L’EUROPA IN MARCIA VERSO IL TOTALITARISMO (sec. XIX – sec. XXI). Sesta parte: – LA MORALITA’ TOTALITARIA DEI SINARCHI, ORIGINE DELLA ”NUOVA ETICA” DI MARIO MONTI – di Carlo Manetti

L’EUROPA IN MARCIA VERSO IL TOTALITARISMO (sec. XIX – sec. XXI)

sesta parte. LA MORALITA’ TOTALITARIA DEI SINARCHI, ORIGINE DELLA ”NUOVA ETICA” DI MARIO MONTI

di Carlo Manetti

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Il progetto sinarchico ha un carattere anti-democratico ed anti- parlamentare, in modo specifico, molto accentuato. Il «Patto Sinarchico» dice, a proposito del parlamentarismo, che

«- esso è un regime di rappresentanza amorfa di cittadini astratti, retto da incompetenti;

– non è un regime di idee, ma di opinioni vaghe o settarie, fabbricate a uso di un elettorato ignorante della cosa politica da comitati e dirigenti irresponsabili;

– è un regime di truffa, la cui essenza stessa isola elettori ed eletti dalle realtà concrete che un regime giusto dovrebbe rappresentare, ordinare e coordinare;

– è un regime di falsa democrazia, che, a causa del clientelismo elettorale, trasforma ogni partito in una fazione demagogica;

– è un regime di anarchia larvata, che accentua la mancanza di civismo […];

– è un regime di vaniloquio ideologico che ottenebra il senso realistico […];

– è un regime di menzogna, che serve solo a favorire il dominio o la instaurazione di nuove oligarchie mascherate dietro a uno pseudo-potere fazioso (per motivi di danaro o per interessi settari);

– è un regime di corruzione che torna a vantaggio di quelle coalizioni di interessi inconfessabili, speculativi o settari, che costituiscono l’unico effettivo potere della burocrazia irresponsabile, impotente a realizzare tutto ciò che possa avere anche un vago sapore di grandezza, nonostante gli sforzi di un’élite di funzionari;

– è un regime di parassitismo e di totale negligenza che ha logorato tutte le risorse dello Stato […];

– è un regime di imperizia governativa e di routine, che non è capace di rinnovarsi né tanto meno di offrire al popolo le risorse politiche e gli strumenti civili necessari al risanamento rivoluzionario imposto dagli sconvolgimenti mondiali».

big pigPare di sentir parlare il professor Monti o un qualche esponente del suo Governo. I politici, nel «Piano» identificati con i parlamentari ed il parlamentarismo, sono rappresentati come la quinta essenza della corruzione e dell’inefficienza, mentre i tecnici (rectius tecnocrati) come l’efficienza fatta persona. È il modo sinarchico di riprendere l’ideologia tecnocratica di Saint-Simon. Questo antiparlamentarismo si estende anche, con gradualità, ma non lentamente, al rispetto delle leggi e della stessa Costituzione, viste come ostacolo all’efficienza operativa, come un formalismo di cui non vale nemmeno la pena di occuparsi, per cambiarlo: basta ignorarlo, contando sul fatto che l’opinione pubblica è distratta e, qualora dovesse avvedersene, sarebbe facilmente indotta dai mezzi di comunicazione a ritenere positiva la violazione del diritto, quando questa è compiuta da un Governo emergenziale per «salvare il Paese», «ridare credibilità internazionale» all’Italia…

Quest’avversione alla rappresentanza parlamentare, però, non sfocia, come nei coevi movimenti filo-dittatoriali (sia di destra che di sinistra), nella immediata e violenta instaurazione di un regime totalitario: al totalitarismo ci si deve arrivare progressivamente ed in maniera quasi indolore, come se fosse la naturale evoluzione della democrazia parlamentare.

«La rivoluzione fatta per gradi» afferma il «Piano» «è ciò […] può permettere la più rapida impostazione sinarchica del nuovo impero […].

Questa rivoluzione graduale è più sottile, e anche più difficile delle rivoluzioni basate su princìpi totalitari.

Ci pare che essa serva in modo migliore la civiltà».

Qui si riprende la tesi fondamentale della Tecnocrazia, secondo la quale ciò che i sinarchi perseguono non è un’idea politica tra le altre, ma la stessa natura e civiltà. È il solito escamotage illuminista di usare le parole mutando il loro significato. Nel momento in cui perseguono il fine far passare il Governo «dallo Stato antisociale, naturale, della “struggle for life“, in cui si trova, allo Stato Sociale, in cui si deve trovare»[1] (per Saint-Yves Stato Sociale significa Stato artificiale creato dalla Sinarchia), essi parlano di sè stessi come di coloro che, prescindendo da ogni ideologia conducono le cose al loro naturale sbocco. Naturale diviene, quindi, sinonimo di artificiale, costruito.

«In effetti, concepita in modo sinarchico e dal punto di vista spirituale, la rivoluzione diventa» prosegue il «Piano» «il gesto eroico del popolo, guidato dalle sue élites e illuminato, nei suoi spiriti migliori, da un umanesimo integrale».

È qui evidente come la natura della rivoluzione sinarchica non sia essenzialmente di carattere economico e neppure politico (anche se, ovviamente, entrambi gli aspetti sono presenti), ma di carattere spirituale, in senso lato religioso: è necessario che il popolo cambi la sua spiritualità, per essere guidato «dalle sue élites», ovviamente iniziate, anche se, per prudenza nel «Piano» non lo si dice, in ossequio alla distinzione tra semplici tecnocrati e sinarchi, tanto cara a Saint-Yves. Ricordiamo che il professor Monti ha affermato di essere portatore di una moralità nuova, differente dalle precedenti e tutta basata su una lealtà, in primo luogo fiscale, nei confronti dello Stato o, meglio, del potere, che non ha nessun tipo di dovere nei confronti dei cittadini. Esemplare, a questo riguardo, è l’affermazione dello stesso professor Monti, nel contesto delle aziende che falliscono per i mancati pagamenti degli enti pubblici, che, però, pretendono la corresponsione delle imposte, senza consentire nemmeno di compensare, affermazione secondo la quale è immorale mettere sullo stesso piano il denaro che un’impresa deve allo Stato e quello che lo Stato deve all’impresa: questa è la nuova moralità totalitaria dei sinarchi.

«Parallelamente, sul piano materiale, la rivoluzione sinarchica è un’applicazione realistica dei dati positivi messi in evidenza dai tecnocrati moderni di tutti i Paesi e delle loro soluzioni più ardite,

– che mirano a condizionare scientificamente le forze della natura a beneficio di tutti gli uomini,

– affinché venga fondata una società d’aristocratici serviti dalle macchine,

– la quale permetta a ciascun uomo, liberato finalmente dall’antica maledizione del lavoro forzato che genera odio, di raggiungere, qui e adesso, la felicità.

La rivoluzione sinarchica dev’essere riconosciuta come tale e come tale perpetuata.

Tale perpetuazione può essere attuata senza crisi né violenza, solo mediante la sua legalizzazione costituzionale nel nuovo Stato, che dobbiamo costruire secondo le norme stesse del patto sinarchico.

Integrata normativamente nello Stato, la rivoluzione sinarchica dev’essere messa in pratica, nell’Impero e per il Popolo, da un partito sinarchico imperiale legalmente riconosciuto e costituito espressamente a questo scopo».

È lo Stato che deve inglobare le norme del «Patto» nella sua legislazione, fino a divenire esso stesso, con tutti i suoi organi, uno strumento o, meglio, lo strumento principale della rivoluzione sinarchica.

 

 


[1] Saint-Yves, Mission des Souverains

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