Nello scrigno segreto del C’era una volta… – rubrica quindicinale di fiabe, curata e illustrata da Elena Manetti

 

Questa storia segna l’inizio delle leggende del Piemonte, che saranno più numerose rispetto a quelle della Valle d’Aosta.

Il racconto pone un tema delicato, ma essenziale per continuare il cammino della vita.

Cari bambini, è bene scegliere il giusto, anche se ci fa soffrire?  Assolutamente sì! Il dolore, spirituale o materiale che sia, fa male, ma non ci deve fare paura. Dio ci ha concesso il libero arbitrio e Gesù è venuto sulla Terra per insegnare ad ognuno di noi a portare ed amare la propria croce.

 

 

 

Ma dove mai andava quel benedetto figliuolo, tutte le sere, per tornare tardissimo a notte alta? La povera madre non sapeva più che cosa pensare: il ragazzo aveva già vent’anni, ma non c’era verso di sapere nulla da lui.

«Ti dirò poi… vedrai… nulla di male.». Questa era la sua risposta.

E intanto dimagriva e mutava di carattere; diventava cupo, scontroso. La gente diceva: «Già, si sa, è stregato!».

Ma la madre volle sapere a tutti i costi: era mamma, figurarsi!

Una sera, prima che il fanciullo partisse come al solito per il suo viaggio misterioso, finse di attaccargli un bottone e gli legò di dietro al vestito il capo di un gomitolo, che, per precauzione, aveva già fatto benedire in chiesa.

Partito lui, la donna cominciò a lasciare scorrere tra le dita il filo e attese di vedere quant’era lontano il luogo dove si recava il suo ragazzo.

«Misericordia, forse non sarà sufficiente!» pensava tra sé. Invece, quando quasi non c’era più filo, il gomitolo cessò di svolgersi: il giovane era dunque giunto alla sua meta. Allora la buona donna si mise in cammino lungo la traccia e, cammina cammina, giunse alla Preiagrossa[1], un’enorme scheggia di roccia caduta dal monte in mezzo ad un prato. C’era la luna, e sopra la Preiagrossa, oh che meraviglia, sorgeva una casa splendida! La madre, trepidando, avanzò verso una finestra illuminata e scorse, dentro, suo figlio ai piedi di una donna di bellezza meravigliosa. Per lo stupore, la povera vecchia gettò un grido. Fu come quando si soffia sopra una bolla di sapone: in un istante tutto svanì, case, luci, donna. La madre si ritrovò davanti allo scheggione di roccia deserto, col capo del suo ragazzo serrato sul petto. Ma il giovane, che ormai aveva il cuore incantato, inveì contro la povera madre, e la sera seguente tornò con l’ansia di rivedere la bellissima donna.

Chi era mai quella donna? Una fata, una strega? Mah! Egli sapeva solo che ella era la più bella creatura del mondo e che voleva sposarla a tutti i costi.

La trovò difatti, ma tutta in lacrime:

«La mia regina» gli disse la donna misteriosa «m’impone di lasciare questi luoghi, dopo aver recato un grave danno. Rovescerò contro i pascoli una fiumana d’acqua. Ma tu mi seguirai, vero? Io ti segnerò il cammino: stenderò lungo i prati e le rocce i miei lenzuoli, come segnale.»

All’indomani una spaventosa valanga d’acqua e di terra franò sui pascoli ricchi del paese, stroncò un bosco, distrusse vie e ponti. Il giovane assistette allibito a questa devastazione orrenda, e il cuore gli si straziava perché davanti alle acque maledette aveva visto l’ombra della fata di Preiagrossa guidare la fiumana, come le era stato comandato.

Passata la bufera, si vide sui monti erti una strana striscia biancheggiante, che pareva di neve fresca. Era la via tracciata dalla fata fuggitiva; ma il giovane non ebbe cuore di seguirla: sentì che v’era troppa distanza tra lui e quella creatura misteriosa che gli sfuggiva per sempre e, nonostante la passione che sentiva per lei, rimase con sua madre.

Tuttavia l’enorme scheggia di roccia ancora si vede in mezzo ai campi; e i suoi monti, nelle notti dopo i temporali, si scorge una striscia di bianche nuvole.

È ancora la bella fata misteriosa che segna il cammino al giovane innamorato.

 

 

[1] Termine derivante dalla lingua piemontese, che significa Pietragrossa.

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