LE TERRE DI MEZZO E LA DOTTRINA POLITICA – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

 

 

1sPrimo Siena ha disegnato e selezionato con grande perizia la biblioteca che ha accompagnato il suo “viaggio” verso la maturità culturale. Naturalmente la biblioteca della destra generica può essere allargata a numerosi altri autori.

A mio avviso è però necessaria un’avvertenza circa la necessità di distinguere la qualunque biblioteca “di destra” dai libri che possono costituire la cultura di movimento rinascente dalle ceneri della polifrenia che ha adagiato la destra di Fini nella tombale alcova di Gaucci.

A un politico capace d’intendere la sua nobile funzione – scrivere le leggi e applicarle – si augura il possesso (materiale e intellettuale) di una biblioteca quanto più vasta possibile. Censurare le biblioteche e le letture del politico sarebbe follia pura.

Va tuttavia evitato l’errore del passato, cioè credere nella possibilità di aggirare il principio di identità e non contraddizione per approdare a una filosofia politica sincretista.

Per chiarire il mio pensiero adduco ad esempio la biblioteca essenziale/indispensabile di uno studioso di metafisica. In essa figureranno (almeno) Parmenide, Platone, Aristotele e San Tommaso d’Aquino. Lo studioso non può per nessuna ragione non leggere tali autori (ovviamente dovrà conoscerne molti altri). Ma alla fine dovrà compiere una scelta e un’esclusione inevitabile quantunque spiacevole. Potrà scegliere Parmenide, ad esempio (rammento che il parmenidismo oggi circola furiosamente nei saggi di Emanuele Severino) ma la sua decisione implicherà la presa di distanza dal parmenicida Platone, da Aristotele e da San Tommaso.

Proponendo un tale esempio intendo dire che la pur selezionata e ristretta biblioteca proposta da Primo Siena non può costituire il fondamento della cultura (un tempo si diceva “ideologia”) della destra.

L’elenco proposto da Primo Siena, infatti, contempla autori irriducibili. Il pensiero di Evola è incompatibile con la filosofia di Gentile, stroncata nel saggio “Gentile non è il nostro filosofo” (pubblicato nel 1955 nella rivista Ordine Nuovo). Evola non è compatibile con Guido Manacorda (infatti i due si criticarono spietatamente). La filosofia di Marino Gentile è lontana da quella di Giovanni Gentile. E così via.

Si deve concludere che Siena propone una biblioteca esemplare, non un programma per la destra che (forse) rinascerà, (si spera più attrezzata della “cosa” di La Russa). Siena è con me d’accordo (ci sentiamo spesso attraverso la telefonia internet) sul doppio obbligo che incombe ai politici: leggere molto e selezionare severamente le letture utili al loro partito.

Non nascondo l’eventualità che dal ventaglio delle proposte implicite nella biblioteca di Siena ci siano idee per più di una destra. Ma l’esistenza di più destre è una soluzione preferibile alla raccolta in una sola destra (fatalmente litigiosa) di pensieri irriducibili.

A questo punto non posso fare a meno di rammentare che la storia del Msi fu segnata da liti feroci, congressi degenerati (Milano 1956, ad esempio) in concorso pugilistico, occupazioni di sedi e sfide a duello (Almirante e Teodorani, ad esempio). Il pluralismo (come si fa a non riconoscerlo) ha imbalsamato il partito ed ha impedito la sua espansione. Quale fatto esemplare, Primo Siena ricorda il rifiuto opposto a Fanfani (deciso nel 1954 a costituire un solido e duraturo centro destra) per motivi di meschina rivalità interna.

Il rilancio della destra politica sotto il segno della polifrenia (et una cosa et il suo opposto) comporterebbe l’obbedienza alla suggestione lanciata a suo tempo dai francofortesi, poniamo da Herbert Marcuse, il quale sosteneva (con piena ragione dal suo pulpito sragionante) che il principio di identità e non contraddizione è la radice del fascismo.

Ora si può rileggere criticamente la storia del Novecento culturale, mentre non sarebbe sensato intitolare la destra nuova all’antifascismo mentale di Marcuse e di Taubes.

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