti che, folgorato sulla via di Damasco, ha già cominciato ad evangelizzare le genti con la lettura pubblica itinerante della “laudato sì,” e nei lucidi intervalli sta scrivendo la prima lettera ai cagliaritani, gente rude, e, pare, ancora refrattaria alle novità continentali.

Sempre in vista di un ulteriore approfondimento del tema,  non  manca a questo punto uno sguardo amorevole alle famiglie monoparentali che hanno origine spesso da madri e padri “biologici”(n.252).  Dei   padri e madri non biologici non è dato sapere, perché qui la prosa bergogliana si tace..

Dopo nuove lezioni di bon ton famigliare, e una nuova impennata speculativa nientemeno che sul tema della  libertà, ecco finalmente  il colpo d’ala (267): “la dignità umana esige che ognuno agisca secondo scelte consapevoli e libere” ,  “mosso cioè e determinato da forti  convinzioni personali”. Dove appare chiaro che siano bastate le forti convinzioni personali a fornire dignità alla signorina Ciccone in arte Madonna come a Jack lo squartatore, a  Monica Cirinnà che per “portarle avanti”,  giura sui propri cani, come a  Niki Vendola,  per non parlare  del fu Mario Mieli. Anche Pol Pot ebbe forti convinzioni personali, ma il libero pensatore per eccellenza è, bisogna riconoscerlo, proprio Jorge Mario Bergoglio, che le ha tanto personali le idee da poterle mettere in contraddizione con tutta la dottrina cattolica. Un lusso che neppure Bonifacio VIII si concesse e che pure per molto meno fu infilato prematuramente nella fossa infernale in una posizione scomodissima  dal nostro stizzoso Poeta.

Tuttavia  si vola alto per poco, perché  nel frattempo, è stato aperto il capitolo sulla  educazione, che,  dopo un’altra dose di pedagogia alla portata di tutte le teste, approda finalmente col n. 280) ad un categorico  “Si all’educazione sessuale”. La lodata novità del linguaggio  risulta comprovata, la sua suggestiva icasticità pure.

Che cosa significhi e a che cosa miri l’educazione sessuale sottratta manu militari alla famiglia, e affidata all’esercito degli operatori psico sanitari di regime, perché avviino il fanciulli alla pornografia omosessista passando per l’abbattimento degli” stereotipi di genere”, non lo sa soltanto l’autore della A.L. Oppure lo sa benissimo, come vedremo subito.

Infatti dopo alcune generose raccomandazioni circa il rispetto del  pudore dei fanciulli, contro gli eccessi educativi a proposito del “sesso sicuro”, e sulla serietà da impiegare in genere nella  trattazione della delicata   materia, arriva la botta al cerchio che va in senso contrario a quella data qualche pagina addietro alla botte. Infatti, se è vero che al n. 56 si era condannato il gender (che nonostante le smentite della Giannini, pare dunque tornato ad esistere per disposizione pontificia), qui si dice in scioltezza che “maschile e femminile non sono qualcosa di rigido”. Per chiunque abbia orecchiato la grammatica perversa con cui  è stata messa in campo  nei programmi scolastici l’idea del sesso fluido e manipolabile a piacimento secondo libertà, la proposizione appare di una chiarezza  insuperabile. Ed è anche noto come l’idea demenziale venga fatta passare per quella che serve a liberare l’uno o l’altro sesso dagli “stereotipi di genere”. Questi, vale ricordarlo ancora una volta, secondo la vulgata progressista e, come abbiamo visto sopra, ora anche vaticana, inchioderebbero soprattutto le donne agli asfittici ruoli legati alla maternità e alla conduzione famigliare.  E’ evidente come  qui entri in funzione ancora ancora una volta il  gioco di prestigio,  che serve ad  accomunare  attraverso una stupefacente falsificazione della realtà, una fantomatica “ discriminazione”ai danni  della donna occidentale(!), e quella altrettanto immaginaria  degli omosessuali,  in modo da fare  rientrare fantasiosamente entrambe le categorie nella logica della  lotta di classe. Su questo stesso tranello linguistico e concettuale le associazioni lgbt consustanziali al governo hanno costruito il loro potere e hanno imbastito i programmi educativi della buona scuola renziana, imposti  come obbligatori. Ora la cancelleria vaticana vi omologa ufficialmente  l’educazione cattolica e si appresta a propinarla a tante famiglie ancora ignare di questa manovra avvolgente. Le stesse famiglie hanno addirittura il compito di costituirsi come soggetto “dell’azione pastorale” (n. 290)   … attraverso “l’apertura alla diversità delle persone”. Lgbt. Uber alles.

Dunque anche sul fronte educativo un dogma costruito  dalla politica diventa  criterio di comportamento morale munito del sigillo  pontificio, in omaggio alla nuova inculturazione. Gli autori di questa truffa epocale, insieme ai  complici e alle vittime ignare, aprono le  porte di tutte le scuole ai nuovi predicatori esperti di c.d. “scienze” psicopedagogiche, e immancabilmente iscritti nel libro mastro del progressismo, dei diritti, delle libertà di cui è tenutaria la nota signora che abita a Bruxelles.

A ritmo di tango la “misericordia immeritata, incondizionata e gratuita” (297) di cui si era autoinsignito Lutero conduce  trionfalmente alla  consacrazione ufficiale della morale di situazione.

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Conclusioni e ricapitolazione .

Con i  paragrafi 304 e 305 si chiude virtualmente il cerchio in cui vengono stritolate morale e dottrina cattoliche, passando per matrimonio e famiglia o prendendo essi a pretesto, con buona pace di chi, avendo letto poco o nulla di questo inquietante manifesto della ideologia bergogliana, lo va proponendo a destra e a manca come la rassicurante ciambella di salvataggio per una società in crisi e per tanti spiriti dubbiosi. Vale solo la pena di osservare come qui venga persino esibito  San Tommaso, che viene estratto dal cappello per attribuirgli, con goliardica impudenza, il pregio di essere il precursore della  nuova teologia vaticana incentrata sulla  cancellazione proprio di quella teologia della legge naturale divina di cui è considerato il principale esponente.  E viene da pensare che gli estensori dell’A.L. riuniti  intorno al tavolo per cesellarne  i particolari si siano anche divertiti non poco,  proprio come ci si diverte a confezionare un irridente papiro di laurea.

Qualche attenzione  merita  anche la estesa bibliografia che può essere definita, con una parola cara a Bergoglio, “autoreferenziale”, dal momento che per massima parte l’autore attinge alla propria  “produzione”, ricorrendo  cioè all’autorità di se stesso.  Non manca però, sempre in evidente  chiave  goliardica,  anche una innocua citazione  di Roberto Bellarmino, oltre a quelle dell’Aquinate forse esibite anche ad pompam.

Ora, la carrellata fatta qui non ha ovviamente la pretesa di esaurire tutte le pieghe in cui si insinuano i  venti di dottrina che spirano  dalle parti di Santa Marta. Un capitolo a sé  andrebbe dedicato ad esempio,  a quello che, oltre a quanto si può trovare nel testo, dal testo manca invece vistosamente o viene liquidato in poche righe destinate a scomparire nelle nubi dense delle parole inutili. Infatti se il tema della famiglia interseca necessariamente quello della creazione e quindi i fondamenti stessi della fede, non si vede come mai si sia tirata in ballo l’emigrazione nei termini che abbiamo visto, e sia stato dedicato all’aborto soltanto un cenno fuggevole.  Segno che lì si è ritenuto di poter occupare impunemente un terreno  politico favorevole, mentre  qui viene abbandonato in balia della peggiore ideologia politica anarcoide e nichilista proprio quel  principio di indisponibilità  della vita umana, di cui chiunque volesse  esercitare degnamente il proprio servizio sacerdotale, dovrebbe essere lo  strenuo  difensore. Il discorso vale a maggior ragione per la questione capitale della  fabbricazione dell’uomo in laboratorio, che viene liquidata anch’essa con poche righe di circostanza laddove avrebbe dovuto occupare lo spazio riservato all’eros e dintorni.

Ma la ragione di queste omissioni sta evidentemente  nel disprezzo  per lo stesso  principio della creazione,   perché la nuova chiesa non crede al Dio di Gesù Cristo ma ad un dio generico a basso costo spirituale da usare all’occorrenza in funzione  meramente  rappresentativa. Non è il Dio della fede, ma neppure quello dei filosofi, che pure risponde ad esigenze di ragione. Non per nulla in esordio (n.6) l’autore ha scritto: “comincerò con un’ apertura ispirata alle Scritture che conferisca un tono adeguato”.  Cioè la Scrittura  non è il punto di partenza obbligato, non è l’ “alfa e l’omega” della famiglia, ma un elemento che viene incontro ad esigenze di adeguatezza stilistica, di arredamento, quello che  serve a creare l’ambientazione giusta.

Come si diceva all’inizio, la esortazione postsinodale era già scritta nel suo nucleo propositivo ben prima che il sinodo le fosse allestito intorno come si costruisce la coreografia sul copione di una commedia. Non c’era un canovaccio che consentisse libere interpretazioni. Il lancio pubblicitario doveva  attirare l‘attenzione del pubblico che per suggestione e soggezione avrebbe  applaudito in ogni caso, tanto per giustificare il costo del biglietto, anche  qualora non avesse capito granché della trama e gli fosse sfuggito il senso di tante battute.  Ma alla fine tornano utili ancora due  osservazioni su questo marchingegno in cui forma e contenuto si compenetrano perfettamente secondo il noto canone della estetica crociana.

Quale sia lo  spirito che ha animato il suo autore principale  appare senza veli in quella immagine dei precetti evangelici che sono “pietre scagliate contro le persone”. In questa similitudine si dice  in modo stupefacente,  non solo che le norme morali vanno abbandonate per fare spazio a quella coscienza che equivale alla libertà di comportarsi come piace, ma addirittura che le leggi evangeliche sono un male perché fanno male, affliggono sadicamente gli uomini. La bestemmia contro Dio è formalizzata e pubblicata, dopo che la Sua legge è stata da tempo disattivata con  l’arma impropria della  misericordia,  buona per fare piazza pulita di verità e giudizio, di legge morale e principio di creazione, di tutto quello che da sempre è al servizio dell’uomo.

Un ultimo breve cenno a parte merita poi  la laboriosa costruzione del documento secondo una studiatissima logica di Marketing. Le proposizioni salienti e le intenzioni che le dirigono sono tutte immerse in dense nubi di parole a buon mercato, che suonano bene a qualunque orecchio e danno al tutto quel tono apparentemente dimesso, quella banalità soffusa, che mettendo a proprio agio chiunque, lo solleva  dalla fatica di pensare e dalle ansie dell’abbandono.  Ma nell’A.L. c’è anche una varietà di “stili”, preannunciata con soddisfazione nel prologo del documento, che in realtà dimostra la suddivisione dei compiti fra i diversi collaboratori incaricati, chi  di soddisfare qualche esigenza culturale residua, anche di forma, del mondo cattolico (vedasi citazioni greche traslitterate che contrastano vistosamente con un lessico demagogicamente sciatto), chi di accontentare gli “operatori pastorali” fornendo loro le necessarie  formule d’uso, chi di traghettare il gregge bendato dentro i nuovi pascoli, e di  fustigare a sangue i recalcitranti. Una pluralità di stili e insieme una  pluralità  studiata di  proposizioni contraddittorie, che dimostrano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno,  la funzione strategica di un documento al servizio di un freddo, ben calcolato, e irrinunciabile piano di guerra in vista della agognata e definitiva demolizione del cattolicesimo.

Insomma c’è del metodo in questa follia, e in questo metodo c’è ben più della follia.

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(fine)

12 commenti su “L’Amoris Laetitia come nuova inculturazione (terza e ultima parte) – di Patrizia Fermani”

  1. coraggio,cari amici!oggi è il 13 maggio!comincia il conto alla rovescia,che terminerà il 13 maggio 2017!e allora tutto questo ciarpame senza pudore sarà spazzato via per sempre!!!!

    1. Bisogna vedere se si arriverà al 13 maggio del 2017 oppure al 13 ottobre che fu la data dell’ultima apparizione, comunque il periodo è quello!

  2. “Valle d’abisso dolorosa” la situazione della chiesa oggi, ma non siamo ancora al buio totale. AL lascia sgomenti e sembra annunciare la bufera imminente, i cui segni gia’si intravedono nella prospettiva del sacerdozio femminile, nell’abbraccio al mondo protestante, nella derubricazione del sacro. Non si puo’credere l’abbia scritta un papa, sembra quasi un manifesto elettorale, un programma politico, si’ il programma liberal di Hillary Clinton..

  3. ANTONIETTA PORTEGNO

    solo una piccola statistica: sulle 391 note presenti sul documento, 148 citano la Relatio Synodi e Relatio finalis, 95 citano Encicliche, Omelie, discorsi, catechesi, ecc di Bergoglio; ergo oltre il 60% è autoincensamento.

  4. Complimenti dottoressa per questo capolavoro in tre parti.

    Ad ogni modo non si deve temere, perche presto (mai) verra la nota previa alla AL di Bergoglio e tutto sara meglio, compresi i tradimenti di cardinali e vescovi di origine
    nostrana ed extracomunitaria.

    Amen.

  5. Rimango dell’idea che molti preti e vescovi non si rivoltino (almeno indirettamente) all’obbrobrio del panem et circenses della AL perché sperano in cuor loro che, nella gran lotteria a premi bergogliana a un certo punto scappi detto (magari ad alta quota): “e ora matrimonio per il clero!”.
    Gent.ma e validissima d.ssa Fermani, grazie!
    Attendiamo nuove illuminanti analisi in questo orizzonte sempre più buio.

  6. grazie,camerata.non lo sapevo.comunque,almeno in questo lasso di tempo avremo una positiva tensione,che (almeno così sento io),non ci farà stare nell’accidia che ti fa sentire depresso perché pare tutto immobile!questo perché con l’ambiguità attuale,vero “fumo di satana”,il gioco è proprio quello di farci sentire come pecore non docili(il male è male!),ma pecore idiote!”ah,ma come è umile,papa francesco!ecc.”.il problema è che molti non usano più il cervello,e allora senza tensione si sprofonda in un tempo davvero immobile!

  7. Comunque il celibato ecclesiastico per gli uomini non fu imposto da Gesù che scelse anche apostoli sposati come Pietro.

    1. Che lasciò la famiglia (moglie e suocera). Nessuno dei Vocati all’Episcopato/Sacerdozio, cioè gli Apostoli, ebbe vita di marito e padre dopo la vocazione.
      Il vero punto è un altro: la Vocazione Sacerdotale non è riservata ai vergini. Cioè non c’è affatto, nello “stile” di Cristo, una fuga né una condanna dell’unione legittima tra uomo e donna

  8. Patrizia Fermani, davvero complimenti.
    Una analisi chiara, veritiera, onesta e coraggiosa.
    Tutte condizioni che alle voci della Chiesa, bergogliane o presunte conservatrici, oggi mancano in modo quasi totale.

    Condivido i ragionamenti proposti e prego che possano risvegliare la coscienza di chi, addormentato nell’eutanasia collettiva dell’anima, suonata da bergoglio, li leggerà.

  9. Ottimo ed impagabile saggio di commento all’ AL.
    Dovrebbe essere riunito in unico volumetto e distribuito nelle parrocchie all’uscita della Messa.
    Grazie Dott. Fermani per avermi fatto comprendere in maniera esaustiva l’ esortazione apostolica che avavo letto con grande fatica e sforzo di volontà. Spero di rileggerla prossimamente su questo ed altri argomenti. Complimenti per la sua prosa, chiara , lucida, leggermente ironica e godibilissima.

  10. L’amoris laetitia mi ha ricordato un passo del racconto del Grande Inquisitore, ne I fratelli Karamazov : “Forse che non amavamo l’umanità, riconoscendone cosí umilmente l’impotenza, alleggerendo con amore il suo fardello e concedendo alla sua debole natura magari anche di peccare, ma però col nostro consenso?”
    Per il resto ricordo Manzoni, a proposito del matrimonio: “dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo”.
    Per lo scialo della parola “amore” cito ancora Manzoni , secondo il quale nella letteratura, compreso quella clericale, “dell’amore…ve n’ha, facendo un calcolo moderato, seicento volte più di quello che sia necessario alla conservazione della nostra riverita specie» .
    Parola non ci appulcro.
    Marco Zanini

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