METAMORFOSI E DEGENERAZIONE DELLA RIVOLUZIONE – di Piero Vassallo

Pederastia la trionferà, viva il salotto buono e la sua libertà.


di Piero Vassallo

 

 

cdfResoconto di un viaggio immaginario nel Tibet sotterraneo, compiuto contro l’Occidente cristiano da Ferdinand Ossendowski, “Bestie, uomini e dei” fu pubblicato a Parigi nel 1924. L’autore, affiliato ad una conventicola di occultisti, che praticavano assiduamente la gimnosofia, narrava le sue strabilianti esperienze in Agharti, il rifugio segreto degli ario-nordici in fuga dal kali-yuga.

Vero e proprio manuale per allucinati, il testo fu adottato e sfruttato furbescamente dal massone René Guénon, il cui pensiero era inscritto in un triangolo avente per ipotenusa il capovolto Marcione e per cateti il fantasma di Cagliostro e l’ectoplasma della convulsionaria Elena Blawatskij.

Guénon, già famoso nel sottobosco esoterico quale vescovo di una chiesa gnostica, fiutato l’affare, usò la bizzarra relazione di Ossendodowski come argomento di lucrose conferenze, organizzate per la delizia di signore in cerca di compensazioni spiritiche alle malinconie della mezza età.

Per quanti apprezzano le esoteriche emozioni, le conferenze ario/tibetane di Guénon sono state raccolte in un volume (“Il re del mondo”) stampato e messo in commercio da Adelphi, una casa editrice incensata dai circoli chic e privilegiata dagli arredatori di salotti intonati ai colori pastello delle sue copertine.

Disgraziatamente la sapienza guénoniana passò dal palcoscenico dello spiritualismo esotico alla tragica storia della Germania sedicente ariana.

Autorevoli specialisti di storia e cultura contemporanea, sostengono, in discorde concordia, che le elucubrazioni ariane/neopagane intorno alle bufale tibetane di Ossendowski furono il preambolo al nazionalsocialismo. Vero è che il governo del III Reich organizzò una spedizione nel Tibet allo scopo di approfondire le radici ariane della rivoluzione hitleriana.

Questo fatto ha suggerito al poligrafo Louis Pauwels l’appropriata definizione del nazismo quale  guénonismo realizzato con i carri armati, il filo spinato e le camera a gas.

Consumata la tragedia e squalificato il prodotto del mito ariano, finito l’interesse per il guénonismo? Neanche per sogno. Nell’età postmoderna il giro vizioso del nazismo si è allargato surrettiziamente agli orfani adelphiani di Marx e ai neodestri raccolti sotto l’umiliante insegna “Onan & Thanatos”.

L’improvvisa ‘irruzione del Nietzsche riabilitato da Giorgio Colli e Mazzino Montinari nella esausta fucina della casa editrice Einaudi, ha acceso il sacro fuoco della dissidenza adelphiana, che ha ridestato la passione per i tesori nascosti nel sottosuolo tibetano.

Infine l’imperativo ultramoderno, l’heideggeriano “vivere per la morte”, si è riversato nel progetto buddista/tantrico di uscita dal mondo per la via del nomadismo sessuale.

Il viaggio iniziatico non si dirige più alla cittadella sotterranea del Tibet misterioso ma a tutti i luoghi deputati al delirio sciamanico e alla pederastia furente.

Ad esempio, la magica Patagonia, dove con l’intenzione di apprendere la sapienza sciamanica, si era recato Bruce Chatwin, il raffinato nomade inglese, che Antonio Gnoli (suo esegeta ed ammiratore) ha paragonato ad un curioso terzetto: l’incantatrice Sherazade, il poeta omosessuale Rimbaud e il filosofo sculacciato Rousseau.

Gnoli, nella “Nostalgia dello spazio”, profilo mistico di Chatwin, edito da Bompiani, rivela l’indirizzo del nomade a uno stato di natura ideale perché privo anche dei più elementari sussidi tecnologici: egli non vide il fuoco come un elemento della tecnica di sopravvivenza ma come simbolo attorno a cui l’uomo può incontrare i propri simili.

Incontrare… Il pensiero magico dei primitivi detronizza la bieca fede cattolica e propone la ricreativa  copula con lo sciamano.

Ora lo strumento usato per far tabula rasa della civiltà cristiana è il delirio mistico, coltivato nelle riserve della cultura primitiva. A Chatwin, lo sciamano alternativo alla fede cattolica, si presentò come lo descrive il celebre vu inizia? Elemire Zolla: coperto di piume colorate, gli occhi roteanti, la bava alla bocca. E senza i pudori della civiltà repressa dalla morale cristiana. Secondo la testimonianza di un esegeta sbarazzino, sembra che a tale vista Chatwin abbia esclamato: “Uccellone piumato, bell’uccellone, voglio da te l’iniziazione!

Non è lecito dire niente di politicamente scorretto sul turismo iniziatico nella piumata Patagonia. Mentre si affaccia all’orizzonte la legalizzazione dell’incesto, infatti, la sodomia è severamente protetta e incensata dalla cultura al potere nell’Europa occidentale. I diritti civili e i gusti inglesi dell’illustre iniziato non si discutono. Il ministro anti-tradizionalista Manuel Valls certamente ci disapprova, ma a questo punto del discorso sull’uscita dal mondo civile, non possiamo fare a meno di ricordare che Chatwin, dopo l’iniziazione, morì devastato dal virus Hiv.

Un epilogo drammatico, che suggerirebbe cautele ed esigerebbe i castigati veli della pietà piuttosto che i libri incensanti a firma neodestra e neosinistra.

Esattamente come aveva previsto Del Noce, la rivoluzione proletaria si è appiattita sui programmi elaborati dal pensatoio crepuscolare della borghesia viziata/estenuata.

Dalla sotterranea Agharti, la pederastia tantrica, è salita al salotto della filosofia chic, per scendere nella esemplare comunità del Forteto, dove Roberto Fiesoli (profeta con patente teologica rilasciata dall’influente scuola cattocomunista di Bologna) educa allo sciamanesimo i fanciulli diseredati/abbandonati.

La sapiente figura del nomade sessuale eleva le rivendicazioni del proletariato alle proibite delizie della borghesia squisitamente capovolta. Avanti popolo: lo spinello della sanità falcia il pudore mentre  il culto del virus Hiv (officiato da Sergio Quinzio nel Corriere della sera) trascende le creature del demiurgo.

Il materialismo del proletariato, sconfitto dal benessere immaginario, ha trovato rifugio nei profeti della disinibizione. Dimessa la tuta dell’operaio-lottatore, il futuro veste il nero del frac nichilista (con regolare batti-chiappe). Pederastia la trionferà, viva il salotto buono e la sua libertà.

Il frac non significa metamorfosi ma sviluppo dei vecchi pregiudizi ideologici. Il collettivismo non è più di moda? Adesso la guida della rivoluzione tocca all’individualismo primordiale. Anzi al liberalismo selvaggio. La rivoluzione è un pendolo vegetale, oscillante tra ultra-antico e ultra-moderno. La sua pianta, il finocchio sado-libertino, cambia la chioma per ossigenare il marcio che sale dalle radici filosofiche.

Secondo Vinicio Catturelli, infatti, la strepitosa fortuna di Guénon negli orfanotrofi cattocomunisti e nei gerontocomi neonazisti aiuta a capire che il frac del pederasta è tagliato ultimamente nella stoffa ruvida della virtù luterana/kantiana. E cucito dai pensieri escogitati nel filatoio assoluto di Hegel/Heidegger.

Sotto la parrucca trascendentale/totale, si agitano pensieri senza guinzaglio e assolute trasgressioni. Fumo di Londra, nebbia prussiana. Non c’è niente di nuovo: Vinicio Catturelli ha dimostrato che rivoluzione fa rima con ripetizione, cucù e dejà vu.

In ultima analisi, l’opera di Guénon è un monumento ai porno-misteri circolanti, in mutande filosofiche, tra il regno sifilitico di Enrico VIII e la corte maschile di Federico il Grande.

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