“Mario Palmaro. Il buon seme fiorirà”. Il libro curato da Alessandro Gnocchi, edito da Fede & Cultura, è in distribuzione

Redazione

Mario Palmaro, a un anno dalla morte, sarà ricordato in diverse città, con conferenze e con la celebrazione di S. Messe in suffragio. Pubblichiamo un breve estratto del libro, che raccoglie i ricordi di alcuni dei suoi più stretti amici e collaboratori.

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cop Mario Palmaro scritte mod.inddIl libro “Mario Palmaro. Il buon seme fiorirà”, curato da Alessandro Gnocchi e edito da Fede & Cultura, è in distribuzione nelle librerie, oppure può essere ordinato direttamente all’editore, cliccando su http://www.fedecultura.com/libro/mario-palmaro/ .

Mario Palmaro è stato lo scrittore cattolico che, con Alessandro Gnocchi, ha osato per primo mettere pubblicamente nero su bianco perplessità e critiche sul pontificato bergogliano. Ma è stato anche lo studioso e il maestro che ha mostrato come nel campo della bioetica sia possibile tenere una condotta cattolicamente ineccepibile al servizio della fede, della ragione e della legge naturale. Ed è stato, con Gnocchi, l’inventore di un genere letterario capace di mettere alla berlina vizi, tic, errori e tradimenti di un cattolicesimo sempre più refrattario alla buona dottrina e arrendevole al mondo. E poi è stato anche tanto altro ancora, a cominciare dal marito e dal padre capace di tradurre nella vita di tutti i giorni ciò che scriveva e insegnava. Fino alla morte, il momento in cui ha testimoniato come muore un cristiano. In questo libro, Alessandro Gnocchi ha raccolto il ricordo di un gruppo di amici per mostrare come la vita di Palmaro sia stata la testimonianza di tutto questo, nella vita pubblica e privata” (dalla presentazione del libro sul sito di Fede & Cultura).

Vi ricordiamo inoltre che si svolgeranno diverse iniziative in ricordo di Mario Palmaro a Rivarolo Canavese, Civitella del Tronto, Acireale, Monza, Modena, Linarolo, Milano, Bergamo, Bologna. Cliccando qui trovate l’elenco aggiornato degli incontri e delle S. Messe in suffragio per il primo anniversario della morte. Vi daremo tempestivamente notizia degli altri appuntamenti che ci verranno comunicati.

Qui di seguito vi proponiamo la lettura di un breve estratto del capitolo “L’armonia spirituale del servo inutile”, tratto dal libro “Mario Palmaro. Il buon seme fiorirà”.

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L’ARMONIA SPIRITUALE DEL SERVO INUTILE

Paolo Deotto, direttore di “Riscossa Cristiana”

 

Si loda spesso la coerenza dei grandi uomini, ed è giusto. La coerenza è un’importante virtù e solo chi è davvero coerente può essere d’esempio agli altri. Ma ricordando Mario Palmaro mi viene piuttosto in mente un’altra parola: armonia. Io credo che l’armonia sia una virtù che è un passo più in là della coerenza, è una coerenza che non nasce dall’imperativo categorico, dalla auto disciplina, tutte cose peraltro lodevoli. L’armonia è la coerenza matura, è la caratteristica di una vita realmente adulta. Tanti tanti anni fa (ero uno sbarbatello del primo anno di liceo) andai in gita ad Assisi. Il sacerdote che ci accompagnava, un cappuccino, Padre Emmanuel, quando eravamo in visita all’Eremo delle Carceri ci disse che San Francesco “era un genio”, perché aveva capito tutto della vita. Allora avevo 14 anni, e la frase mi risultò strana; la vita a poco a poco mi avrebbe fatto capire il significato di quella frase.

Perché san Francesco, “tra tutti gli uomini il più simile a Cristo”, aveva trovato la perfetta letizia donandosi completamente a Colui che gli aveva donato la vita.

Catechismo di San Pio X: “Per qual fine Dio ci ha creati? Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra, in paradiso. Chi merita il paradiso? Merita il paradiso chi è buono, ossia chi ama e serve fedelmente Dio, e muore nella sua grazia”.

Questa è armonia, queste sono le regole per una vita in cui nulla sia fuori posto, in cui nulla venga a turbare quella bellezza che Dio ci dona. Mario Palmaro non fu solo un uomo coerente. Fu senza dubbio un uomo che salì sul gradino più in alto della coerenza, su quello dell’armonia.

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Ne ho un ricordo forte in una sera di settembre del 2013. Ero a cena a casa di Mario, era domenica sera. Ci eravamo trovati alla Messa delle 18.45, quella Santa Messa Gregoriana che si celebra nella bellissima chiesa delle suore “Preziosine”, nel centro di Monza. Ricordo che Mario mi aveva detto che mi voleva a cena perché “gli raccontassi tutto di ‘Riscossa Cristiana’”. Poi parlammo di quello e di tante altre cose e la conversazione filava via tranquilla e serena. Certo, per un uomo come me, abituato da tanti anni a vivere da solo, cenare da amici è sempre un conforto; ma quella sera c’era qualcosa di più del conforto della compagnia. La tavola era affollata, perché la famiglia di Mario è numerosa e insieme alla moglie Annamaria c’era la “tribù” al completo, i quattro figli. Figli che giustamente erano vivaci, non più di tanto intimiditi da quell’ospite un po’ anzianotto e per loro sconosciuto. Vivaci, come devono essere i giovani, ma non sguaiati come sono fin troppo spesso i giovani. Annamaria era sorridente e accogliente,

Mario era al centro di quella simpatica folla, era il padre che occupava il posto del padre, come la moglie occupava il posto della madre, entrambi autorevoli e amorevoli con i figli. Nulla era fuori posto, c’era un ordine che superava il normale e simpatico disordine che c’è in una casa con quattro bimbi. In poche, pochissime altre occasioni della mia vita ebbi la stessa sensazione di quella sera: in quella casa, in quella famiglia, c’era un’armonia che veniva da qualcosa di più grande, dalla Fede vissuta pienamente. Su quella casa e su quella famiglia c’era la benedizione di Dio.

Era, se ben ricostruisco, domenica 15 settembre 2013; infatti quella sera ci eravamo accordati per andare assieme a Verona il sabato successivo, giorno 21, per il convegno su “La teoria del gender: per l’uomo o contro l’uomo?”, organizzato da Famiglia Domani e dal Movimento Europeo Difesa della Vita.

Domenica 15 settembre 2013. La malattia di Mario era già avanzata, e infatti di lì a meno di sei mesi ci avrebbe lasciato. Mario non parlava della sua malattia, se non casualmente, per le scadenze di esami e di terapie che sopportava pazientemente. Non parlava della sua malattia non solo per quella discrezione che contraddistingue il gentiluomo, che non si lagna dei propri problemi; non ne parlava perché le sue energie erano tese verso quella battaglia che da sempre conduceva, la battaglia per la vita e per la verità.

Era ben conscio della gravità del suo male, ma non ne faceva oggetto di conversazione perché io credo che fosse la cosa che di meno lo preoccupava: si affidava alla Provvidenza e usava bene del suo tempo, cercando sempre di fornire, con la sua esposizione chiara, pacata e al tempo stesso logica e stringente, quegli elementi di chiarezza necessari contro la cultura di morte e di devastazione che lui aveva ben studiato e approfondito e di fronte alla quale vedeva che anche tanti cattolici, pur dotati di buona volontà, cadevano spesso in contraddizione, o si perdevano nelle sciagurate spire della scelta del “male minore”.

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…  Mario Palmaro, grande proprio perché viveva con sereno affidamento alla Provvidenza e con la consapevolezza di essere un servo inutile, quella sera di domenica 15 settembre 2013 mi donò tanta armonia. La sua malattia avanzava, lui sapeva che presto avrebbe dovuto lasciare quegli splendidi doni, la moglie Annamaria e i figli, che il Signore gli aveva fatto, ma non disse una parola di scoramento. Non era il coraggio auto-imposto da una disciplina prussiana che, grazie al Cielo, non era nel suo costume. Era Fede vissuta e testimoniata. Era quella genialità di cui avevo sentito parlare, quattordicenne, ad Assisi.

Si era fatto tardi, era ora di salutarci. Mentre tornavo verso la mia automobile allargai un po’ la strada, per guardarmi gli angoli più belli di Monza, l’Arengario, la piazza Trento e Trieste. A quell’ora non c’era più nessuno in giro e tutto era quiete. Ora bisognava andare a riposare. “Tranquillo mi corico e riposo nel sonno, tu solo Signore mi dai sicurezza”.

4 commenti su ““Mario Palmaro. Il buon seme fiorirà”. Il libro curato da Alessandro Gnocchi, edito da Fede & Cultura, è in distribuzione”

  1. Caro Direttore, sono commossa.Sarà stata quella cena, ma l’armonia da Lei percepita in casa Palmaro le si è rovesciata addosso in maniera indelebile. Perché scrivendone la manifesta tutta. O sarà forse perché sotto c’è il Suo cuore?
    Ossequi.

  2. Proprio oggi ,con la ‘visita’ a Roma del Vescovo Oliveri di Albenga e ‘colloquio’ con il cardinale Ouellet ,hanno inizio procedure e provvedimenti che ,temo ,avranno il tenore di quelli applicati ai F.F.I. Il libro su Mario Palmaro riporta quanto egli scrisse il 30 Luglio 2013 su C.R.:” …se mai questi ottimi frati dovessero accettare il diktat,presto seguirebbero altre, piu’ dure repressioni verso coloro che nel mondo celebrano e seguono la Messa di sempre.L’esercizio iniquo del potere fonda la sua forza sul silenzio delle vittime e pretende,anzi,il loro consenso. Ma la storia insegna che hanno avuto la meglio coloro che davanti all’ingiustizia non hanno taciuto,perche’ impugnare legittimamente un atto iniquo significa scuotere fin nelle fondamenta il potere che lo ha posto in essere.E’ venuto il tempo di parlare.” Purtroppo cinque righe scritte di proprio pugno dal Querido Lider hanno tolto ogni speranza che questa Chiesa sia ancora paragonabile ad uno Stato di diritto.Voglio sperare che il Vescovo Oliveri legga e faccia tesoro di queste parole di Mario Palmaro ,ed anche valuti con oculatezza avvenimenti e stato delle cose . Spero e prego che lo Spirito Santo lo illumini nel momento della prova. Se dovesse cedere alla falsa speranza ed alle lusinghe di una soluzione ‘ morbida ‘ o concordata , avverra’ sicuramente cio’ che aveva scritto Mario Palmaro 20 mesi fa , e del resto si e’ puntualmente verificato di recente in una Diocesi italiana .

  3. Poco fa su RAI3: il professor Melloni auspicava che la Chiesa esca in campo aperto, fuori dal “modello borghese di famiglia”; il conduttore, ex TV2000, presentava il primo “Quasi-matrimonio” omosessuale celebrato dai Valdesi (gli amici di Cavour, aggiungo io) come “un passo importante di UNA CHIESA CRISTIANA ITALIANA” – testuale. Premio “Mole Antonelliana 1889”: il Genio con la Stella a cinque punte illumina l’ottenebrata Torino delle chiese e dei Conventi, e l’Italia ad essa annessa al fine di rieducarla.

    Se il grande Mario, Gnocchi e altri trovavano nel “mondo cattolico” più di qualcosa di stridente, non erano né troppo nervosi né incolti.

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