Nello scrigno segreto del C’era una volta… – rubrica quindicinale di fiabe, curata e illustrata da Elena Manetti

Parte seconda: le fiabe regionali del Piemonte

Molto spesso, ai giorni nostri, quando si parla di forza femminile, si pensa immediatamente alla forza fisica che una donna può avere. Ma in realtà la vera forza femminile è quella spirituale, una forza che, se usata nella maniera più corretta, può far pura anche al diavolo in persona.

Care mogli, succede spesso che i vostri mariti vi facciano perdere la pazienza? Probabilmente sì (come a volte loro perdono la pazienza con voi), ma è sicuro che non è affatto necessario arrabbiarsi. La vera forza della donna stanno nell’ amore e nella pazienza. Infatti, come ci ricorda questa leggenda piemontese, la donna ne sa sempre una più del diavolo.

 

Il fatto era avvenuto così: un giorno un canestraio molto abile e molto attivo doveva recarsi, come al solito, nella città vicina per portare al mercato le sue canestre. Ne aveva ammucchiato un gran carico sopra al carro e si era messo in viaggio con la sua figliuola.

Il carico era molto pesante: era stata appunto la sua figliuola a volerlo così grosso, per evitare di dover fare due volte la strada. Ma lungo il cammino, a metà di una salita, il carro inceppato dietro rotaie profonde si fermò e non si mosse più.

«Ih… aho!…»

Il brav’uomo sudava e s’affaticava per spingere su il cavallo, la sua figliuola lo aiutava con tutte le sue forze, ma tutto riusciva vano. Ad un certo punto l’uomo perdette la pazienza e rivoltosi contro la figlia si mise a urlare:

«Dai e dai, a furia di caricar roba, vedi il guaio che hai combinato? Adesso siamo qua e finiremo col perdere le migliori ore del mercato. Ah! Venisse qualcuno che mi aiutasse a tirarmi d’impaccio… fosse anche il diavolo, ti darei a lui. Così avresti quello che ti meriti.»

Non aveva finito di parlare, che si vide davanti un bel pezzo d’uomo giovane e aitante, che non si sapeva donde fosse spuntato.

«Che c’è?» dice senza perdere tempo il nuovo venuto «vi si è inceppato il carro? Vi aiuto io.»

Una mano al canestraio e una alla figlia, in men che non si dica il carro è in cima alla salita, e poi seguita ad andare veloce e senza sforzo come una barca sulle acque calme.

Il canestraio, giunto in città, chiese al giovanotto che cosa dovesse per il suo disturbo; e l’altro rispose tranquillamente:

«Ma è chiaro, siamo già d’accordo. M’avete chiamato voi e m’avete promessa vostra figlia in sposa…»

«Come?» balbetta bianco di paura il canestraio «Voi sareste dunque il diavolo?»

«Il diavolo in persona; voi mi avete invocato quando eravate negli impicci, io sono accorso, ed ora esigo il compenso promesso. La ragazza mi piace.»

Lì corse una lite. Il canestraio, sebbene avesse l’abitudine di strapazzare la figliuola, in fondo le voleva un gran bene; e poi darla al diavolo gli garbava meno che mai. Ma ogni discussione fu inutile. Ad un certo punto il diavolo passò il braccio intorno alla vita della ragazza, si levò per l’aria e scomparvero insieme in un attimo, lasciando il povero padre a piangere e a disperarsi.

Pianse per parecchio tempo, degli anni addirittura. E piangeva ancora una sera d’inverno, ch’era solo nella sua triste e fredda casa, quando uno sconosciuto entrò come una raffica di vento dalla porta spalancata.

Era quel giovanotto aitante che gli aveva portato via la figliuola: portava una gerla sulle spalle e disse al canestraio:

«La vostra figliuola vi manda a salutare e mi ha incaricato di portarvi questa roba.»

Appena dette queste parole, il diavolo, secondo il suo solito, svanì via misteriosamente, ed il vecchio sbalordito aprì il canestro per vedere ciò che conteneva. Come ebbe sollevato il coperchio, con grande meraviglia, vi trovò dentro un bambino che dormiva.

Il cuore gli fece un balzo: quel piccino assomigliava tanto alla sua figliuola, che egli comprese subito trattarsi di un suo nipotino. Gli sembrò che fosse finita la solitudine, ripose la creatura a letto e, stanco per l’emozione, le si distese accanto e s’addormentò anche lui.

La sera dopo, altra visita del diavolo, e anche questa volta il maligno portava una cesta con dentro un altro bambino un po’ più piccolo del primo. Che era mai avvenuto?

Per capire come era andata la cosa, bisogna tener presente che la donna sa mettere nel sacco anche il diavolo, e quella brava figliuola del canestraio era riuscita non solo a farsi rispettare dal suo pericoloso marito, ma anche a ridurlo alla più perfetta obbedienza.

Ora la giovane donna, stanca di vivere insieme col diavolo, aveva risolto di tornare a casa sua. Naturalmente non voleva lasciare a lui i suoi bambini, ch’erano tre, e, facendo finta di mandare al padre della roba da mangiare, ne aveva spediti, col trucco che abbiamo visto, i primi due. La cosa diventa più difficile per il terzo. Questo era più grandicello e bisognava metterlo in un cestone.

Ma la giovane donna non si perdette d’animo. Mise il ragazzo in un cestone, lo caricò sulle spalle del marito e gli ordinò in modo che non ammetteva repliche:

«Bada, questo cestone è più pesante dei due precedenti. Ci ho messo del formaggio e del miele, perché mio padre abbia di che consolarsi. Guardati bene dal curiosare dentro e ricordati che, a furia di starti vicino, ho imparato anch’io le tue arti e so vedere da molto lontano. Se durante il viaggio tenterai di guardare nella cesta, io ti vedrò e ti romperò la schiena con la scopa.»

Il diavolo, che aveva una sacrosanta paura di sua moglie, andò in cucina, prese qualche cosa da mangiare, poi si caricò il cestone in spalle e si mise in viaggio.

«Accidenti come pesa!» diceva tra sé.

Del resto non gliel’aveva detto sua moglie?…

Ma a proposito, dov’era andata a ficcarsi sua moglie? Le diede una voce per salutarla, ma nessuno rispose.

«Sarà a dormire.» pensò il diavolo, e partì.

Questa volta ebbe a faticare sul serio e ogni tanto si fermava per riposare. Una volta anzi gli era venuta la tentazione di dare un’occhiata al contenuto del cestone, ma proprio nel momento che stava per levare il coperchio udì la voce di sua moglie che gli diceva:

«Guarda che ti vedo! Fa’ il tuo dovere e nient’altro.»

Impaurito, il diavolo si mise in viaggio, giunse tutto trafelato dal canestraio, gli consegnò il cestone e scappò via con un brutto presentimento. Il cuore gli diceva che questa volta sua moglie gli aveva ordito un brutto tiro.

Di fatti, giunto a casa, la trovò assolutamente deserta. Ebbe un bel cercare moglie e figli, questi si erano rifugiati in casa del canestraio e ce li aveva portati lui sulle spalle!

Furente per la rabbia corse di nuovo dal suocero, ma quando fu vicino alla porta quei di dietro gli rovesciarono addosso un secchio di acqua benedetta. Figurarsi l’effetto! Il diavolo scappò e fugge ancora adesso.

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