In calce, la lettera dell’Arcivescovo di Ferrara, Mons. Luigi Negri e una galleria di immagini
di Pucci Cipriani
.
Viaggiavo ieri, lunedì 16 novembre, in treno, la mattina presto – ero arrivato alla stazione, quando ancora era buio e, per la strada, i bar, nei quali speravo di prendere il mio primo caffé, avevano ancora le saracinesche abbassate – alla volta di Rimini per dare l’addio terreno al nostro caro don Giorgio Maffei… e mi balenavano innanzi le immagini delle persone care scomparse in quest’annata, le persone a cui volevo e voglio bene… il mio amico Giuseppe (“Beppe”) Paladini, sodale di tante battaglie e, subito dopo, la moglie, la Signora Paola, aprirono questa “danza della morte” – pochi mesi prima, proprio durante l’ultima giornata del nostro Convegno di Civitella del Tronto, a marzo, era scomparso, attorniato dalla moglie, dai figli e dagli amici, a quarantacinque anni, il nostro Mario Palmaro, e aveva chiesto, esalando gli ultimi respiri, di cantare insieme ai familiari e agli amici, il SALVE REGINA, in attesa di salutare la Mamma celeste in cielo – e, poi, a distanza di tre mesi, l’una dall’altro, i miei due cugini Giuliana e Paolo, quindi lo zio, Luciano, il marito di una sorella della mamma… che quand’ero bambino mi portava le sere dell’estate (saltando disinvoltamente il divieto familiare che non faceva eccezioni: alle nove i bambini, a letto! anzi, come diceva Mattia, “a nanni” ) in pineta, al Forte dei Marmi, a vedere le commedie recitate dagli attori dal Carro di Tespi “Rodolfi”, tra cui “Christus: vita, passione morte di Nostro Signor Gesù Cristo” e quando, al penultimo atto, si presentò sul proscenio il primo attore Giulio Pinoli e, annunziando l’ultima rappresentazione estiva, “Santa Rita da Cascia: la Santa degli impossibili”, disse, di fronte a quella solita quindicina di persone : “… E speriamo che la Santa degli Impossibili faccia davvero l’impossibile: farci trovare un bel teatro tutto pieno di gente”… lo zio non riuscì a trattenere una bella risata che gli venne, su, spontanea. Una settimana dopo la morte dello zio, spirò la mia mamma, dopo una lunga, dolorosa, ma lucidissima agonia, si spense senza un lamento, dopo aver ricevuto con immenso piacere l’Estrema unzione… e qui preferisco tacere, per non avvelenarmi l’anima, di fronte all’infamia del pretume neomodernista che riuscì a profanare anche la morte e, non contento, dette spettacolo osceno anche in chiesa aggredendo il sacerdote, in odio alla Fede e alla Tradizione, che era venuto a celebrare la S. Messa nel rito antico… mi porterò, ormai per sempre, scolpita nel cuore, con il sangue, quella scena ripugnante fatta di fronte a diversi testimoni, una azione canagliesca e vile di cui il responsabile – quel giorno, verrà, nonostante l’arroganza e la sicumera, per tutti – dovrà render conto al Signore, il Giudice Supremo…
E ancora immagini nitide: don Mario Faggi, il sacerdote fedele alla Chiesa di sempre, messo nel ghetto degli intoccabili dai suoi confratelli infedeli, dal quale mi recavo ogni domenica con il dottor Manfriani alla celebrazione della S. Messa in rito romano antico, la Messa di sempre e di tutti e fu il primo, durante le sue omelie a denunziare, prima che venissero fuori quelle lettere immonde in cui don Milani afferma di aver amato i suoi ragazzi fino al punto di portarseli a letto, la setta gnostica milaniana… aveva quasi cent’anni e celebrava ancora – in privato, mal sopportato – la Messa tridentina in quella tristissima Casa del Clero… e passava le sue giornate in preghiera e, ancora, intento nello studio…”Sconto in questo luogo di desolazione – diceva – il mio Purgatorio”, e ripeteva a tutti quelli che lo andavano a trovare : “Ah! Se avessi dato retta a Pucci Cipriani… ora starei come in Paradiso…dovevo entrare nella Fraternità di San Pio X di Mons. Lefebvre che ha salvato la S. Messa cattolica e la Dottrina di sempre…” Lo salutammo, dopo la sua morte, lo scorso luglio a Galliano, dove si tennero le sue esequie, con la S. Messa di sempre, in latino, come dice la gente, e nessun cialtrone osò, allora, profanare la morte, alla presenza del caro p. Giovanni Roncari (ora vescovo) che dopo la S. Messa tradizionale intonò il “Libera me Domine”… come una volta. Eravamo presenti Leonardo ed io, anche all’inumazione, nel piccolo cimitero di Bosco ai Frati, nella nuda terra…come aveva richiesto.
Quindi a lasciarci,nei primi giorni di agosto, è stato il Marchese Luigi Coda Nunziante di San Ferdinando, un Signore di altri tempi, dalla Fede genuina e cristallina… sempre fedele alla Tradizione, un combattente davvero eroico. Lo conobbi nel 1985 a Venezia, dove eravamo, insieme a don Emanuele du Chalard, a contestare, con una via Crucis penitenziale, tra i lazzi della gentaglia, il film blasfemo : “Je vous salue Marie” – Fummo identificati dalla Questura, il Marchese Coda Nunziante, l’abbé du Chalard e il sottoscritto e al giornalista del “Corriere della Sera” che ci chiedeva come facessimo a contestare un film senza averlo visto rispondemmo : “Non c’è bisogno di andare in Cina per sapere che i cinesi mangiano il riso”. L’indomani i nostri volti erano in prima pagina (internet era ancora lontano) di “Gente” e “Oggi” (milioni di copie) e la gente ci fermava per strada : “Ma, allora lei era quello… a Venezia… al Lido… insomma alla Via Crucis in piazza San Marco…”.
Tutta la Comunione Tradizionale si strinse intorno alla famiglia Coda Nunziante e a Donna Virginia, amica di sempre, Presidentessa della “Marcia per la Vita” che, anche quest’anno, si terrà a Roma nel mese di maggio.
E dopo pochi giorni la Comunione Tradizionale si è stretta ancora accanto al caro Gabriele Bagni, “‘o guaglione nuosto” per la morte del papà, il quaranteseienne Antonio (“Ecco come muore un cristiano” commentò, durante l’omelia, don Luca Zanaga). Anche Gabriele volle che il babbo avesse la Messa dei Santi e dei Martiri, la Messa Tradizionale, la Messa di sempre e di tutti.
E rivedevo il volto del mio vecchio medico, ricordando un tempo lontano e felice, trascorso in lieta compagnia, il dottor Giorgio Galeotti e due persone che considero di famiglia e che furono vicine alla mamma,negli ultimi anni di vita: la Rita e Mario… anche loro se ne sono andati.
.
E così, in mezzo a questi ricordi, alle “care memorie” di un tempo, arrivo, ieri, a Rimini, al Priorato “Madonna di Loreto” dove mi accoglie il Priore, il giovane sacerdote americano Chad Kenney, dal volto buono e sorridente, pieno di simpatia, che, con un’occhiata ti mette a tuo agio e par che ti dica familiarmente: “vieni, qui sei casa tua!”; mi avvisò lui, venerdì scorso, della morte di don Maffei: “E’ morto due ore fa, dopo aver ricevuto tutti i Sacramenti, recitando il Rosario”… c’è anche don Elias Stoltz e don Gabriele, il figlio di un mio vecchio amico, Alfonso d’Avino, ora Magistrato a Napoli… trentacinque anni fa giovane e brillante saggista, redattore di una bella rivista tradizionalista di cui ho ritrovato la collezione: “Fede e Libertà”, e poi Stefano Buosi, Manganaro, Abbondio Dal Bon e don Stefano Carusi, (è uscito, recentemente, un suo libro di teologia scritto a quattro mani, con Mons. Livi ) il vecchio (trentasei anni!) “camerata” che, insieme a Manlio Tonfoni, ora brillante avvocato, allora Presidente del Fuan (lo chiamavano TonFINI) furono i protagonisti della vita culturale nell’Università di Camerino (più volte mi chiamarono in quell’Ateneo a parlare… del Comunismo, di Guareschi, dei “Viva Maria, di Monsignor Lefebvre…) e poi i chierichetti che, giornalmente, servivano la Messa a don Giorgio, le care suore, che in un balletto – e nessuno si sa spiegar come – mettevano e mettono tuttavia a tavola un esercito di persone, delle cui conferenze e “lezioni” nutrivano l’anima…
Quante volte siamo stati qui, a Spadarolo, in via Mavoncello… dove accade l’opposto di quello che sta accadendo nelle chiese moderne che, appunto, vengono trasformate in capannoni circensi, mentre qui i capannoni vengono trasformati in chiese e qui, dove trent’anni fa c’era un immenso “garage”, ora c’è una bella chiesa con annesso priorato, quattro sacerdoti e le suore…
Ecco, qui ha vissuto gli ultimi anni della sua vita don Giorgio Maffei; e don Pier Paolo Petrucci – ero qui anche quando quello che ora è il Superiore del distretto italiano della Fraternità San Pio X, allora giovanissimo sacerdote, celebrò, alla presenza di Mons. Lefebvre, la sua prima Messa – durante la sua omelia lo ha ricordato: nato da una famiglia cattolica i cui genitori lo guidarono sulla buona strada venne poi istruito da sacerdoti di spirito tridentino , fu sempre praticante ma come egli stesso ha scritto:
“Mi accorgerò un giorno, che la mia religiosità era più un’infarinatura esteriore che non una sostanziale formazione spirituale; anzi il periodo che arriva fino a quel giorno io lo chiamo, per me, delle tenebre. Tempo della luce, invece il periodo che comincia… all’età di 22 anni … Sono stato contrariato nei miei progetti e propositi di vita, rimanendo, lì per lì, deluso e addolorato, ma in seguito, toccando con mano, facendo felice esperienza , che Dio aveva ragione e mi aveva impedito un ideale per farmene trovare e seguire uno migliore…”
Don Pierpaolo Petrucci con la voce rotta dal pianto – e questo sta a dimostrare l’affetto che circondava e circonda, qui, nella Fraternità lefebvriana, don Giorgio Maffei – racconta poi che don Giorgio avrebbe voluto intraprendere la carriera militare, ma alla visita per entrare in Accademia fu “scartato” per un lieve difetto all’udito ma poi, scoppiata la guerra, fu ben presto arruolato e ritenuto sanissimo… anche il difetto all’udito era scomparso quando fu richiamato alle armi. Ma lui si accorse, ben presto, che la vita militare non era assolutamente fatta per lui… il Signore aveva fatto per lui un altro programma.
“ebbi (dal mio parroco – n.p.c.) un libretto che parlava del Rosario, e delle promesse fatte dalla Madonna a chi lo avesse recitato devotamente. Credetti e mi ci provai. Da quel momento mi sentii trasformato. La preghiera, soprattutto la recita del Santo Rosario, la Messa, la Comunione, la lettura di libri spirituali, lo studio e la meditazione delle verità eterne, mi tenevano occupato per tutta la giornata. A questo il Signore aggiungeva una gioia indescrivibile, da farmi dimenticare ogni altro piacere di questo mondo, tanto da cambiare completamente il mio programma di vita… debbo completamente consacrarmi al Signore.”
Poi don Pierpaolo Petrucci ricorda l’ordinazione sacerdotale di don Giorgio, finché non divenne sacerdote diocesano, quindi parroco e, dopo 25 anni di esperienza parrocchiale nel ferrarese, il vescovo, nel 1980, gli assegnerà l’incarico di cappellano alla Certosa, l’unico posto che avrebbe potuto accettare essendo ormai stati introdotti nella “nuova Chiesa conciliare” i cambiamenti e gli sconvolgimenti introdotti dal Concilio come, per esempio, la pratica sacrilega della Comunione nella mano il cui rifiuto, come ben presto si accorge, darà luogo a scene disgustose.
Intanto don Maffei curava l’assistenza spirituale di gruppi, sparsi un po’ in tutta Italia, di cattolici fedeli alla Tradizione e che, quindi, avevano bisogno di sacerdoti che celebrassero la Messa cattolica, la Messa tradizionale, la Messa di sempre.
Nel 1989, nel bicentenario della nefasta Rivoluzione francese, don Giorgio Maffei fu fatto cappellano dell’ANTI 89 e, tra l’altro, io ben ricordo la Sua celebrazione della S. Messa solenne nel rito antico, in occasione dell’anniversario della morte di S.M. Cristianissima il Re Luigi XVI, nella Arcibasilica Imperiale e Regia di San Lorenzo,a Firenze, con il permesso di un nostro caro amico… deceduto a cent’anni, Mons. Angelo Livi, che mi parlò della sua ammirazione per la Francia Cattolica e Monarchica e per la famiglia reale.
Poi ai Convegni di Civitella del Tronto, ogni anno, con le sue omelie che preparava accuratamente, la Via Crucis del Venerdì, le confessioni (e come i giovani affollavano il suo confessionale!)… Per venticinque anni (solo gli ultimi due anni non ha potuto partecipare, pur inviando i suoi interventi scritti) don Giorgio Maffei è stato la guida e l’animatore spirituale dei Convegni della Tradizione Cattolica della “Fedelissima” Civitella del Tronto e insieme a Massimo de Leonardis e al sottoscritto ha scritto anche un libro: “La difesa della “Fedelissima” Civitella del Tronto” (Italia – Abruzzo Editore), stampato grazie all’interessamento dell’Onorevole Fabrizio Di Stefano che ebbe in don Maffei il suo confessore.
Infine – ed è lo stesso don Giorgio – che scrive :
“Dopo 25 anni di Parrocchia e 16 di Certosa , sentivo il bisogno di cambiare . Ma dove andare, se non c’era più un posto sano in cui rifugiarsi?… Il Signore me l’ha fatto trovare nella Fraternità Sacerdotale San Pio X: al Priorato Madonna di Loreto, ambiente ancora cattolico, coi suoi ottimi sacerdoti, con le sue ottime suore, coi suoi ottimi frequentatori… meglio così!”
In quella affascinante cerimonia funebre dove si è quasi toccata materialmente la “Comunione dei Santi” ci sembrava di sentirci accanto ai nostri morti che chiedono le preghiere… e a loro volta le loro preghiere – e posso ben io dire quanto i morti ci aiutino – vengono deposte ai piedi del Signore, Viatico per noi. Come quella bella cantilena popolare che si recita, a volte, tra un mistero e un altro del S. Rosario.
“Dio vi salvi Anime Sante,
Dio vi salvi tutte quante-
Siete state come noi
Noi saremo come voi.
Pregate Gesù per noi
Noi lo pregheremo per voi.
Iddio vi dia pace e riposo
nel Santo paradiso.
Amen.
E, a sera, quando riparto dal Priorato, rivedo il volto di don Giorgio… sorridente e pensoso, come sempre. Sento di averlo vicino. Ancor più di quando era in vita. E anche quest’anno, nella seconda domenica di Marzo, a Civitella del Tronto, quando, insieme, risaliremo con noi, ci sarà ancora, a spronarci dal cielo, don Giorgio, il nostro amato cappellano che ripeterà il suo motto : “Non mi arrendo!…etiamsi omnes, ego non!”
.
lettera di S. E. Mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara
Le esequie di don Giorgio Maffei
.
.
Il sorriso di don Giorgio Maffei
.
3 commenti su “Le esequie di Don Giorgio Maffei: il baluardo della Tradizione cattolica! – di Pucci Cipriani”
Suvvia, non esageriamo con don Milani, alla fine sarà sì antipatico per atteggiamenti e frequentazioni politiche ( a Barbiana, non da Barbiana…), ma un convertito, un integralista atipico, ma convertito a una messa solenne “di sempre” in S. Ambrogio (1943), e che mai contestò tale rito, semmai il modo superficiale con cui il popolo si avvicinava alla devozione. Vi invito poi a rileggere le espressioni “incriminate”: sono le classiche scostanti iperboli milaniane, ma è chiaro quanto tema l’Inferno e ci creda! Altro è Milani, altro il milanismo!
<>
Ah il dichiarare testualmente : “…se un rischio corro per l’anima mia …è…d’amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto) i miei figli….e chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire per metterglielo anche in culo se non un maestro che ami anche Dio e tema l’inferno e ami il paradiso?” E alla scuola di don Milani, che Lei, evidentemente ammira, gli atti di sodomia li chiamavate : ” iperboli milaniane”. Mi scuso con i lettori se ho dovuto profanare il ricordo di un sacerdote Santo come il nostro don Giorgio che considerava il pudore come il più bel dono di Dio, rispondendo a questo tizio che pudore e vergogna non ha.
Caro Pucci sottoscrivo ogni parola del Suo intervento.
Don Giorgio un grande uomo di Dio. Riposi in pace.