L’ANGOLO DI GILBERT K. CHESTERTON – I nuovi secoli bui– rubrica quindicinale di Fabio Trevisan

I NUOVI SECOLI BUI

Il mondo sarà abbandonato alla volgarità e a mode gregarie e a ogni sorta di frivolezza”

Nel 1927 Chesterton scriveva sul G.K.C’s Weekly un pezzo sui “Nuovi secoli bui” (The new dark ages”), partendo dal pregiudizio, tuttora comune, sui secoli bui nell’indicare il Medioevo: “Certi critici ci dicono che desideriamo ritornare ai secoli bui, a proposito dei quali loro per primi sono completamente al buio”. Con quel suo graffiante umorismo legato alla maestria dell’uso del paradosso, il grande scrittore londinese non solo rovesciava l’ingiuria rivolta acriticamente all’epoca medievale, ma argomentava contro i “nuovi secoli bui” della modernità: “In quest’epoca passeggera il mondo sarà abbandonato alla volgarità e a mode gregarie e a ogni sorta di frivolezza come il Diluvio; e non solo perché è instabile come l’acqua”.

Davvero sbalorditivo come nel 1927 egli avesse anticipato la “società liquida” di Baumann! Ciò che Chesterton prospettava con lungimiranza era il trionfo della barbarie, ma non solo: egli intravedeva il tonfo della società capitalistica. Ricordo che scriveva queste cose nel 1927; nel 1929 ci fu il crollo della Borsa di Wall Street: “Siamo di fronte a un possibile trionfo della barbarie. Come ai loro tempi (medievali) una potenza militare nuova e spropositata sorse nelle province, così nel nostro caso una potenza finanziaria nuova e spropositata è sorta nelle colonie… Le vie di Londra sono alterate, se non distrutte, da tribù che si potrebbe legittimamente chiamare Vandali; e al posto dell’anarchia oltre il Vallo romano abbiamo l’anarchia di Wall Street”.

Cosa si poteva fare dinanzi allo scempio del capitale che distruggeva il legittimo significato di “proprietà” e calpestava l’ordine e la struttura della famiglia? Si doveva innanzitutto de-mitizzare il modernismo con tutta la sequela di falsi eroi e ritornare a considerare quelli che erano stati osteggiati come i terribili medievali “tempi bui”: “Siamo accusati di desiderare i secoli bui perché lodiamo le poche candele sparse che furono accese per fugare il buio. Siamo accusati di desiderare il diluvio perché siamo riconoscenti all’Arca… Possiamo disprezzare o ammirare la forma che quella cultura prese in quel riparo; ma nessuno nega la tempesta da cui essa fu riparata”.

Chesterton anticipò così nel 1927 quello che viene dibattuto oggigiorno come “opzione Benedetto” e lo fece con parole chiare e profonde, richiamando le energie sane e vitali del cattolicesimo con incredibile coraggio: “Sarà un’isola di cultura cristiana in mari di deriva insensata e di mutevoli umori sociali. In breve, credo che siamo giunti al tempo in cui la famiglia sarà chiamata a sostenere la parte che anticamente fu del monastero. Vale a dire, si ritireranno in essa non soltanto le virtù caratteristiche che sono sue proprie, ma i mestieri e le pratiche creative che un tempo appartennero a ogni sorta di altre persone… è ritirandoci in questi forti che possiamo restare in vita e fiaccare l’invasione ed è accampandoci su queste isole che possiamo attendere l’abbassarsi della marea… Come la religione anticamente andò in ritirata, così il patriottismo deve ritirarsi nella vita privata”.

Nel salvaguardare la religione nel sacro recinto della famiglia, allo stesso modo si sarebbe dovuto proteggere il significato autentico e legittimo della proprietà contro l’ingordigia del capitalismo. Chesterton si difendeva con queste parole dalle accuse che gli erano rivolte: “Alcuni, perfino nel mio stesso ambiente morale e religioso, mi hanno chiesto come mai do tanta importanza alla Proprietà, che se è un desiderio umano può anche facilmente essere una bramosia umana… la ragione che giustifica la Proprietà non è che un uomo deve pensare a se stesso ma, al contrario, che un uomo normale deve pensare ad altre persone, fossero solo una moglie e una famiglia e che questa unità dovrebbe avere una base economica per la sua indipendenza sociale”.

La difesa della proprietà, della famiglia e della religione vera costituivano quindi il nucleo essenziale della proposta distributista che Chesterton (assieme a Belloc e a P. McNabb) elaborarono sulla scorta della Rerum novarum del 1891 e del Magistero di Leone XIII. Chesterton, come alla pari gli altri distributisti, apprezzava la Proprietà perché era una cosa nobile al punto che affermava: “La vera proprietà sarà tanto più sacra in quanto sarà piuttosto rara”. La diffusione della piccola e nobile proprietà garantiva quindi da quelle ideologie che la attaccavano ripetutamente, sia quelle social-comuniste (che teoricamente la negavano) sia quelle liberal-capitalistiche (che la negavano nei fatti).

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3 commenti su “L’ANGOLO DI GILBERT K. CHESTERTON – I nuovi secoli bui– rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”

  1. Dice la dottoressa Maria Gaurini, titolare del blog cattolico “Chiesa e Postconcilio” :
    “Non esiste dialogo tra fedi diverse, esiste l’Annuncio che la salvezza è solo in Cristo, Redentore e santificatore di chi Lo accoglie. Del resto dialogo su cosa? Si dialoga quando si deve trovare la verità; ma chi dialoga sta ancora cercando. Noi cos’è che dobbiamo cercare quando abbiamo l’Unicum necessario? Il problema è che la chiesa ha rinunciato ad annunciarlo…”
    Fine delle discussioni : una pietra sopra l’utopia dell’ecumensimo e del dialogo fine a sé stesso, sterile ed infruttuoso, anzi depistatore dalla’unica strada per la Verità tutta intera, per la salvezza eterna.

    1. Prima della sig.ra Guarini, l’Ecumenismo lo ha condannato la Chiesa che, a differenza di quanto afferma la teologhessa, non ha mai rinunciato ad annunciare Cristo, chi ha rinunciato a farlo è la falsa chiesa liberal massonico satanica, capeggiata dal papocchio argentino, cui la stessa teologhessa riconosce di appartenere! Fare pace col cervello, ogni tanto, aiuterebbe!

  2. Profeta come sempre il nostro Chesterton. E dove rifugiarsi da questo mondo abbandonato alla volgarità, a mode gregarie e a ogni frivolezza, se non nel recinto della famiglia (quella vera, direi, con i valori e le sane prerogative che le sono proprie, se vuol dirsi tale)? E come sentirsi al sicuro in quest’oasi tutta nostra se non sentendo proprie le mura della casa e di quanto è ad essa connesso? Sacro diritto di una proprietà innegabile e insostituibile.

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