Un libro da leggere. Quando la Fede cura ogni dolore – di Luciano Garibaldi

S’intitola «A cavallo sono un re. Storie oltre i limiti». Lo ha scritto Laura D’Incalci, una giornalista milanese appassionata di tematiche sociali e già autrice de «L’olio nel vetro scuro», una serie di storie tratte dal mondo dell’emarginazione e della solidarietà. Nel suo nuovo libro, pubblicato dalle edizioni San Paolo (144 pagine, 13 euro), racconta come sia possibile, grazie al coraggio, alla fede, alla solidarietà, vincere le più gravi sventure.

di Luciano Garibaldi

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ZZcoplbdinclI personaggi al centro dei suoi racconti-interviste sono colpiti da gravi forme di invalidità: o per malattie rare, o per incidenti, o per errori umani. Tutti destinati a marciare verso un traguardo inevitabile: la disperazione e il pianto. E invece no. Si sono salvati, hanno ritrovato il sorriso, la serenità, qualcuno anche la felicità. Merito di Pia Pullici, la fisioterapista comasca che ha dato vita all’«Associazione Thais» di Como, un centro che da trent’anni organizza attività sportive, corsi di nuoto e ippoterapia. Il nome dell’Associazione si riferisce ad una ragazza inglese, Thais Mc Nelly, volontaria dell’ippoterapia, che morì prematuramente in un incidente stradale e donò gli organi salvando altre vite, lasciando una traccia indimenticabile nell’Associazione, che dal 1987 fu a lei dedicata.

«Da giornalista abituata a descrivere fatti che richiamano l’interesse generale», ci dice Laura D’Incalci, «ho colto come un’opportunità poter incontrare e far conoscere vicende destinate a restare nell’ombra, solitamente giudicate “non notizie”. Il mio viaggio è cominciato incontrando disabili dalle età e patologie più diverse,  e i loro parenti più stretti, allargando poi la cerchia agli amici e ai volontari». Risultato: venti storie straordinarie ricche di una umanità straordinaria e preziosa, raccontate con una passione, con una partecipazione assolutamente coinvolgenti. Iniziamo da Roberto, il ragazzo raffigurato nella copertina, assieme alla terapista Paola. Quando Laura lo incontra la prima volta, è seduto in carrozzina, affetto da tetraparesi spastica dalla nascita, impossibilitato a parlare e a governare qualsiasi movimento. Accanto a lui, mamma Mariolina e papà Pietro, vittoriosi al termine di una lunga lotta tesa ad infondere serenità e speranza al loro caro. Vi sono riusciti grazie allo sport, che ha facilitato il loro ragazzo soprattutto nell’esercizio fisico, e grazie ad un amico, l’ingegner Marco Colonna, che ha passato nottate intere a studiare una modifica del computer in virtù della quale oggi Roberto può scrivere muovendo due piccole manopole. Si può solo immaginare la gioia dei genitori quando lessero sul desktop questa frase scritta dal loro Roberto: «Carò papà, sono felice di essere nato nella tua famiglia». Oggi Roberto sorride felice in sella al suo cavallo, segue le notizie al telegiornale, si interessa di politica.

Ed eccoci alla storia di Maria Teresa, vedova da sette anni del marito Pippo, e madre di otto figli, quattro dei quali affetti da microcefalia, una malattia ereditaria e incurabile. La forza di questa donna meravigliosa è contenuta in queste sue parole raccolte dall’Autrice: «Una mattina mi sono alzata presto, come al solito, sono corsa in Chiesa e mi sono inginocchiata davanti al Crocifisso. Sono rimasta lì un po’ senza nemmeno pregare. Chiedevo, stando lì con la mia disperazione… E ho riscoperto la presenza del mio Pippo, ho ritrovato la sua forza. Dio la fede me l’ha donata da quando sono nata. Dio mi aveva preparata a fare questa vita. Sì. A 15 anni volevo andare suora. Ero sicura di questa vocazione. Eravamo cinque amiche molto unite. Passavamo il tempo fra la chiesa, la casa e l’oratorio. Ma solo il Signore sa… e già allora mi stava preparando ad una vita speciale, ad un amore particolare».

Teresa è anche il nome di un’altra mamma incontrata da Laura D’Incalci. Suo figlio, Pietro, venne al mondo nel ’79 con un cesareo d’urgenza. Troppo tardi, purtroppo, per evitare un danno irreparabile, l’asfissia, la crisi respiratoria, la mancanza di ossigeno al cervello. «Ho tanto domandato al Signore», ricorda mamma Teresa: «in qualunque condizione, lascia che resti con noi, lo ameremo così com’è, come sarà, come un dono». «Pietro», scrive Laura nelle sue belle cronache, «partecipa oggi a quel racconto, intuisce che si sta parlando di lui e allarga un sorriso. E’ seduto sulla carrozzina. Ha l’aria felice di un bambino. Ha ormai quasi 33 anni». Poco distante, c’è anche il papà, Leo: «Pietro ora è sereno», è la sua testimonianza, «gli piace nuotare. Andiamo regolarmente in piscina. E gli piace anche dipingere. Questo è bellissimo». E mostra un acquarello di Pietro, che si accorge dell’attenzione al suo disegno e allarga un sorriso. Ecco una vita affrontata con coraggio, con la fiducia quotidiana che affiora spesso sulle labbra di Teresa come una sorpresa incredibile ma realissima: «Signore, ti ringrazio di tutto».

E’ davvero difficile abbandonare la commovente e avvincente lettura di questo libro. Lo faremo con  la storia di Giulia. Bella, una bambina bellissima. Giulia. Aveva due occhi grandi, chiari e cominciò presto a sorridere, ricorda mamma Fiorenza. Ma poi, quasi da un giorno all’altro, si era ammutolita. Era stato rilevato un ritardo psicomotorio globale. Una diagnosi vaga. Fu un momento terribile quello in cui finalmente comunicarono a mamma Fiorenza la diagnosi: «Signora, ha tanti fazzoletti? Sa, c’è molto da piangere», le disse la dottoressa. Giulia aveva la «sindrome di Rett», una malattia rara, congenita, che comporta un gravissimo deficit cognitivo. «Purtroppo», ricorda la mamma, «Giulia si accorgeva di non essere più in grado di compiere gesti che fino a poco tempo prima riusciva a fare, di non poter più articolare le parole… Gridava, era diventata intrattabile». Poi, dopo anni di sofferenze, finalmente l’incontro con l’associazione Airett (Associazione italiana sindrome di Rett). «Non siamo più soli in questa vicenda», sorride mamma Fiorenza. «Anche i nonni sono molto presenti. Mio papà Paolino, poi, è l’ottimismo incarnato. Sarà perché ha una fede vera, profonda. Mi parla di Dio in un modo che mi commuove, mi ricorda che solo Lui conosce il nostro cuore, dona tutti il suo amore, sa perfino quanti fili d’erba ci sono in un prato. Vuoi che non sappia di te?».

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