Lega cattolica per la preghiera di riparazione. Intenzioni di preghiera e avvisi. Leggiamo oggi il cap. 14 dell’autobiografia di Santa Teresa d’Avila

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Gentili amici, martedì 7 luglio, dopo una vita esemplare per fedeltà alla Fede e alla Tradizione, il Marchese Luigi Coda Nunziante, presidente della Associazione Famiglia Domani e promotore di tantissime iniziative a difesa dei valori cristiani, è tornato alla casa del padre (clicca qui e qui). Lo ricordiamo nelle nostre preghiere e in particolare domani, quando alle 10.30 si celebreranno le esequie, potremo essere vicini ai suoi familiari con la recita del S. Rosario.

Fu proprio il Marchese Luigi Coda Nunziante a darci l’ottimo consiglio di riproporre la devozione riparatrice dei cinque sabati per il Cuore Immacolato di Maria. Suggeriamo a quanti non avessero ancora iniziato questa importante devozione di leggere la guida compilata da Don Marino Neri, cliccando qui.

Per la nostra formazione spirituale leggiamo oggi il capitolo numero 14 dell’autobiografia di Santa Teresa d’Avila.

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NOTIZIE E AVVISI

– Ogni primo venerdì del mese, nella parrocchia di Linarolo (Pavia), alle 16.30 si tengono la recita del Santo Rosario di riparazione e delle Litanie, e alle 17.00 la celebrazione della Messa in rito romano antico secondo le intenzioni della Lega per la preghiera di riparazione.

– a Firenze, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino, per i mesi di luglio e agosto sono sospese la Santa Messa e la Preghiera di Riparazione al Cuore di Gesù. La celebrazione della Santa Messa riprenderà regolarmente domenica 6 settembre alle ore 10. Per informazioni: Dante Pastorelli, dante.pastorelli@virgilio.it, tel. 055.600804

– Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani  – mauro.faverzani@gmail.com

Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione  secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.

– Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.

– Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.

– Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.

Paolo Deotto – Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo

LETTURA DI FORMAZIONE

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Santa Teresa d’Avila, “Il libro della mia vita”

Capitolo 14

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(per la lettura del cap. 10, clicca qui – cap. 11, clicca qui – cap. 12, clicca qui – cap, 13 clicca qui)

Comincia a spiegare il secondo grado di orazione, in cui il Signore concede già all’anima di sentire dolcezze particolari. La spiegazione tende a illustrare come siano ormai favori soprannaturali. È un capitolo degno di nota.

  1. Poiché si è ormai detto con quanta fatica venga innaffiato questo giardino, quando a forza di braccia occorre cavar l’acqua dal pozzo, parliamo ora del secondo modo di tirar fuori l’acqua, preparato dal padrone del giardino in modo che, mediante il meccanismo di una ruota e di tubature, il giardiniere possa trarre più acqua con minor fatica, e possa riposarsi, senza bisogno di stare in continuo lavoro. Ebbene, questo modo, applicato all’orazione detta di quiete, è quello di cui ora voglio parlare.
  2. A questo punto l’anima comincia a raccogliersi e raggiungere ormai uno stato soprannaturale a cui in nessun modo potrebbe arrivare con le sue forze, per quanto impegno mettesse. È vero che sembra che si sia alquanto stancata nel girare la ruota e lavorare d’intelletto per riempire i canali, ma ora l’acqua è più alta, perciò si lavora meno che a tirarla su dal pozzo; intendo dire che l’acqua è più vicina, perché la grazia si manifesta all’anima più chiaramente. Ciò determina un raccogliersi delle potenze spirituali in se stesse per godere meglio di quella gioia, ma non si perdono né si addormentano; soltanto la volontà agisce, in modo tale, però, che – senza sapere come – resta prigioniera, ossia acconsente ad essere incarcerata da Dio, come chi sa bene di essere prigioniero di chi ama. Oh, Gesù e Signor mio, com’è potente il vostro amore! Esso tiene il nostro così avvinto a sé, da non lasciargli libertà di amare in quel momento nient’altro che voi.
  3. Le altre due potenze aiutano la volontà a diventare capace di godere di un bene così grande, sebbene alcune volte, quando la volontà è unita a Dio, accade che le siano di grande ostacolo. Ma allora la volontà non badi ad esse, standosene nel suo godimento e nella sua pace perché, se cercasse di raccoglierle, sarebbe una perdita per sé e per loro. Sono esse, infatti, come certe colombe che non si accontentano del cibo che ricevono senza fatica dal padrone della colombaia e vanno a cercarselo altrove, ma lo trovano così cattivo che tornano indietro. Altrettanto avviene delle altre facoltà: esse vanno e vengono, sperando che la volontà dia loro qualcosa di ciò che gode. Se il Signore vuole gettare ad esse un po’ di cibo, si fermano, altrimenti tornano a cercarlo: forse pensano di giovare alla volontà, mentre a volte, quando la memoria o l’immaginazione vogliono rappresentarle ciò che sta godendo, le fanno un danno. Bisogna, quindi, regolarsi in questi casi come dirò.
  4. Tutto quello che ora avviene comporta grandissima letizia e così poca fatica che l’orazione non stanca, anche se dura a lungo, perché l’intelletto qui opera molto lentamente ed estrae assai più acqua di quella che non estraesse dal pozzo; le lacrime che qui Dio ci dà sono lacrime di gioia e, benché si sentano, sgorgano spontaneamente.
  5. Quest’acqua di grandi favori e grazie che qui il Signore ci dona fa crescere le virtù in modo incomparabilmente maggiore che nella precedente orazione, perché l’anima va ormai elevandosi dalla sua miseria e va acquistando già una qualche conoscenza delle delizie del cielo. Credo che questa conoscenza la faccia maggiormente progredire e anche giungere più vicino alla vera virtù da cui derivano tutte le virtù, che è Dio. Infatti, Sua Maestà comincia a comunicarsi a quest’anima e vuole che essa lo senta. Arrivati a questo punto, si comincia subito a perdere l’avidità delle cose terrene, e poche grazie! Perché si vede chiaramente che quaggiù non si può avere neanche per un attimo quella gioia, né ci sono ricchezze, potenze, onori, piaceri che bastino a darci un solo istante di questa gioia, essendo un godimento vero che ci soddisfa pienamente. Nelle cose terrene è un miracolo, mi pare, intendere dove stia questa gioia, perché non manca mai un motivo di dubbio o di contrasto, mentre qui tutto è positivo, in quel momento. Un motivo di delusione verrà dopo, vedendo che quella gioia è finita e non si può né si sa come recuperarla; perché allora, se il Signore non vuole ridarla, poco giova farsi a pezzi con penitenze, orazioni e ogni genere di mortificazioni. Dio, nella sua grandezza, vuole che quest’anima intenda che Sua Maestà le è così vicino da non esservi più bisogno dell’invio di messaggeri: occorre solo che essa parli con lui e senza bisogno di emettere la voce, perché egli ormai le sta così vicino che dal movimento delle labbra la intende.
  6. Sembra inopportuno dir questo, perché sappiamo che sempre il Signore ci ascolta ed è in noi. Non c’è dubbio che sia così, ma questo nostro Imperatore e Signore vuole che noi, a questozzzlibrTdA punto, comprendiamo che egli ci ascolta e quali siano gli effetti della sua presenza, e il suo particolare desiderio di cominciare a operare nell’anima, dandole grandi soddisfazioni interiori ed esteriori e facendole capire la differenza che, come ho detto, passa fra tali gioie e diletti e quelli del mondo. E così sembra riempire il vuoto che a causa dei nostri peccati avevamo fatto nella nostra anima. Questa soddisfazione alberga nella parte più intima dell’anima, che non sa da dove né in che modo le venga, né sa, spesso, cosa fare, né cosa volere, né cosa chiedere. Le sembra di aver trovato tutti i beni riuniti insieme e non sa che cosa ha trovato, e nemmeno io so come farlo capire, perché, per molte cose, sarebbe necessario aver studiato. Ora, per esempio, sarebbe stato bene spiegare che cosa siano le grazie generali e quelle particolari, perché ci sono molti che lo ignorano, e come il Signore voglia che qui l’anima veda con i propri occhi, come si dice, queste grazie particolari. Inoltre, la scienza mi sarebbe stata utile per molte altre cose che saranno forse errate; ma, poiché dovranno essere rivedute da persone che sanno riconoscere gli errori, sono tranquilla, perché so di poterlo essere, sia per quanto riguarda la forma, sia per quanto riguarda il concetto; sono infatti sicura che coloro ai quali lo scritto andrà in mano, sapranno vedere quanto vi è di errato e lo toglieranno.
  7. Vorrei proprio riuscire a spiegare queste cose, perché si tratta degli inizi, e quando il Signore comincia a elargire tali grazie, l’anima stessa non le capisce né sa come regolarsi. Infatti, se il Signore la conduce per la via del timore, come ha fatto con me, e non c’è chi la intenda, soffre una gran pena, mentre le darebbe molta gioia vedersi descritta al vivo, in modo da rendersi conto chiaramente della via che segue. È molto utile, in ogni grado di orazione, sapere quel che si deve fare per poter progredire. Per non sapere cosa fare, ho sofferto molto e ho perduto molto tempo, e mi fanno gran pena le anime che, giunte a questo punto, si trovano sole. Pur avendo letto molti libri spirituali ho visto che essi, anche se toccano l’argomento in causa, spiegano ben poco, e se l’anima non ha molta esperienza, avrà da sforzarsi molto per comprendersi.
  8. Desidererei vivamente che il Signore mi aiutasse a descrivere gli effetti prodotti nell’anima da quei favori che già cominciano a essere soprannaturali, affinché si possa capire da tali effetti se vengono dallo spirito di Dio. Dico «si possa capire», per quanto è possibile intendere su questa terra, ma è sempre bene procedere con timore e cautela perché, anche se vengono da Dio, a volte il demonio può trasfigurarsi in angelo di luce, e se l’anima non ha molta esperienza, non se ne accorgerà; deve avere davvero molta esperienza perché, per accorgersene, bisogna essere giunti quasi al sommo dell’orazione. Non mi è certo di aiuto, per questo lavoro, la ristrettezza del tempo – e così è necessario che Sua Maestà faccia quello che io non posso fare –, perché devo seguire la comunità e attendere a molte occupazioni (trovandomi in una casa di nuova fondazione, come si vedrà in seguito): pertanto scrivo molto irregolarmente e a brevi intervalli. Vorrei che m’aiutasse lui, perché quando il Signore ispira, si scrive più facilmente e con maggior chiarezza, come se si avesse davanti un modello e si dovesse far solo il lavoro di ricopiarlo. Ma se manca l’ispirazione, adattare un linguaggio a queste cose è più difficile che l’esprimersi in arabo, per così dire, anche se si sia praticata per molti anni l’orazione. Pertanto, mi sembra un grandissimo vantaggio, quando parlo di un grado di orazione, trovarmi in esso, vedendo chiaramente che non sono io a parlare, perché non dispongo i concetti con l’intelletto né, dopo, so come sia riuscita ad esprimerli. Questo mi accade molte volte.
  9. Torniamo ora al nostro orto o giardino e vediamo come comincino questi alberi a riempirsi di linfa per fiorire e poi fruttificare, e così i fiori e i garofani, per dar profumo. Questo paragone mi piace, perché molte volte, agli inizi (e piaccia al Signore che io abbia ora cominciato a servire davvero Sua Maestà! Agli «inizi», intendo dire, di quella parte della mia vita di cui parlerò da qui in avanti) mi procurava grande gioia considerare la mia anima come un giardino in cui il Signore passeggiava. Lo supplicavo di aumentare il profumo dei piccoli fiori di virtù che sembravano sul punto di sbocciare, e di nutrirli, per amore della sua gloria – poiché io non volevo nulla per me –, tagliando quelli che voleva, poiché io sapevo bene che sarebbero cresciuti più belli. Dico «tagliare», perché in certi momenti nell’anima non c’è ricordo di questo giardino; sembra che sia completamente secco e che non debba esserci acqua per alimentarlo, né che ci sia mai stato nell’anima alcun germe di virtù. Si prova allora grande sofferenza, perché il Signore vuole che al povero giardiniere sembri perduto tutto ciò che ha fatto per alimentare e innaffiare il giardino. Allora è davvero il momento di sarchiare e sradicare le erbacce rimaste, per piccole che siano, di riconoscere che non ci sono diligenze che bastino, se Dio ci priva dell’acqua della sua grazia, e far poco conto del nostro nulla, anzi del nostro meno che nulla. Questo farà progredire l’anima nell’umiltà. I fiori torneranno a sbocciare.
  10. Oh, mio Signore e mio bene! Io non posso dire questo senza lacrime e grande gioia della mia anima, se penso che voi vogliate, Signore, starvene così con noi, quando già siete presente nel santissimo Sacramento, come dobbiamo credere in modo certo, perché è così. In tutta verità, ci è lecito, dunque, fare questo paragone, che se non è per colpa nostra, possiamo godere di voi come voi di noi, poiché avete detto che la vostra delizia è stare con i figli degli uomini. Oh, Signor mio! cosa è mai questo? Ogni volta che ascolto queste parole ne provo gran conforto, e ciò anche quando ero assai colpevole. È possibile, Signore, che ci sia un’anima la quale, giunta a ricevere da voi simili grazie e doni, e a capire che voi godete di essa, torni ad offendervi, dopo tanti favori e così grandi prove del vostro amore, da non poter dubitare di esso, vedendone chiaramente le opere in sé? Sì, c’è sicuramente, e non una, ma molte volte l’ha fatto, e sono io. Piaccia alla vostra bontà, Signore, che sia io sola l’ingrata, quella che ha commesso così grande iniquità, che si è resa colpevole di così smisurata ingratitudine; anche da lei, però, la vostra infinita bontà ha già ricavato qualche bene: quanto maggiore è il male, tanto più risplende il bene delle vostre misericordie. E con quanta ragione io le posso cantare per sempre!
  11. Vi supplico, mio Dio, di concedermi che ciò avvenga e che io possa cantarle in eterno, visto che vi siete compiaciuto di elargirmele così straordinariamente grandi da meravigliare coloro che le vedono e far spesso trasecolare me che allora mi effondo nelle vostre lodi, poiché sola e senza di voi io non potrei far altro che strappare di nuovo i fiori del mio giardino, in modo che questa mia terra miserabile si ridurrebbe allo stato di un letamaio come prima. Non permettetelo, Signore, né vogliate che si perda un’anima che a prezzo di tante sofferenze avete redento e che tante volte siete tornato a riscattare strappandola alle fauci dello spaventoso dragone.
  12. La signoria vostra, padre, mi perdoni se divago dal mio soggetto e non se ne meravigli, poiché parlo di cose che mi riguardano. L’anima è così presa da ciò che scrive che, a volte, le è difficile non continuare nelle lodi di Dio in quanto, scrivendo, ripensa al molto che gli deve. Spero che la signoria vostra non ne sarà scontento, perché mi sembra che entrambi possiamo innalzare lo stesso canto, anche se in maniera differente; è, infatti, molto più quello che io devo al Dio, il quale mi ha perdonato di più, come la signoria vostra sa.

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