Memorie di un’epoca – Mario Scelba: un politico da ricordare – di Luciano Garibaldi

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Memorie di un’epoca – rubrica mensile a cura di Luciano Garibaldi

biografie, eventi, grandi fatti, di quel periodo in cui storia e cronaca si toccano

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19 – mercoledì 30 settembre 2015

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MARIO SCELBA: UN POLITICO DA RICORDARE

Mario Scelba, capo del governo nel 1954-55, è una delle figure politiche del Novecento italiano che sembrano scomparse dalla storia. Eppure ebbe un ruolo fondamentale nel rafforzamento della democrazia in Italia nel secondo dopoguerra.

di Luciano Garibaldi

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zzzzmrsclbNe abbiamo parlato, sulle pagine di “Riscossa Cristiana”, tre anni fa, a fine 2012, ma vale la pena tornarvi su, anche perché, in un momento di forte incertezza politica come quello che stiamo attraversando, una figura  di alto livello morale come fu Mario Scelba, può aiutarci a vedere positivo. E mi viene da ricordare un avvenimento al quale partecipai e che mi coinvolse a fondo. Il 30 giugno 1960, quando gli agenti della Celere furono selvaggiamente aggrediti e sfregiati con i terribili ganci da portuale nella piazza De Ferrari, cuore della Genova rossa (io ero accanto a loro, come cronista del “Corriere Mercantile”), furono in molti a rimpiangere Scelba. Lui, in quella stessa Genova, dodici anni prima, aveva saputo ristabilire l’ordine con la forza. Allora, nel ’48, Genova era caduta nelle mani degli insorti comunisti in seguito all’attentato a Togliatti compiuto dallo studente Pallante. Invece, in quel 30 giugno 1960, i comunisti erano diventati nuovamente padroni della piazza per una manovra studiata a tavolino a Roma con la complicità dei democristiani Fanfani e Moro che volevano pugnalare, dall’interno, il governo Tambroni, il primo, nella storia del dopoguerra, a reggersi con i voti del MSI. Ma qual’era la differenza tra il luglio ’48 e il giugno ’60 in quella Genova che ha nel proprio destino di essere al centro dei grandi sommovimenti storici d’Italia (la rivolta di Balilla, i “Viva Maria” del 1796, la Carboneria del 1832 con le condanne a morte di Mazzini e Garibaldi, la spedizione dei Mille, il discorso di D’Annunzio a Quarto per l’entrata in guerra nel 1915, la resa ai partigiani dell’Armata Meinhold nell’aprile 1945; per finire al G8 del 2001, si parva licet componere magnis)? La differenza stava nei mitra e nelle pistole dei poliziotti. Nel ’48 quelle armi avevano le pallottole, e i comunisti lo sapevano. Nel ’60, un ordine del ministro dell’Interno (non più Scelba, ma Spataro) aveva fatto sì che i «celerini» scendessero in piazza con le armi scariche. I comunisti erano stati debitamente informati e si scatenarono. Finirono all’ospedale San Martino, coi volti sfregiati dai ganci di ferro, 73 agenti e ufficiali di polizia.

L’azione politica e di governo di Scelba era stata determinante, per l’Italia, dall’immediato dopoguerra alla metà degli Anni ’50. Una decina d’anni, dunque, ma decisivi per la salvaguardia della libertà e della democrazia nel nostro Paese. Senza uomini come Scelba, quella libertà l’avremmo perduta. Nella peggiore delle ipotesi, saremmo diventati una Cecoslovacchia. Nella migliore, una Jugoslavia. Invece, grazie a democristiani come Scelba (e come De Gasperi) siamo diventati una nazione libera, grande e rispettata.

Mi rifaccio al libro biografico «Il ministro Scelba», scritto da Vincenzo La Russa nel 2002 e edito da Rubbettino. Una ineccepibile ricostruzione storica della vita di Scelba che, nato a Caltagirone, in Sicilia, nel 1901, affrontò la sua prima militanza politica nei circoli cattolici legati a Don Luigi Sturzo, per poi subire una serie di privazioni e di emarginazioni  a Roma durante il fascismo. Dopo aver svolto intensa attività nella clandestinità del periodo di occupazione tedesca, poté finalmente emergere in politica  come ministro dell’Interno nel governo De Gasperi a partire dal 30 agosto 1947.

zzzzgnv60Tempi durissimi. Gli esponenti più estremisti del movimento partigiano non avevano ancora finito di far scorrere il fiume di sangue dei vinti sparso a piene mani a partire dal 25 aprile 1945 e la polizia era piena di comunisti. Erano i 15 mila ex partigiani rossi «imbarcati» nelle Questure, per dare loro uno stipendio, e un’arma, dal governo Parri del post 25 Aprile. Era di quegli infidi servitori che Scelba doveva anzitutto sbarazzarsi. E lo fece in parte proponendo loro ricche buonuscite (un anno di stipendio per chi era stato assunto magari da un mese, costituiva una leccornia alla quale gli elementi meno motivati ideologicamente non potevano certo dire di no), in parte trasferendo in Sardegna (vecchio, ma pur sempre efficacissimo metodo) gli elementi più temibili. Per contro, aprì gli arruolamenti agli ex ufficiali delle polizie speciali fasciste (Ferroviaria, Portuaria, Stradale, Forestale, Africa Italiana) a patto che rinunciassero al grado di ufficiali per servire come marescialli. Fu così che, nella polizia, i marescialli con un passato “di regime” rimpiazzarono i sottufficiali col fazzoletto rosso al collo. Le velleità bolsceviche ricevettero una doccia fredda.

Non mancarono gli scontri di piazza, non di rado cruenti: 75 morti e oltre 5000 feriti tra il 1948 e il 1954: alcuni poliziotti, ma in gran parte rivoltosi che aggredivano armati le forze di polizia, i «celerini» di Scelba. Come scrisse Vincenzo La Russa nel suo libro dedicato a Scelba, «i  massimi dirigenti comunisti si resero conto, a un certo punto, che la linea insurrezionale non aveva serie possibilità di successo. Da qui le direttive a non spingere la protesta oltre certi limiti. Si temeva peraltro, a Botteghe Oscure, che le violenze finissero per danneggiare elettoralmente il partito, impegnato a contrastare, in nome della “pace”, l’alleanza atlantica dell’Italia. Togliatti capì che a Mosca non interessava più di tanto che gli operai non riuscissero a occupare le fabbriche: anzi, erano episodi da non mostrare al popolo russo. Più graditi, oltrecortina, i massicci cortei antiamericani in un Paese occidentale come l’Italia. E Togliatti quei cortei grandiosi li sapeva organizzare».

Così, un po’ per la fermezza di Scelba (non meno antifascista che anticomunista, volendo ricordare la legge che prende il suo nome e che vieta la ricostituzione del partito fascista), un po’ per l’accortezza di Togliatti, l’Italia uscì dagli anni bui.

9 commenti su “Memorie di un’epoca – Mario Scelba: un politico da ricordare – di Luciano Garibaldi”

  1. GENTILE DOTTOR GARIBALDI,
    condivido in genere le Sue analisi, ma su Scelba non concordo. Scelba, con De Gasperi, ha spalancato le porte al Comunismo tant’è che nel 1952, ignorando gli arsenali rossi del PCI (pieni di armi), si accanì contro il MSI che aveva appena 6 parlamentari, escogitando la mostruosa legge 20 giugno 1952 n. 645 meglio conosciuta come “legge Scelba”. Una mostruosità tuttora attiva, abbattutasi in primo luogo sul MSI che puniva (e punisce) perfino un saluto romano. Lei ben sa che mentre in Germania Adenauer mise fuori legge il Partito neo nazista e quello comunista, in Italia Scelba e De Gasperi si accanirono sempre contro la Destra. Non a caso, la famigerata “legge Scelba” entrò in vigore all’indomani della grandissima affermazione del MSI (e dei monarchici ) nelle elezioni amministrative del maggio 1952. Quindi, una legge contro una parte politica che infastidiva DC e PCI. Ricordiamo i tanti processi contro Almirante. Mi creda, Scelba mi sgomenta al pari dei comunisti.

    1. Proseguendo su Scelba, altre brevi annotazioni.
      Ministro degli Interni dal 1947 al 1953, Scelba nulla seppe dire riguardo:
      1) i martiri della Foibe;
      2) gli eccidi dei partigiani comunisti del secondo dopoguerra (qualcuno ricorda la Volante Rossa ed famigerato Triangolo della morte nella rossa Emilia Romagna?).
      Sapeva o non sapeva di certe nefandezze Scelba? E se sapeva cosa fece per fare luce? Se poi non sapeva ma che razza di Ministro egli Interni era costui?
      E non parliamo della famigerata “legge truffa” voluta dal suo compagno De Gasperi che, nelle elezioni politiche del 1953 (altra grande affermazione della Destra missina e monarchica) non diede i malsani frutti, ovvero non scattò solo per poche decine di migliaia di voti. Se fosse scattato il premio di maggioranza a farne le spese non sarebbero stati i comunisti ma, guarda il caso, la Destra.
      Queste le mie comprovate argomentazioni che, pur nel dissenso, non fanno venire meno la Considerazione che ho per lo storico Luciano Garibaldi.

  2. Non ho alcuna simpatia per chi pensava di combattere il comunismo con la sola Celere, ha pervicacemente combattuto la Destra e disprezzato la cultura. La DC ha pensato solo al sottopotere e ha impedito ogni sforzo di impedire la bolscevizzazione degli ambienti culturali. Guareschi non aveva una grande opinione di Scelba. Personalmente, non so che farmene di lui e di Degasperi

      1. Grazie. Il Suo commento sulla legge truffa – che purtroppo molti di “centro-destra” rimpiangono – è del tutto calzante. Il sig. Scelba disprezzava il “culturame” e ha lasciato il settore istruzione e cultura a marxisti e massoni

        1. Ma certo, Signor Sestolese, in fondo in fondo Scelba era un cattocomunista mascherato e, grazie anche alla sua politica (unitamente a quella distruttiva di DC, PCI, PSI, PSDI, PRI, PLI), oggi scontiamo la inesistenza dello Stato. Tutto ciò in perfetta sintonia politica con il suo compagno De Gasperi, che fece della DC – sciagura delle sciagure – un partito di centro che guarda a sinistra!

  3. luciano pranzetti

    Non so come politico, ma come ministro di P.S. me lo ricordo e sulla mia pelle. Santa Severa: case popolari. La mia famiglia – 6 figli 2 genitori – è alloggiata in un appartamento in attesa di assegnazione. Si aspetta dall’aprile del 1948. Ma a luglio,scendono dalla stazione ferroviaria, lì vicina, 4 camionette. Sono i celerini di Scelba che,armati di mitra, li vedo, io bimbo di 6 anni, schierati agli ordini di un tipo con fascia colorata. Squilla la tromba, il plotone si muove, sale le scale, irrompe nell’ appartamento, scaraventa le masserizie (poverissime) dalle finestre, strapazza una madre che, come chioccia abbraccia i piccoli suoi, mi prende a calci e, sgomberata la casa, se ne va dopo una missione rischiosa condotta contro una pericolosa, sovversiva banda di fanciulli. Un carretto, su cui gli eroi scelbiani caricano il poco mobilio, se ne va verso i villini, a mare. Lì si verificherà la tragedia del piccolo fratellino, travolto da un’auto, e del padre che morrà di cancro. Scelba,. . . grande!

  4. Finale di uno dei paragrafi: ” ….siamo diventati una nazione grande, libera, rispettata” Certo non è colpa di Garibaldi se al momento la situazione è “leggermente” diversa da quanto recita l’articolo.

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