Lega cattolica per la preghiera di riparazione. Dopo il secondo incontro nazionale a Linarolo. Una lettura di formazione di San Bernardo di Chiaravalle

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Calendario tradizionale. Giovedì 5 maggio 2016 – per il Martirologio clicca qui

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Gentili amici,

                         è ancora vivo in tutti noi il ricordo della bellissime e intense ore vissute assieme domenica 1° maggio a Linarolo. Ringraziamo tutti gli intervenuti, numerosi, attenti, che hanno dedicato la loro giornata al secondo incontro nazionale della Lega per la preghiera di riparazione e ringraziamo anche i molti che hanno scritto in questi giorni in redazione per condividere la gioia e la serenità che hanno portato a casa e per esprimere il loro desiderio che queste occasioni di incontro si rinnovino. Intanto la nostra compagnia continua nella preghiera secondo le intenzioni per le quali è nata la Lega, e con la partecipazione alla S. Messa.

Vi ricordiamo che nell’articolo pubblicato lunedì 2 u.s. potrete vedere una galleria fotografica dell’incontro di domenica. Inoltre tra pochi giorni saranno disponibili, e ne daremo avviso su Riscossa Cristiana, le registrazioni delle conferenze del mattino e il video dell’intrattenimento letterario del pomeriggio.

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Per la nostra formazione, leggiamo il VII sermone di San Bernardo di Chiaravalle sul Cantico dei Cantici. Il testo potrà anche essere scaricato in formato pdf cliccando qui; in tal modo potrete costituire e conservare la vostra biblioteca di letture di formazione.

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NOTIZIE E AVVISI

– Ogni domenica e festa di precetto a Milano, nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, in largo Cairoli, viene celebrata alle 10.00 la Santa Messa in Rito ambrosiano antico. Per informazioni:http://messatradizionalemilano.blogspot.it/

– Ogni domenica e festa di precetto, a Monza, viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 18.45, nella chiesa delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, via Italia 37. Per informazioni, cliccare “La Messa di sempre – Monza” . 

– Ogni primo venerdì del mese, al Priorato Madonna di Loreto, a Rimini-Spadarolo, alle ore 21, Adorazione Eucaristica notturna per riparare le offese e gli oltraggi al Sacro Cuore di Gesù.

– Ogni primo venerdì del mese, nella parrocchia di Linarolo (Pavia), alle 16.30 si tengono la recita del Santo Rosario di riparazione e delle Litanie, e alle 17.00 la celebrazione della Messa in rito romano antico secondo le intenzioni della Lega per la preghiera di riparazione.

– a Firenze, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino, Santa Messa domenicale in rito antico alle ore 10 e tutti i venerdì, alle ore 18.30, Preghiera di Riparazione (S. Rosario, Litanie del Sacro Cuore, Atto di riparazione ed altre preci anche per impetrare l’aiuto divino alla Chiesa martire della ferocia islamica). Per informazioni: Dante Pastorelli, dante.pastorelli@virgilio.it, tel. 055.600804

– Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani  – mauro.faverzani@gmail.com

– Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione  secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.

– Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.

– Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.

– Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.

Paolo Deotto – Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo

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LETTURA DI FORMAZIONE

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SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE

SERMONI SUL CANTICO DEI CANTICI

Sermone VII

per scaricare il testo in formato pdf, clicca qui

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Spronando voi spontaneamente a chiedere, io procuro a me stesso un non indifferente lavoro. Avendo cercato, in occasione del primo bacio, di spiegarvi, e in un modo prolisso, il significato e i nomi dei piedi spirituali di Dio, voi continuate a chiedermi di parlare della mano, che, in secondo luogo siamo invitati a baciare. Accetto, faccio come volete, e per di più vi mostro non la mano, ma le mani, e le distinguo con nomi appropriati. Chiameremo una di esse larghezza, l’altra fortezza, perché dona con abbondanza, e difende con potenza quello che ha donato. Bacerà l’una e l’altra chi non vuol essere ingrato, riconoscendo e confessando Dio come largitore e conservatore.

Penso che si è detto abbastanza dei due (primi) baci. Ora parliamo del terzo.

Mi baci, dice, con il bacio della sua bocca (Cant 1,1). Chi è che lo dice? La sposa. Chi è costei? L’anima che ha sete di Dio. Ma enumero diversi affetti, affinché risalti più chiaramente quello che conviene alla sposa. Se si tratta di uno schiavo, questi teme alla presenza del padrone; se è un mercenario, spera dalla mano del suo signore; se un discepolo, tende l’orecchio al maestro; se un figlio, onora suo padre: colei che chiede, invece, il bacio, ama. Tra i doni della natura eccelle questo sentimento dell’amore, specialmente allorché si riferisce al suo principio, che è Dio. Né si trovano nomi così dolci con cui si esprimano i vicendevoli affetti del Verbo e dell’anima, come quelli di sposo e di sposa. Tra di essi infatti tutte le cose sono comuni, non avendo nulla di proprio, nulla a sé estraneo. Un’unica eredità per entrambi, un’unica mensa, unica casa, unico letto, una sola carne. Infine, per questa (sposa) lascerà quegli (lo sposo) il padre e la madre, e si unirà alla sua sposa, e saranno due in una sola carne. A questa (la sposa) viene tuttavia ordinato di dimenticare il proprio popolo e la casa di suo padre perché lo sposo s’innamori della sua bellezza.

Se dunque agli sposi conviene specialmente e principalmente di amare, giustamente viene chiamata sposa l’anima che ama. E ama colei che chiede un bacio. Non chiede la libertà, non la mercede, non l’eredità, e nemmeno la dottrina, ma un bacio, a guisa di castissima sposa accesa da sacro amore, che non sa affatto dissimulare la fiamma che la divora. Vedi infatti con quale arditezza inizi il discorso. Per chiedere a un grande una grande cosa, non fa uso, come si usa, di vane blandizie, non cerca di ottenere con varie arti quello che desidera. Non fa un’introduzione, non cerca di cattivarsi la benevolenza, ma prorompendo improvvisamente per l’abbondanza del cuore, chiaramente e arditamente dice: Mi baci con il bacio della sua bocca. Non ti sembra dire quasi apertamente: Che cosa ho io in cielo e da te che cosa desidero sulla terra? (Sal 72,25).

Ama pertanto castamente colei che cerca colui che ama, non le cose di lui. Ama santamente, perché non nella concupiscenza della carne, ma nella purità dello spirito. Ama ardentemente colei che è cosi inebriata dal suo amore, che non pensa alla maestà (dell’amato). E che? questi guarda la terra e la fa tremare (Sal 103,32), e costei chiede di essere baciata da lui? È forse ubriaca? Davvero ubriaca per bene. E forse allora, quando prorompeva in queste parole, stava uscendo dalla cella vinaria, dove si gloria in seguito di essere stata introdotta. Anche Davide diceva di qualcuno: Saranno inebriati dall’abbondanza della tua casa, e li disseterai al torrente delle tue delizie (Sal 35,9). Oh quanto grande la forza dell’amore! Quanta fiducia nello spirito di libertà! Quale prova più chiara che la perfetta carità scaccia via il timore?

Con verecondia, però, non rivolge il discorso allo sposo stesso, ma ad altri, come se egli fosse assente. Mi baci, dice, con il bacio della sua bocca. Si chiede infatti una grande cosa, ed è necessario che la verecondia accompagni la preghiera e raccomandi colei che chiede. Per questo, per mezzo degli amici e degli intimi viene cercato l’accesso alle cose intime, e si prepara la via a quanto è desiderato. Chi sono questi intimi? Crediamo che siano gli angeli santi che assistono quelli che pregano, offrono a Dio le preghiere e i desideri degli uomini, là dove vedono elevarsi (a Dio) mani pure, senza collera e discussione. Ne è prova l’angelo che così parla a Tobia: Allorché pregavi con lacrime, e seppellivi i morti, lasciando il pranzo, e nascondevi i morti in casa durante il giorno per seppellirli di notte, io offrii la tua orazione al Signore (Tb 12,12-13). Penso che siate persuasi di questo, anche da altri passi della Sacra Scrittura. Che, per esempio, i santi angeli si degnino di unirsi a coloro che salmeggiano, appare manifesto da quello che dice il salmista: Precedettero i principi uniti a quelli che cantavano salmi, in mezzo alle fanciulle che battevano cembali (Sal 67,26). Perciò diceva: Ti canterò alla presenza degli angeli (Sal 137,1).

Mi fa pena perciò che alcuni di voi, durante le vigilie, siano oppressi da grave sonno, né abbiano rispetto per i cittadini del cielo, ma in presenza dei principi appariscano come morti, mentre, mossi dalla vostra alacrità, essi si compiacciono di partecipare alle vostre solennità. Temo che qualche volta, disgustati della nostra negligenza, se ne vadano indignati, e ognuno di noi troppo tardi sia costretto a dire con gemiti a Dio: Hai mandato lontano da me i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore (Sal 87,9); e quelle altre parole: Hai allontanato da me amici e conoscenti (Sal 87,19); e ancora: I miei amici si scostavano da me e mi tendevano lacci quelli che cercavano la mia rovina (Sal 37, 12-13). Certamente, infatti, se si allontanano da noi gli spiriti buoni, chi potrà sostenere l’assalto degli spiriti maligni?

Dico dunque a questi tali: Maledetto colui che compie l’opus Dei con negligenza (Ger 47,10). Dice anche, non io, ma il Signore: Ti avessi piuttosto trovato, caldo o freddo! Ma poiché ti ho trovato tiepido, comincerò a vomitarti dalla mia bocca (Ap 3,15-16). Per questo, badate ai vostri principi quando state pregando o salmeggiando, e state con riverenza e compostezza, e gloriatevi perché i vostri angeli ogni giorno vedono la faccia del Padre. Essi vengono mandati come ministri per noi che possediamo l’eredità della salvezza, portano in cielo la nostra devozione e ce ne riportano la grazia. Imitiamone l’ufficio noi ai quali è dato di averli compagni, onde nella bocca dei bambini e dei lattanti si compia la lode. Diciamo loro: Cantate al nostro Dio, cantate (Sal 46,7); e sentiamoli a nostra volta risponderci: Cantate al nostro Re, cantate (Sal 46,7).

Innalzando dunque a Dio la lode insieme con i celesti cantori, cantate sapientemente, essendo anche voi concittadini dei santi e familiari di Dio. Il cibo si gusta con la bocca, il salmo con il cuore. L’anima fedele e prudente non trascuri di masticarlo con i denti della sua intelligenza, perché non succeda che, inghiottendolo intero, e non bene masticato, il palato non senta il desiderato sapore, che è più dolce di un favo di miele. Offriamo al Signore con gli Apostoli nel celeste convito e nella mensa del Signore, un favo di miele. Il miele nella cera è la devozione nella lettera. Altrimenti la lettera uccide, se la mandi giù senza il condimento dello spirito. Ma se, con l’Apostolo, salmeggi con lo spirito, salmeggi con la mente, conoscerai anche tu come siano vere quelle parole che disse Gesù: Le parole che ho detto a voi sono spirito e vita (Gv 6,64); e così pure leggiamo nel libro della Sapienza: Il mio spirito è più dolce che il miele (Eccli 24,27).

Così si diletterà nell’abbondanza l’anima tua, così il tuo olocausto sarà gradito. Così placherai il Re, così piacerai ai principi, così ti renderai benevola tutta la curia celeste, e, sentendo il tuo profumo, gli abitatori del cielo diranno anche di te: Chi è costei che ascende dal deserto come una colonnina di fumo che si sprigiona dalla mirra e dall’incenso e da tutti i profumi? (Cant 3,6).

I principi di Giuda, dice, i loro capi, i principi di Zabulon, i principi di Neftali (Sal 67,28), vale a dire, coloro che lodano, quelli che sono continenti, quelli che contemplano. Sanno infatti i nostri principi che al loro Re piace la confessione di coloro che lodano, la fortezza dei continenti, la purezza dei contemplanti; ed esigono con sollecitudine da noi queste primizie dello spirito, che poi non sono altro che i primi e purissimi frutti della sapienza. Voi infatti non ignorate che Giuda si interpreta uno che loda o confessa, Zabulon abitacolo della fortezza, Neftali cervo lanciato, il quale, nella sua agilità, esprime con i suoi salti le altezze della sua speculazione e la sua capacità di penetrare le fitte foreste, quali sono quelle dei sensi. Sappiamo poi chi è che ha detto: Il sacrificio di lode mi onorerà (Sal 49,23).

Ma se non è bella la lode nella bocca del peccatore (Eccli 15,9), voi comprendete che vi è sommamente necessaria la virtù della continenza, per la quale fate in modo che non regni il peccato nel vostro corpo mortale. Tuttavia, la continenza che cerca la gloria umana, non ha merito presso Dio. Per questo è massimamente necessario che vi sia la purità d’intenzione, per la quale la vostra mente cerchi di piacere a Dio solo, e possa aderire a Lui. Aderire a Dio, infatti, non è altro che vedere Dio, la qual cosa viene concessa ai soli puri di cuore, ed è per loro sorgente di somma felicità. Aveva un cuore mondo Davide, il quale diceva a Dio: A te si stringe l’anima mia (Sal 62,9); e ancora: Il mio bene è stare vicino a Dio (Sal 72,28). Vedendo aderiva, e aderendo vedeva. A un’anima pertanto esercitata in queste cose, i nunzi celesti si mostrano familiari, specialmente se la trovano di frequente applicata nell’orazione. Chi mi darà, o benigni principi, che le mie petizioni siano per il vostro ministero rese note presso Dio? Non a Dio, al quale anche la mente dell’uomo si rivolge per pregarlo, ma presso Dio, vale a dire, a quelli stessi che sono con Dio, sia le beate Virtù, sia le anime separate dai corpi. Chi solleverà me poverello dalla terra e dal fango per farmi sedere tra i principi e occupare un trono di gloria? Non dubito che accoglieranno volentieri nel palazzo colui che si degnano di visitare nel letamaio. E poi, se sono rallegrati dalla mia conversione, non mi riconosceranno nella mia assunzione?

Penso dunque che a costoro nell’orazione parli la sposa come a familiari e compagni e apra loro il desiderio del suo cuore quando dice: Mi baci con il bacio della sua bocca. E considera come sia familiare e amichevole il colloquio dell’anima che sospira, ancora nella carne, con le celesti potestà. Sospira i baci, chiede ciò che brama; ma non nomina colui che ama, perché non dubita che essi sanno chi è, in quanto spesso con loro è solita parlare di lui. Per questo non dice: «Mi baci il tale o il tal altro»; ma: Mi baci, solamente; come Maria Maddalena, anche lei non esprimeva il nome di colui che cercava, ma solo diceva a quello che credeva l’ortolano: Signore, se tu lo hai portato via (Gv 20,15). Chi è «Lui»? Non lo dice, perché crede che tutti sappiano quello che neanche per un momento le poteva uscire dal cuore. Così dunque anche questa, parlando ai compagni dello sposo suo che lei conosce e dai quali sa di essere conosciuta, tacendo il nome, prorompe di colpo in queste parole riferendosi al diletto: Mi baci con il bacio della sua bocca. Su questo bacio non voglio ormai trattenervi più a lungo oggi, ma nel sermone di domani sentirete ciò che, per le vostre preghiere, si degnerà di suggerirmi quell’unzione che insegna tutte le cose. Questo non è infatti un segreto che può rivelare la carne o il sangue, ma colui che scruta le profondità di Dio, lo Spirito Santo, il quale, procedendo dal Padre e dal Figlio, insieme con essi vive e regna per i secoli dei secoli. Amen.

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