L’EUROPA IN MARCIA VERSO IL TOTALITARISMO (sec. XIX – sec. XXI). Quinta parte: IL CARATTERE RIVOLUZIONARIO DEL PATTO SINARCHICO PER UNA “AZIONE IMPLACABILE RETTA DA UNA LEGGE DI FERRO” – di Carlo Manetti

L’EUROPA IN MARCIA VERSO IL TOTALITARISMO (sec. XIX – sec. XXI)

Quinta parte: IL CARATTERE RIVOLUZIONARIO DEL PATTO SINARCHICO PER UNA “AZIONE IMPLACABILE RETTA DA UNA LEGGE DI FERRO”

di Carlo Manetti

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Jean Coutrot

Il documento che meglio sintetizza il passaggio dalla speculazione esoterico-filosofica di Saint-Yves alla sua concretizzazione politica, all’azione concreta sulla società è il «Piano del 9 luglio» o «Patto Sinarchico Rivoluzionario per l’Impero francese», scoperto e sequestrato dalla polizia di Vichy nel 1941 e, quasi certamente, redatto da Jean Coutrot e da suoi accoliti provenienti, come lui, dall’École Polytechnique. Esso è la piattaforma programmatica e la base dottrinale del Movimento Sinarchico Imperiale, nato nel 1922, come ricordato nel documento stesso. Per costruire l’Impero sinarchico occorrono molte persone (ed in posizione di potere) che vi collaborino, ma non tutte queste persone sono in grado di penetrare la spiritualità esoterica di Saint-Yves. Ecco che, seguendo gli insegnamenti dello stesso maestro, è necessario distinguere due livelli di adepti, quelli esoterici, iniziati, che rappresentano l’élite, ed i tecnocrati, che hanno la funzione di esercitare il potere spicciolo, anche politico ed economico, ma a cui non sono rivelate le finalità ultime, ma solo quelle più immediate utili all’azione. Per indurli a ciò si rende comunque essenziale che essi abbiano un’ideologia comune, che ne esalti lo spirito pratico ed il senso di superiorità rispetto agli altri uomini, oltre che la compattezza come gruppo. Questo è precisamente lo scopo del «Piano». Data la deferenza che i tecnocrati nutrono per Saint-Simon, il tono del «Patto» è sansimoniano.

Il carattere rivoluzionario, con tutta la carica di violenza che questo comporta, dell’organizzazione sinarchica è chiaro già dall’avvertenza anteposta alla stesura del documento stesso: «Qualsiasi detenzione illecita del presente documento espone il possessore a sanzioni senza limiti prevedibili, qualunque sia il canale attraverso il quale il documento gli è pervenuto.

La cosa migliore, in questo caso, è bruciarlo e non parlarne con nessuno.

La Rivoluzione non è un gioco, ma un’azione implacabile retta da una legge di ferro».

Dopo vi si spiega l’importanza del segreto nella rivoluzione. Anche questa successione è significativa: prima si fa leva sull’istinto della paura, poi si passa alla spiegazione. Il carattere rivoluzionario è rivendicato dai sinarchi in maniera piena, senza ambiguità; e l’ostilità verso le altre forme eversive è tattica e parte dall’asserita superiorità del metodo tecnocratico-sinarchico per la conquista del potere. «Noi riproviamo la rivoluzione di piazza… Noi facciamo la rivoluzione dall’alto.

Noi attuiamo la rivoluzione sinarchica innanzitutto nelle coscienze, e la estendiamo allo Stato solo in via secondaria».

Come si può notare, l’approccio non è unicamente politico, ma religioso o, se si preferisce, totalitario: non ci si accontenta di prendere il potere politico, ma si pretende di ricreare l’anima dei cittadini. «Cambieremo lo stile di vita degli italiani» ha affermato Mario Monti, in visita negli Stati Uniti, il 9 febbraio scorso, guadagnandosi la copertina della prestigiosa rivista «Time». La missione tecnocratico-sinarchica è quella di costruire una nuova moralità, nuovi valori, addirittura una nuova spiritualità di Stato, un qualche cosa di molto più profondo e pervasivo dello Stato etico di hegeliana memoria.

Dal punto di vista tattico, pare esserci un ripiegamento, rispetto alle prospettive di Saint-Yves: questi vedeva nell’Europa l’orizzonte da cui partire per imporre la Sinarchia a livello planetario, mentre il «Patto» si concentra, come prima tappa sulla Francia e sul suo Impero, affermando che «l’era sinarchica imperiale è cominciata per la Francia e, partendo dalla Francia, anche per il mondo». Ma la prospettiva europea è solo rimandata: è come se si fosse inserita una tappa intermedia, prima di accedere alla scala continentale. «Qualsiasi tentativo di sistematizzazione della sinarchia la nega di fatto e la distrugge» afferma lo stesso «Piano», per ribadire l’assoluta duttilità e l’assoluto pragmatismo dei figli spirituali di Saint-Yves.

Questo pragmatismo, poi, serve a presentare la rivoluzione sinarchica come l’unica forma veramente umana, capace di prendere ciò che c’è di buono da ogni ideologia, ma di depurarla di ogni eccesso: l’equilibrio imposto dallo Stato totalitario, così ben illustrato da George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair (1903-1950), nel romanzo «1984».

«Al giorno d’oggi, questa sintesi rivoluzionaria» proclama il «Patto» «viene realizzata fra:

– le forze che giustamente si appellano alla nazione per esaltarla come fondamento del mondo moderno,

– e le forze che, appellandosi non meno giustamente alla rivoluzione sociale per abbattere ciò che sopravvive del capitalismo defraudatore del lavoro e dei valori umani, vogliono liquidare l’economia liberale ovunque fallita e costruire un nuovo ordine che abbia un rapporto più armonico con l’ordine reale degli esseri e delle cose.

Lo spirito stesso della rivoluzione sinarchica ci induce a prendere posizione, in Francia e nell’Impero francese, contro due nemici che stanno agli estremi opposti e che sono entrambi disumani:

– a destra, i rappresentanti del vecchio conservatorismo sedicente liberale e del capitalismo plutocratico, sostenuti dal clericalismo tradizionale, che potrebbero deviare verso un capitalismo di Stato che diventerebbe sempre più oppressivo, sia in senso morale che fisico;

– a sinistra, i rappresentanti socialcomunisti del marxismo ortodosso, instauratore del socialismo di Stato e della collettivizzazione coatta, sia in senso morale che fisico».

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