LE RAGIONI DI UN INTELLETTUALE CATTOLICO E L’IRRAZIONALISMO DEI LAICISTI – di Mons. Antonio Livi

RISCOSSA CRISTIANA è onorata di ospitare un articolo di Mons. Antonio Livi, senza dubbio il maggior filosofo vivente, che mantiene viva e feconda la grande Tradizione italiana di studio e di Fede, uniti a creare l’armonia della vera saggezza. La profondità e la chiarezza di Mons. Livi, al quale va la nostra sincera gratitudine, saranno senza dubbio di giovamento a tutti, per meglio comprendere il senso dei recenti avvenimenti, e per saper riconoscere dove sta la vera e sana razionalità.

PD

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LE RAGIONI DI UN INTELLETTUALE CATTOLICO

E L’IRRAZIONALISMO DEI LAICISTI

 

di Mons. Antonio Livi

 

 

La vicenda che ha coinvolto storico Roberto de Mattei, vice-presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è stata commentata per parecchio tempo, anche su questa testata, e sono state esaurientemente contestate – dopo averle riferite correttamente – le assurde critiche che da varie parti gli sono state rivolte. Sembrerebbe che non ci sia più nulla da dire, ma io desidero tornare sull’argomento per segnalare alcuni aspetti dell’ideologia dominante nell’opinione pubblica che i cattolici dovrebbero rilevare criticamente, per non concedere alla montante polemica anticristiana degli argomenti apparentemente razionali che di fatto sono invece assolutamente inconsistenti.de mattei

Non mi riferisco alle manovre meramente politiche, miranti a estromettere gli intellettuali cattolici da ogni luogo dove si esercita il potere culturale; sono manovre basate su pregiudizi laicistici tanto evidenti quanto illogici. Illogica infatti era la pretesa di alcuni, dopo la riflessione teologica che Roberto de Mattei aveva fatto ai microfoni di Radio Maria nel corso di una rubrica mensile intitolata “Le radici cristiane”, di reclamare le sue dimissioni dalla vicepresidenza del CNR per incompatibilità tra le idee espresse in quella occasione e il ruolo scientifico che la sua carica presuppone. Mi riferisco invece a un articolo della Stampa, nel quale si riduce arbitrariamente tutto il discorso di Roberto de Mattei all’affermazione perentoria che il recente terremoto del Giappone non è altro che un terribile e giusto castigo inviato da Dio sull’uomo per punirlo, purificarlo e migliorarlo: affermazione, secondo il giornale, espressa «in modo piuttosto anomalo per il suo ruolo»; il suo, infatti, «è un punto di vista non particolarmente basato sulla scienza, ed è abbastanza comprensibile: se si legge il suo curriculum si nota che non è uno scienziato ma uno storico con evidenti radici cattoliche» (Flavia Amabile, in La Stampa, 23 marzo 2011).  Chissà «se gli altri vertici del CNR la pensano allo stesso modo», concludeva provocatoriamente la Amabile, e qualcuno ha commentato che probabilmente quelle ultime parole erano state scritte «gettando l’amo al presidente del CNR, Luciano Maiani, uno dei sessantasette firmatari di una lettera aperta che, definendo “incongrua” e non in linea con la laicità della scienza una prevista lezione di papa Benedetto XVI all’Università di Roma “La Sapienza”, il 17 gennaio 2008, aveva contribuito a causarne l’annullamento» (Luca Codignola, in L’Occcidentale, 28 marzo 2011). Insomma, si è  gridato allo scandalo perché il vicepresidente del CNR, commentando le notizie di cronaca, si è permesso di parlare di Dio e non esclusivamente di costruzioni antisismiche, di centrali nucleari e di radioattività; ciò significa che, per l’opinione pubblica dominante, quello di Dio non è un argomento “scientifico”, perché per “scienza” bisognerebbe intendere soltanto la fisica. Ora, in effetti, De Mattei è uno storico e non un fisico, dunque non dovrebbe far parte del CNR, oppure non dovrebbe parlare dei terremoti con un “approccio” (ossia, da un punto di vista) diverso da quello dei fisici? Ecco l’illogicità che – al di là delle intenzioni malvagie – va severamente denunciata.

La logica (in questo caso, l’epistemologia) non può acconsentire che si neghi un proprio valore epistemologico alle discipline storiografiche: a parte l’archeologia,  la paleontologia e la paleografia, la stessa storiografia, alla pari di tutte le altre discipline umane o sociali (Geisteswissenschaften), è oggi universalmente riconosciuta come “scienza” tanto quanto la fisica e tutte le altre scienze della natura (Naturwissenschaften) che si servono della formalizzazione matematica. Chi negherebbe oggi, ad esempio, il carattere di scienza alle discipline che si insegnano nella facoltà di Scienze politiche o in quella di Psicologia? Certo, Karl Popper sosteneva che il marxismo e la psicanalisi non sono scienze, nel senso con cui egli considerava scienza la fisica: ma per lui tutte le scienze, compresa la fisica, erano soggette al criterio del fallibilismo e al procedimento critico della falsificazione. Peraltro, anche per chi non adotta gli schemi epistemologici di Popper, il fatto che un sapere sia annoverato tra le scienze non toglie che esso sia il frutto della ricerca razionale (che si serve di svariati mezzi di indagine e di deduzione) e sia quindi sempre relativo, opinabile, ipotetico, o comunque riformulabile con schemi concettuali diversi. Solo gli scienziati fanatici che sono rimasti fermi ai pregiudizi scientistici del positivismo (di questi abbiamo in Italia un esemplare quanto mai ridicolo nel matematico Odifreddi) considerano la loro disciplina scientifica una verità assoluta, anzi l’unica verità.evoluzionismo

Altri, in mezzo a questa inestricabile confusione di idee sull’argomento della giustizia di Dio e del peccato degli uomini, hanno tirato in ballo la dottrina della Chiesa, nella quale, secondo loro, ci sarebbe una netta smentita della tesi di De Mattei. Scrive ad esempio un lettore nella rubrica della lettere di un quotidiano: «La stampa ha dato risalto alle dichiarazioni di uno storico che si dice cattolico e proclama in nome della “dottrina della Chiesa” che il terremoto e lo tsunami sono stati un’esigenza della giustizia di Dio. Come hanno sottolineato fonti ufficiali della Chiesa, qui non si esprime la fede cristiana e cattolica, ma una visione anticristiana di origine pagana, pur presente in alcune primitive credenze bibliche alla quale però un certo Gesù (Vangelo Gv 9) ha opposto il suo “no”. Dio non causa il male. Se una valanga uccide un uomo, Dio non è un omicida» (Alessio Nolan, Il terremoto non è un castigo di Dio, in Libero, 1° aprile 2011, p. 31). È un modo di parlare tanto incoerente da sembrare demenziale, ma lo riporto perché riflette, purtroppo, la confusione dottrinale dei cattolici italiani, succubi oggi come non mai delle ideologie dominanti (grazie allo strapotere della stampa e alla televisione gestite da opinion leaders anticristiani, ai quali non offre alcun argine la cosiddetta stampa cattolica). Come ho spiegato in alcuni miei libri (cfr Filosofia e teologia, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2009; Vera e falsa teologia, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma  2011), la dottrina della Chiesa è cosa ben diversa dalla teologia. La teologia non fornisce ai credenti la materia della loro fede (quella la fornisce il Magistero): fornisce solo un’utilissima, talvolta indispensabile interpretazione del dogma. Per sua natura, quella proposta dai teologi non è un’interpretazione autorevole e pertanto vincolante (come quando interviene il Magistero) bensì un’interpretazione che è per sua natura ipotetica, basata soltanto sulla forza dell’argomentazione razionale, non sulla forza dell’autorità di Dio che rivela. I teologi non sono maestri della fede (questi sono solo i vescovi) ma sono semplicemente degli intellettuali al servizio della fede, con l’approfondimento e la chiarificazione che ogni aspetto del dogma richiede, a seconda dei tempi e dei luoghi, in rapporto anche alle circostanze culturali del momento. In conclusione, che fa un discorso teologico dice cose assolutamente vere finché riferisce correttamente quello che Dio ha detto nella rivelazione pubblica; se poi aggiunge a questo le sue personali interpretazioni (o quelle della scuola di pensiero cui appartiene), deve lasciar intendere chiaramente che si tratta di mere ipotesi, non di dogmi: ipotesi, peraltro, che saranno  ammissibili solo nella misura in cui non contraddicono il dogma. Tornando al tema che ha suscitato la discussione: che il terremoto e lo zunami (così si deve scrivere) del Giappone siano un castigo di Dio non c’è scritto da nessuna parte, dunque, di per sé, questa non è materia di fede (la Bibbia parla invece del diluvio universale e di altri eventi – ad esempio la distruzione di Sodoma e di Gomorra – come castighi di Dio); ma che ogni evento naturale o provocato dagli uomini siano da riportare a Dio, questo è non solo dogma di fede ma è innanzitutto un’evidenza della ragione: perché Dio è la causa prima che governa il mondo con perfetta giustizia, e le cause seconde (consapevoli o meno) non tolgono il primato metafisico della potenza infinita di Dio. Ora, però, la ratio per la quale un singolo evento è voluto o permesso da Dio noi non la possiamo conoscere, a meno che Dio stesso non ce la riveli. Dunque, per un elementare dovere di rispetto nei confronti dei misteri naturali e soprannaturali che riguardano le intenzioni di Dio, noi dobbiamo limitarci a ipotizzare il carattere di castigo o di ammonimento (in ogni caso, castigo e ammonimento paterno) di una calamità che abbia afflitto una parte dell’umanità, senza mai pretendere di sapere – ripeto – quello che appartiene al mistero dell’Amore divino nel governo del mondo. In questo senso, la Teodicea di Leibniz non va intesa come una “giustificazione” apologetica di Dio in presenza di tante manifestazione del male nel mondo, ma come la logica ammissione filosofica di dover credere alla perfetta “giustizia” di Dio, che si identifica con la sua infinita bontà. a tale ragionevole ammissione filosofica no cristiani possiamo aggiungere la certezza che Dio, come Egli stesso ci ha rivelato, «non si rallegra della morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva», e poi, positivamente, «vuole che ogni uomo sia salvato e che giunga alla conoscenza della verità». Questo è assolutamente vero: l’applicazione di questa legge universale dell’amore di Dio al singolo caso non può che essere solo ipoteticamente vera, come una legittima supposizione a partire da un principio generale, senza escludere altre ipotesi altrettanto compatibili con quel principio.

In conclusione: le affermazioni di chi ha attaccato il professor Roberto de Mattei sono illogiche proprio perché, partendo da presupposti falsi, hanno negato in modo ottusamente dogmatico la legittimità di opinioni che dogmatiche non pretendevano di essere ma si richiamavano doverosamente al dogma autentico, ossia alle verità inconfutabili, sia di ragione che di fede.

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