Nel verde dipinto di verde. Ma non è una bella canzone

Alzi la mano chi non si è mai sentito rivolgere una delle seguenti frasi, o simili: “Dobbiamo salvare il mondo dalla crisi climatica”; “Dobbiamo comprare prodotti sostenibili”; “Dobbiamo rinunciare all’energia prodotta dal fossile”; “L’energia eolica e quella solare non inquinano”; “L’energia nucleare è pericolosa”; “La specie umana ha i giorni contati”; “La deforestazione in Amazzonia toglie ossigeno alla Terra”; “Grazie a Greenpeace abbiamo salvato le balene”.

Orbene, tutte queste affermazioni sono false, in tutto o in gran parte. Il problema è che il catastrofismo ecologista, ideologia intrisa di odio contro l’uomo, di cui auspica l’estinzione per “salvare la Natura”, ha occupato l’ONU, i consessi internazionali, le Università, i parlamenti, i media. In sostanza, sta vincendo la battaglia delle idee. Anzi ha già vinto, visto che l’ecologismo è diventato un “luogo comune”, indiscutibile, accettato da (quasi) tutti.

Le sue credenze, ormai veri e propri dogmi, ci vengono vendute come “scientifiche”. Greta e i gretini berciano nelle piazze “Ascoltate gli scienziati!”. Ma in realtà gli scienziati non sono affatto concordi riguardo alla presunta “crisi climatica”. Non sono concordi sulla sua esistenza e, ammesso che ci sia, sulle sue cause. Viene data per scontata l’origine antropica dei cambiamenti climatici (che ci sono sempre stati, sulla Terra), ma questa “colpa dell’uomo” (ovviamente parliamo dell’uomo bianco e civilizzato) è del tutto indimostrata.

Allora, dobbiamo lasciarci sopraffare dalla dittatura di un presunto “ovvio” che ovvio non è, dobbiamo inchinarci all’eco-totalitarismo, alle sue menzogne che nascondono interessi inconfessati e alla malafede di ricercatori che spargono allarme per ottenere finanziamenti? Sì, possiamo resistere ma ci servono buone armi, cioè buoni argomenti. La letteratura contro le bufale climatiche esiste, è di ottimo livello scientifico e non è quantitativamente trascurabile. Solo è silenziata dai media e dalle tv. Ecco allora l’indicazione di tre recenti libri che ci possono aiutare nella doverosa “guerriglia culturale” contro le menzogne verdi.

Giulio Meotti, Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche, Liberilibri.

Meotti è un giornalista che da anni si batte contro l’autodistruzione della cultura europea: i rischi dell’immigrazione, il pericolo islamico, il rifiuto delle radici della nostra civiltà. Ora con questo libro breve, ma denso di considerazioni, di fatti, di dati, sferra un efficacissimo attacco polemico ai falsi miti degli ambientalisti, ne svela i fini reconditi, le menzogne proclamate senza pudore, le previsioni sempre smentite dai fatti e soprattutto l’odio antiumano che anima i loro intenti distruttivi. Così ben anticipa Robert Redeker, intellettuale francese, nella sua introduzione: “Come sottolinea Meotti, nel cuore dell’ambientalismo oggi di moda abita un disprezzo per la razza umana. L’uomo è convocato dinanzi a un tribunale che lo accusa di essere cattivo, di essere il più malvagio dei viventi sulla Terra.”

L’incipit del libro spiega efficacemente lo “spirito del tempo” proclamato dagli ecologisti: “Cosa vi chiedono? Che diventiate più poveri, che consumiate meno carne, che viaggiate di meno, che d’estate soffriate un po’ il caldo e d’inverno il freddo, che facciate a meno dell’auto non elettrica, che il vostro figlio unico “alla cinese” salti la scuola per marciare per il clima, che facciate spazio ai “dannati della Terra”, che accendiate un cero votivo a Nostra Signora dell’Apocalisse Verde e che vi pentiate anche (e soprattutto, per coloro che lo sono) di essere bianchi occidentali giudeo-cristiani.” In realtà, nel prosieguo del libro, si dimostra che le imposizioni minacciate dagli ambientalisti sono ancora più terrificanti.

Il testo è una sistematica decostruzione di tutti i luoghi comuni e le credenze menzognere della predicazione della nuova “religione verde” (che tale è, e talvolta non priva di accenti quasi mistici, sia pure di una mistica invertita, ecolatra e idolatra, e quindi infernale): “L’ecologismo sta edificando un vero e proprio culto: ha i propri giorni santi (la Giornata della Terra), i propri tabù alimentari (veganesimo e campagne per ridurre il consumo di carne di mucca, come in Germania), i propri templi (le università occidentali) e un proprio proselitismo (gli scettici sono trattati da eretici e peccatori malvagi).”

Ma è anche una religione che sparge errori, falsità e (come molte sette fanatiche sul giorno della “fine del mondo”, sempre aggiornato a nuova data) di predizioni farlocche: solo negli ultimi anni, gli eco-indovini dell’ONU hanno più volte dovuto chiedere scusa per aver diffuso dati sbagliati: avevano dichiarato che il 55% del territorio dell’Olanda è sotto il livello del mare, mentre è solo il 26%, che entro il 2020 la produzione agricola nordafricana si sarebbe dimezzata, catastrofe che non si è affatto avverata e che i ghiacciai himalaiani si scioglieranno tutti entro il 2035: non c’è alcun segnale in questo senso.

D’altronde la capacità di sbagliare previsioni sembra essere il tratto distintivo degli eco-malthusiani: basta pensare ai vaticini del Club di Roma e a quelli di tale Paul Ehrlich, grande denunciatore del presunto rischio di sovrappopolazione che nel lontano, fatidico 1968 così strologava: “La battaglia per sfamare tutta l’umanità è finita. Negli anni Settanta, il mondo subirà carestie – centinaia di milioni di persone moriranno di fame”.

Che costoro siano menagrami da commedia pirandelliana si evince con chiarezza dalle loro dichiarazioni: scrive Yves Cochet, uno dei guru dell’estrema sinistra ecologista, che la nostra civiltà scomparirà: “Tra cinque o dieci anni il problema delle abitazioni sarà risolto perché le persone saranno morte.” Per nostra fortuna, la sfera di cristallo di questi veggenti verdi funziona molto male: si sono sempre sbagliati. D’altronde, la distruzione del genere umano è un patologico wishful thinking di costoro e questo perché, scrive Meotti, “tutti i grandi campioni dell’ecologismo, infatti, sono animati da un odio profondo per l‘essere umano”. Lo “scienziato” James Lovelock, noto per la “teoria di Gaia”, ha definito gli uomini “cellule di un tumore”. Sempre l’eco-fanatico Cochet prevede una futura popolazione che non conterà più due, tre miliardi di persone. Paul Watson, fondatore di Greenpeace ha rilanciato: “Dobbiamo ridurre in modo radicale e intelligente la popolazione umana a meno di un miliardo di persone.” Assai inquietante quel: “in modo radicale e intelligente”. Pascal Bruckner, storico critico del fanatismo verde, parla di: “Grand-Guignol con una patina scientifica.” Cochet sogna una società in cui prevalga il mostruoso incubo della “decrescita felice”: “un mondo senza macchine, senza aereo, molto probabilmente senza elettricità.” Nel frattempo, ecco la sua ricetta per una “buona vita verde”: “Cinquanta litri di benzina al mese, una bottiglia di olio d’oliva, due chili di farina.”

Gli ecologisti sono ovviamente consapevoli che “le persone non accetteranno mai una simile politica.” Brillante intuito. Ecco che allora il padre dei Verdi francesi, Renè Dumont auspica “metodi autoritari”, mentre il premio Nobel Christian De Duve sogna un “controllo sociale da parte di persone competenti.” Ci mette in guardia Meotti: “L’ecologismo si dirige verso il totalitarismo antiumanista.” Un “social-comunismo verde”.

Oltre a svelare le menzogne e le falsificazioni degli ecologisti, Meotti ne decostruisce i miti, come Greta Thunberg, con tagliente ironia: “Come abbiamo fatto a rincretinirci al punto di prendere sul serio le lacrime e gli sguardi di Greta Thunberg, una ragazzina che, secondo la madre, ha il potere di vedere le nostre emissioni di CO2 a occhio nudo?” E ci informa che alla Winchester University è stata installata una scultura in bronzo di Greta del valore di 24.000 sterline e questo mentre, grazie alla cancel culture, è in corso una violenta campagna nelle università britanniche per distruggere ogni monumento, ogni lapide, ogni vestigia che commemori le grandi personalità, letterati, politici, filantropi, scienziati che hanno costruito la nostra civiltà. Si chiede Meotti: “Quando ci siamo convertiti a questo pensiero verde fatto di infantilismo e cianfrusaglia new age, l’irragionevole economico e l’irrazionale culturale che non sono altro che i segni di un nichilismo debordante?”. “Può una grande cultura morire di ridicolo?” Ce lo chiediamo anche noi.

Michael Shellenberger, L’apocalisse può attendere. Errori e falsi allarmi dell’ecologismo radicale, Marsilio

Michael Shellenberger è stato un ecologista radicale e, come spesso accade, anche un attivista di ultra sinistra, in USA, in Nicaragua e in Brasile dove ha militato nel gruppo estremista dei “Sem terra”, noti per occupare, anche con la violenza, le terre delle fazendas, e anche nel Partito dei lavoratori, il partito marxista di Luiz Lula, presidente del Brasile già condannato per corruzione, poi prosciolto con una discussa sentenza nel 2021. Per alcuni anni, è stato anche vegetariano, una delle manie rientranti nelle abituali patologie della setta eco-radical chic. Viaggi e riflessioni lo hanno poi convinto che la difesa della natura meritava altre strategie e, soprattutto, più verità. “Buona parte di ciò che viene raccontato alla gente sull’ambiente, e sul clima, non è corretto, mentre abbiamo un disperato bisogno di sapere come stanno davvero le cose. Ho deciso di scrivere questo libro perché mi sono stancato di esagerazioni, allarmismi ed estremismi, che sono nemici di un ambientalismo positivo, umanistico e razionale.”

Un effetto poco del terrorismo psicologico degli ecologisti, come quelli del gruppo violento di Extintion Rebellion che prevedono, con maligna soddisfazione: “La specie umana ha letteralmente i giorni contati”, è la diffusione di stati d’ansia causati dalle previsioni catastrofiste soprattutto tra una generazione di adolescenti che negli USA vengono definiti “fiocchi di neve” per la loro fragilità emotiva. Racconta una di queste adolescenti: “…sono stata parecchio in ansia, sentivo i miei coetanei dire che il mondo sarebbe finito e che sarebbero morti.” E un’altra: “Una delle mie amiche si era convinta che nel 2030 ci sarebbe stato un tracollo. In pratica ci rimanevano dieci anni di vita.”

Nel 2017 l’American Psychological Association ha rilevato un aumento di “eco-ansia” e l’ha definita “paura cronica del disastro ambientale”. Nel 2020 è stato rilevato che un bambino inglese su cinque ha incubi sul cambiamento climatico. La tv ha mostrato ragazzine che piangevano perché pensano di morire tra cinque o sei anni. Ovviamente il catastrofismo ambientalista ha gravi responsabilità in tutto questo, e non da oggi: non dobbiamo dimenticare l’annunciata distruzione dell’umanità per la sovrappopolazione, la previsione di una nuova era glaciale o l’esaurimento delle risorse energetiche e delle materie prime e infine, senza tema di ridicolo rispetto alla precedente previsione di nuove glaciazioni, il riscaldamento globale prudentemente poi convertito in “cambiamenti climatici”.

Molti sono gli esempi offertici da Shellenberger degli errori e delle affermazioni indimostrate del “fronte verde”, sia esso rappresentato da accademici, ricercatori, agit-prop, animalisti, vegani, politici o lobbisti. Ad esempio: c’è una “superchiesa” ecologista, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), emanazione dell’ONU, uno dei diffusori principali, con i suoi rapporti, del catastrofismo ecologista, oltre alle ONG e alle lobby verdi.

Tutti pensano che l’IPCC sia un organo scientifico e che i suoi rapporti siano basati su solidi dati scientifici. Nulla di più sbagliato. Solo in parte è un’organizzazione scientifica: in realtà è un’organizzazione politica, il cui compito è quello di giustificare la riduzione del cosiddetto gas serra. I suoi report sono zeppi di errori, come denunciava anche Meotti nel suo testo.

Tra l’altro, nonostante le proteste di scienziati e di governi, e gli inviti di organizzazioni scientifiche a una maggior accuratezza nelle sue pubblicazioni, l’IPCC ha continuato con i suoi rapporti allarmistici. Si chiede Shellenberger: “come è possibile che tante persone, me compreso, siano arrivate a credere che il cambiamento climatico possa portare non soltanto all’estinzione degli orsi polari ma alla fine dell’umanità?”.

Il caso degli orsi polari è una delle più note falsificazioni messa in atto dagli ecologisti. Nel 2017 National Geographic pubblicò su You Tube un video che mostrava un orso polare malconcio, con una triste musica in sottofondo e una didascalia: “Ecco come si presenta il cambiamento climatico” riferendosi a un presunto scioglimento del ghiaccio artico (in realtà le teorie degli scienziati riguardo questo possibile fenomeno sono discordanti) che metterebbe in imminente pericolo gli orsi bianchi.

Il video ebbe 2,5 milioni di visualizzazioni. Racconta la piagnucolosa Greta Thunberg: “Ricordo che quando ero più piccola, i nostri insegnanti ci facevano vedere video della plastica negli oceani, orsi polari magri e stremati. Piangevo ogni volta davanti a quei filmati.” Poi, il video viene ripreso in documentari allarmistici sul clima e citato in articoli in tutto il mondo. Molte persone sono ancora convinte che gli orsi polari si stiano estinguendo.

In realtà il calo vertiginoso della popolazione ursina non si è mai verificato. Mai. Anche gli autori del video hanno dovuto ammetterlo. L’autrice del video ha scaricato le responsabilità sulla rivista: “National Geographic si è spinto un po’ troppo oltre con la didascalia”. Ma intanto la bufala dell’estinzione degli orsi bianchi si è diffusa. Conclude Shellenberger: “la disinformazione sugli orsi polari mostra chiaramente come le storie che si raccontano sul cambiamento climatico abbiano scarso fondamento scientifico.”

Un altro “mito verde” smascherato dall’autore è quello delle “salvifiche” energie rinnovabili, in realtà costose e inefficienti: i tempi di ammortamenti di un pannello solare è di decenni. Inoltre la quota di elettricità derivanti dai pannelli diminuisce di anno in anno. Un parco eolico richiede un’estensione di suolo pari a 450 volte quella di una centrale a gas. In compenso, contro il nucleare la disinformazione operata dai verdi è stata smascherata in molti casi. Ma loro lo ammettono: “Penso che il gioco sporco sia accettabile se c’è un fine nobile” ha spudoratamente dichiarato un esponente della potente lobby ecologista Sierra Club.

Molti altri dati, informazioni, analisi si possono trovare in questo libro, il cui disvelamento della disinformazione verde è sistematico e documentato, con una bella prosa scorrevole e aneddotica che si fa leggere con piacere, ma anche con un po’ di rabbia. Ma è quello che ci vuole.

Franco Battaglia, Non esiste alcuna emergenza climatica, 21mo Secolo

Il professor Franco Battaglia, docente di Chimica Fisica all’Università di Modena e prima ancora all’università della Basilicata, di Roma Tre, ricercatore in Germania, in diverse Università negli Stati Uniti e anche consulente del Ministero dell’Ambiente, prima che l’Unione Europea ci obbligasse a cambiarne il nome dandogli l’ideologica e mistificante definizione di Ministero della Transizione Ecologica.

La competenza del professor Battaglia è quindi indiscutibile. Editorialista de LaVerità, da anni conduce, facendo onore al suo cognome, una strenua lotta contro le bufale climatiche e soprattutto gli elevatissimi, e non sempre trasparenti, costi economici, sociali e anche culturali della cosiddetta, appunto, transazione ecologica. Il provocatorio titolo del suo libro: Non esiste alcuna emergenza climatica, è un coraggioso grido di guerra contro le falsificazioni ecologiste.

Nell’introduzione viene citato uno dei maggiori studiosi di Fisica dell’Atmosfera, Richard Lindzen, docente al M.I.T. di Boston: “Le generazioni future si meraviglieranno, attonite, di come agli inizi del XXI secolo il mondo sviluppato sia stato colpito da panico isterico per un aumento della temperatura media a livello mondiale di pochi decimi di grado e di come, sulla base di grossolane esagerazioni delle proiezioni fatte al computer, assai incerte, abbia avviato un totale rovesciamento dell’era industriale”.

Il libro, completato da numerosi grafici e con una innegabile impronta scientifica pur rimanendo un testo divulgativo, dimostra una serie di cose. Innanzi tutto che i cambiamenti climatici ci sono sempre stati, sulla Terra, in un susseguirsi di periodi più caldi (ognuno dei quali significativamente definito optimum climatico) e più freddi. L’ultimo optimum climatico avvenne intorno all’anno 1200, quando in Inghilterra si coltivava la vite e i vichinghi colonizzavano la Terra Verde, cioè la Groenlandia.

Inoltre smentisce che possa essere dimostrata una correlazione tra l’emissione del cosiddetto “gas serra” (definizione, tra l’altro, di ben scarsa scientificità e atta a impressionare l’opinione pubblica) e il riscaldamento climatico. Quindi: “quella del riscaldamento globale d’origine antropica e del timore di aumento di eventi meteorologicamente estremi come conseguenza delle attività umane che immettono anidride carbonica in atmosfera è un colossale falso scientifico sconfessato dai FATTI. E scrivo la parola a lettere maiuscole perché sono i FATTI l’unico metro valido per attribuire giudizio di attendibilità a una congettura scientifica.”

Poi Battaglia, come Meotti e Shellenberger, smonta la retorica dell’energia fornita dal vento e dal sole. Il motivo è semplice: “Il fatto è che l’umanità ha bisogno di disporre di energia nel momento stesso in cui essa è richiesta. Energia erogata quando non richiesta (come quella dei venti o della radiazione solare corrente) è inutile.” Non solo: queste “energie rinnovabili” sono finanziate con soldi pubblici e con sovrapprezzi imposti sulle bollette. Tutti noi, ad esempio, paghiamo i “parchi” di pale eoliche che impestano e rovinano i nostri panorami e sono acusticamente inquinanti; oppure i vasti “campi” di pannelli solari che sottraggono suolo all’agricoltura di qualità.

Assai meritoria è anche, nel libro, la documentata dimostrazione che l’affermazione: “gli scienziati sono concordi sull’origine antropica del riscaldamento globale” è semplicemente falsa. Innumerevoli sono i “dissidenti”: sono ormai non poche le raccolte di firme e le petizioni di scienziati per mettere in guardia i leader politici, gli altri scienziati e l’opinione pubblica da questa menzogna. Battaglia cita ad esempio la lettera aperta sottoscritta da più di duecento scienziati italiani, climatologi, geologi, geofisici, tra i quali anche nomi noti come Antonino Zichici e Franco Prodi nella quale si affermava chiaramente che l’origine antropica del riscaldamento globale è una congettura non dimostrata.

O ancora una petizione internazionale di oltre 800 scienziati, tra cui Premi Nobel, dal titolo poi ripreso per il libro: “Non c’è alcuna emergenza climatica” (There is no climate emergency). Commenta amaramente Battaglia: “Queste petizioni non solo rimangono inascoltate, ma soprattutto sono ignorate dai media che controllano l’informazione. I media sono a loro volta controllati da gruppi finanziari che hanno deciso di arricchirsi, a spese di tutti noi, imponendo tecnologie di produzione energetica farlocche.” Ancora una volta, siamo alla censura: i firmatari della petizione italiana chiesero all’Accademia dei Lincei di poter esporre le loro ragioni. Dopo un primo assenso e a seguito di successive pressioni politiche e giornalistiche, l’Accademia si rimangiò l’autorizzazione, nonostante l’opposizione alla conferenza provenisse da uno solo dei membri dell’Accademia, che Battaglia definisce, giustamente “scienziato” con le virgolette.

Ecco perché questi libri sono importanti: servono a decostruire la censura, i luoghi comuni, le disinformazioni, le menzogne. Vale la pena acquistarli e leggerli.

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