Letteratura fantastica & Vangelo: le Acque della Vita nella Storia Infinita di Michael Ende

La Storia Infinita di Michael Ende, con la sua ricchezza di immagini e personaggi simbolici, è forse il libro più studiato e discusso di tutto il filone letterario della fantasy. Non essendo uno scrittore di narrativa né tanto meno un critico letterario, mi permetto comunque da monaco e sacerdote di fare una modesta incursione nel mondo di Fantàsia per approfondire uno dei suoi aspetti più affascinanti: le Acque della Vita.

Anche se le Acque della Vita possono sembrare una mera comparsa del racconto, essendo appena menzionate in brevi cenni e sperimentate solo nell’ultimo capitolo, il loro ruolo è tanto fondamentale da aver determinato lo sblocco creativo dell’autore e l’effettiva pubblicazione del libro.

Dal 1977 al 1979, Michael Ende aveva ritardato per due anni la consegna della sua storia all’editore, alla ricerca di un “punto d’uscita” del protagonista, Bastiano, dal mondo dell’immaginazione umana: questo punto d’uscita doveva permettere il ritorno di Bastiano nel mondo ordinario, e la conseguente guarigione di entrambi i mondi. Alla fine Ende trovò l’artificio letterario che aveva a lungo desiderato nell’incontro del protagonista con acque senzienti che si trovano in uno spazio extra-dimensionale, e a cui possono avere accesso solo quelli che rinunciano volontariamente al ruolo di salvatori del mondo fantastico, ovvero decidono di svuotarsi di se stessi.

Anche il più superficiale lettore cristiano non può non provare una strana sensazione di deja vu di fronte al canto delle Acque:

“Noi, le Acque della Vita!
da se stesse generate,
fonte tanto più arricchita,
quanto più vi dissetate”.

Gli apparenti paradossi di un’auto-generazione e di una fonte che si arricchisce man mano che disseta sono abbastanza evidenti a chi ha una conoscenza almeno superficiale del Credo di Nicea (“generato non creato, della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero”) e del dialogo di Gesù con la Samaritana, in particolare Giovanni 4:14 (“chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”). Le Acque della Vita sono per i cristiani un’esperienza del Dio triuno, attraverso il dono diretto dello Spirito Santo (cfr. Giovanni 7:38-39: “chi crede in me, come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui).

I cristiani ortodossi riescono facilmente a fare un’ulteriore collegamento tra le Acque della Vita come dono dello Spirito Santo e l’esperienza eucaristica. L’inno che chiude la comunione nella Divina Liturgia ortodossa è di una chiarezza inequivocabile: “Abbiamo visto la vera luce, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste…”.

Ecco quindi la semplice conclusione di un semplice credente: l’integrazione del mondo della fantasia con quello della vita “reale” (un processo che ha il potere di sanare entrambi i mondi) ha la sua chiave nel dono dello Spirito Santo che riceviamo nell’eucaristia dopo la resa volontaria di tutte le nostre ambizioni personali.

Una conclusione semplicistica? Credo che non sarebbe dispiaciuta a Ende, convinto cattolico, e certamente avrebbe ricevuto il plauso di Tolkien, che nella sua Lettera n. 43 scrive al figlio Michael: “Dall’oscurità della mia vita, così tanto frustrata, metto davanti a te la singola grande cosa da amare sulla terra: il Santissimo Sacramento… là troverai romanticismo, gloria, onore, fedeltà e la vera via di tutti i tuoi amori sulla terra, e ancor di più: la Morte (…) Per divino paradosso, ciò che mette fine alla vita, e pretende la resa di tutto, eppure la sola che ti permette, gustandola – o pregustandola – di mantenere ciò che cerchi nelle tue relazioni terrene (amore, fedeltà, gioia), o di prendere quelle fattezze di realtà, di eterna durata, che il cuore di ogni uomo desidera”.

Forse queste riflessioni possono apparire come una preoccupazione indebita di fronte a diverse istanze di banalizzazione dell’Eucaristia, o come la excusatio non petita di fronte alle mille storie sul santo Graal da parte di uno che è abituato a tenere il santo Graal nelle proprie mani a ogni rito eucaristico. Tuttavia resto convinto che se riusciamo, come Bastiano ne La Storia Infinita, a connettere il mondo della nostra fantasia, assieme agli insegnamenti che questo offre alla nostra anima, con la vita quotidiana, attraverso la grazia divina che ci viene dal dono supremo di Gesù Cristo per noi, allora avremo contribuito anche noi a guarire entrambi i mondi. Potremo anche applicare il richiamo de La Storia Infinita nel riconsiderare seriamente le Sacre Scritture: così come La Storia Infinita, un “libro nel libro”, chiede a Bastiano di entrare in essa e diventarne protagonista, potremo realizzare che la storia della salvezza non si attuerà completamente finché noi stessi non decidiamo di smettere di leggerla come una mera serie di storie altrui, e di entrare a farne parte.

1 commento su “Letteratura fantastica & Vangelo: le Acque della Vita nella Storia Infinita di Michael Ende”

  1. Che bellissimo articolo. Mi ricordo da ragazzo come divorai il libro di Ende e lo ricoprii di appunti, sui suoi molteplici spunti. Ora gli impegni lavorativi e familiari molteplici mi allontanano inesorabilmente dalla lettura di buoni libri, cosa che fino a qualche anno fa facevo con assiduità. Spero di ritrovare il tempo per gustare la lettura, anche di testi cristiani. Luca r.

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