I nipotini scemi del sessantotto sono sotto choc. C’è chi la Storia la spiega seriamente – di Pucci Cipriani

La scomposta reazione di alcuni pseudo-intellettuali per  la fiction “Gli anni spezzati”, ispirata ai libri di Luciano Garibaldi, dimostra che il grande giornalista e storico ha fatto centro, spezzando il monopolio dei dogmi sinistrorsi. Se ne parlerà ancora, in un convegno che si terrà a Firenze venerdì 7 febbraio.

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anni spezzati

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di Pucci Cipriani

“…è andato in onda su Rai Uno uno scempio, di cui la Rai dovrebbe chiedere scusa, e i politici …dovrebbero chiedere conto. Insegno storia da cinque anni nei licei, e tutto il lavoro che io, come centinaia di migliaia di insegnanti di liceo e di università, faccio per cercare di raccontare, far conoscere, semplificare, provare a condividere e indagare insieme, negli anni Settanta viene smerdato da una roba come la trilogia-fiction intitolata “Anni spezzati”. Uno dei prodotti peggiori realizzati in Italia negli ultimi anni…Un prodotto nocivo, venefico, viscidamente diseducativo…(che ha avuto come consulente storico) Luciano Garibaldi, la cui bibliografia è pubblicata da piccolissimi editori in odore di post fascismo tipo Nuove Idee o Ares… la vicenda  di Calabresi e Pinelli non è nemmeno revisionista : non è un’idea…”

Et voilà… Bingo! Ancora una volta Luciano Garibaldi – che ha pubblicato, nel frattempo, il suo quarantesimo libro storico : “Gli eroi di Montecassino”, vincitore del Premio Acqui, con gli Oscar Mondadori –  ha fatto centro e nella sua opera giornalistica e storiografica ha portato ancora una volta un punto dalla parte della Verità oltre a far venire allo scoperto i nipotini meno dotati del Sessantotto, di cui Christiam Raimo, ovvero il Signor Nessuno, autore di questo scritto apparso su “Minimumfax” on line, è un degno rappresentante. Sono serviti anche coloro che pensavano che simili incrostazioni di Comunismo reale (le “smerdate” nel linguaggio sessantottardo di Raimo) esistessero solo tra gli alti prelati latino americani (Braz de Avril e Oscar Rodriguez Maradiaga) o negli alti vertici del Vaticano nostalgici della teologia della liberazione, della guerriglia e del terrorismo comunista, condannati da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI.

Raimo è preciso e, nella sua saccenteria e arroganza che, in altri tempi, sarebbero degenerate in una denunzia al “braccio armato”, scrive del resto la verità: decine e decine di migliaia di professori e maestri di ogni ordine e grado, dopo aver visto le tre fiction televisive de “Gli Anni spezzati”, ma soprattutto dopo aver conosciuto, grazie anche e soprattutto a Luciano Garibaldi, che la Storia non va confusa con le “storielle” marxiste, al loro ingresso in classe si dovranno vergognare per aver insegnato ai loro ragazzi una serie di infamie e di bugie…

Sì, l’odio viene da lontano…Da quando negli anni Sessanta, fu pugnalato, in Parlamento, il Governo Tambroni, in odio alla Destra allora rappresentata dal MSI dell’onorevole Arturo Michelini.

Le correnti demoniacocristiane, in combutta con le camarille e le conventicole liberal dell’ Amministrazione Kennedy si accordarono con le sinistre per far cadere Tambroni, il quale non verrà pugnalato solo dai partiti ma , scrive Luciano Garibaldi : “anche da una parte della stampa  così detta benpensante che lo accusa di attentare alla democrazia. In particolare… L’Espresso, l’Europeo, Il Giorno. Che cosa spinge questi giornali borghesi a parlare lo stesso linguaggio de L’Unità o di Vie Nuove..? Bene, li spinge una cosa ben precisa: l’odio mortale per il MSI , la paura che Tambroni riesca a sdoganarlo introducendolo stabilmente nella maggioranza di governo. Una cosa simile accadrà con Berlusconi  dopo la famosa conferenza stampa di Bologna…”

Ebbene, fu il rischio corso con l’affaire Tambroni a spingere un gruppo di editori, da sempre schierati con la corrente “Azionista”, a voler trasformare i loro giornali in organi di battaglia antifascista. E Garibaldi fa i nomi di coloro che aprirono le porte del “media system” italiano ai comunisti (avanguardia di quella che diventerà una legione) : “…Adriano Olivetti, Carlo Caracciolo (fratello della signora Marella Agnelli), la famiglia Crespi di Milano, la famiglia Perrone di Genova. Ad essi, ben presto si aggiungeranno quelli della famiglia Agnelli, proprietaria de “La Stampa”, Mondadori\ Formenton di Milano, il finanziere Carlo De Benedetti e una miriade di capitalisti di provincia , proprietari di quotidiani ed emittenti televisive locali.”

E dopo, con il centro sinistra, e l’inverecondo tradimento demoniacocristiano, ecco l’assalto delle sinistre alla Magistratura, agli enti locali, alla burocrazia, alla TV di Stato e, soprattutto alla scuola; infatti emergeranno miriadi di “professori” che già si erano iscritti alle facoltà letterarie nel dopoguerra dopo il patto scellerato tra De Gasperi e Mattioli per cui fu decretato: alla democrazia cristiana le banche, al partito comunista la scuola…

Quando scoppiò il Sessantotto, dietro i miti del consumismo americano e della Rivoluzione culturale cinese, i contestatori prima, i terroristi poi, troveranno già il terreno preparato… a cominciare proprio dalla stampa dove: “infuria – scrive ancora Garibaldi – una mandria di giornalisti faziosi e politicizzati che inventano il golpe di Destra e spianano la strada… alla mangiatoia generalizzata PCI – DC – PSI, attuata attraverso una legislazione infame (strapotere della Magistratura, scuola ai somari, chiusura dei manicomi, equo canone etc etc)… Così come allora, le piccole mosche cocchiere di quel giornalismo da cekisti e guardie del popolo sono oggi (l’articolo è apparso su “Controrivoluzione” del 1996 n.p.c.)  i direttori dei più importanti e venduti quotidiani  e settimanali e dei più seguiti e ascoltati telegiornali”.

Garibaldi, con la sua coerenza e il suo coraggio, durante gli “Anni di Piombo”, era redattore capo del settimanale   “Gente” (milioni di copi vendute) che allora davvero faceva opinione, e lì esercitò la sua penna tagliente e le sue indiscutibili doti di cronista e scrittore di razza, raccontando, la vera storia delle “sedicenti” (per loro) Brigate Rosse e i crimini del terrorismo rosso,  a cominciare dal rapimento del suo e mio amico, il Giudice Mario Sossi, che, con l’aiuto del Nostro, raccontò la sua allucinante avventura di quegli interminabili trentacinque giorni trascorsi nel “covo” delle Br in un “carcere del popolo”… per spiegare agli italiani e specialmente ai giovani quale spaventosa ideologia di morte si nascondesse dietro l’ideologia rivoluzionaria…

immagini che da sole parlano del “sessantotto”

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SCIOPERO GENERALE, ASSEMBLEA NEL TEATRO LIRICO IN VIA LARGA, SCONTRI E TAFFERUGLI DI LAVORATORI CON LA POLIZIA, NEI QUALI MUORE L'AGENTE ANNARUMMA, LAVORATORI TENTANO DI BLOCCARE JEEP DELLA POLIZIA ANNO 1969 682

Luciano Garibaldi pagò poi quel suo coraggio e quel suo anticonformismo che lo avevano reso famoso: “Nel 1982 il terrorismo rosso si sgonfia da solo. Tutti, comunisti compresi, tirano un respiro di sollievo. Penserete che sia finalmente giunto – è sempre L. G. che scrive – il momento di regolare i conti all’interno delle redazioni. Permettete di rispondervi con una sonora risata. Giacché chi ha tenuto duro negli anni difficili viene smobilitato e mandato a casa, ma proprio a casa. Tant’è che, se ha necessità di continuare a prendere uno stipendio, deve trovarsi un posto a ‘Mani di Fata’, a ‘Tutto Uncinetto’, a ‘Starbene’ e a qualche rivista specializzata in automobili… Mi sono sempre domandato perché Rusconi, agi inizi degli anni Ottanta, abbia demolito, con la vecchia redazione di ‘Gente’ , un nucleo di giornalisti capaci di tener testa a ‘Panorama’, all”Espresso’ e a qualsiasi altro settimanale di sinistra radical-chic di quella risma . E mi sono convinto che fu per cedere a pressioni politiche che gli imponevano di farla finita con quel giornalismo da Vandea, da ultimi giapponesi nella giungla, se voleva continuare a ottenere contratti pubblicitari dalla Sipra e se voleva sperare di cedere la sua zoppicante televisione, Italia 1… e qui mi fermo perché i nomi e i cognomi dei giornalisti che vent’anni fa assaltavano le trincee dell’informazione e che oggi ne dirigono le conformistiche schiere, li conoscete tutti: basta comprare un importante giornale in edicola e cercare il nome del direttore”.

Ecco, tutta questa vicenda spiega come ormai la scuola (quello che è rimasto della scuola) sia in mano a elementi come il signor Raimo – Nessuno, abbeverati ai testi di Marcuse e alle semplificazioni bignamesche di don Milani per cui l’Iliade e  ‘I Promessi sposi’ sono stati scritti in odio agi operai perché incomprensibili, per cui andranno riscritti… da Raimo e compagni, e con la scuola la stampa e la cultura siano in mano a questi “cazzerellini tutto pepe e sale” – tanto per usare le parole del Carducci – che tremano al pensiero che i loro alunni scoprano una storia “altra”… per cui meglio marchiarli subito con l’epiteto di “fascista”.

Luigi-CalabresiRiportare all’attenzione del popolo di oggi i fatti di ieri è fare opera di pedagogia. Calabresi prima che dai killer di “lotta Continua fu ucciso da quei firmatari che si gettarono sul povero commissario come avvoltoi firmandone la condanna a morte: “… Una ricusazione di coscienza, che non ha minor legittimità di quella di diritto, rivolta ai commissari torturatori, ai magistrati, persecutori, ai giudici indegni. Noi chiediamo l’allontanamento dai loro uffici di coloro che abbiamo nominato, in quanto ricusiamo di riconoscere in loro qualsiasi rappresentanza della legge, dello Stato, dei cittadini”.

Qualche nome degli ottocento firmatari che troverete nel libro di Garibaldi? Eccoli : Bernardo Bertolucci, Norberto Bobbio, Lucio Villari, Luigi Comencini, Duccio Tessari, Folco Quilici, Nanni Loy, Giovanni Raboni, Renato Guttuso, Andrea Cascella, Carlo Argan, Carlo Levi, Inge Feltrinelli, Gae Aulenti, Paolo Portoghesi, Alberto Moravia, Enzo Enriques Agnoletti, Camilla Cederna, Tiziano Terzani, Pierre Carniti, Eugenio Scalfari (da poco passato, con papa Francesco, al rango di “Padre della Chiesa” n.p.c.), Massimo Teodori, Umberto Terracini, Giorgio Amendola, Gian Carlo Pajetta, Giorgio Bocca, Furio Colombo e… mi fermo qui perché mi ha preso il vomito nel visitare queste “periferie esistenziali”…

Insomma un grazie a Luciano Garibaldi, a cui consegnai, nel 1990, il “Premio Londa”, proprio per il suo primo lavoro sul Commissario Calabresi (scritto a quattro mani con la moglie Gemma Capra), che ora riappare con il titolo “Il Commissario” (Ares) e in cui fa luce su un periodo assai buio della nostra storia come magistralmente scrive Marcello Veneziani nella sua prefazione:

“Garibaldi ripercorre in modo appassionato e incalzante… la vicenda Calabresi, preceduta dal caso Pinelli – che Garibaldi tratta con il rispetto che merita – e dal caso Valpreda, con rimando alla vicenda Tortora e al sequestro Sossi, per poi tuffarsi in quel tunnel misterioso delle stragi senza volto e senza mandante che restano come un macigno sulla coscienza civile e nella memoria divisa del nostro Paese… non fosse altro che per quell’errore collettivo di gioventù, quegli intellettuali (i firmatari della condanna a morte e i loro emuli n.p.c.) dovrebbero rendere omaggio a quel servitore dello Stato che pagò con la vita il fatto che aveva preso sul serio il suo compito , vorrei dire la sua missione. Non è mai troppo tardi per ammettere: sì, ci eravamo sbagliati. Calabresi era un galantuomo, un vero servitore dello Stato. Il furore di quegli anni ci ha oscurato la mente e inferocito gli animi, ma Calabresi fu uno dei pochi che lasciò a noi ragazzi degli anni Settanta la residua speranza nello Stato, nell’amor patrio, nella fedeltà alla propria missione.

Quando sento parlare oggi di fedeltà alla Costituzione, vorrei ricordare che altri, come Calabresi, scontarono sulla propria pelle la fedeltà non a una carta, ma a uno stile, a una patria, a uno  Stato. Che li mandava allo sbaraglio e poi si dimenticava di loro; e ciononostante i cavalieri come Calabresi partivano alla carica”.

 

sossiEro giovanissimo alla fine degli anni Sessanta quando, a sera, sfilava nei  cortei del Movimento Studentesco  una fauna di nullafacenti inebetiti dagli spinelli ed eccitati dagli slogan rivoluzionari, carichi di  odio verso tutto e tutti; gente che si nutriva del mito del “Che” Guevara (“trasformerò l’uomo in un fredda macchina per uccidere”)  e si scagliava contro quello che ancora in Italia funzionava: la scuola (“borghese”) e le forze dell’ordine che avevano il “peccato originale” di stare dalla parte dello Stato e dell’Ordine, appunto…si invocava la saldatura tra lo studentume sessantottardo e i gli operai, che, però, rimasero estranei alla contestazione globale e soprattutto al terrorismo, mentre invece ci fu – data anche la stessa qualità dei personaggi – la saldatura tra gli studenti e i “compagni delle carceri “; quando, a sera, i contestatori tornavano a casa stanchi ed eccitati, prima di uscire nuovamente, per le occupazioni notturne delle Università, venivano rifocillati dalla servitù in livrea. Era la rivoluzione dei “figli di papà” o dei “piscialletto”, come li definì il Generale De Gaulle o dei borghesi “leccaculo come i vostri papà”, come ebbe a scrivere Pier Paolo Pasolini, in una sua lirica, dopo i fatti Valle Giulia, dove i “Signorini” –  allora ci fu una saldatura tra i contestatori di sinistra e i rappresentanti della falsa destra neopagana che, dopo, si ritroveranno nel GRECE –  si scagliarono , uniti, contro la polizia e, naturalmente, noi della “vecchia e cara destra reazionaria e cattolica”, parteggiammo (allora come oggi) per le forze dell’ordine contro il cialtronismo sessantottardo, inneggiando alla gragnuola di sante manganellate che si riversarono sulla folte chiome dei figuri in eskimo dove i parassiti  avevano fatto il nido.

I cortei dei nullafacenti in servizio permanente effettivo passavano per le città, bloccando, per ore e ore, il traffico, impedendo alla gente di raggiungere il posto di lavoro e, intanto, venivano scanditi quei famigerati slogan rivolti alla polizia: “Piesse – Esse esse; PS= SS” e ai carabinieri del battaglione mobile che portavano il basco nero : “Camerata – Basco nero  – Il tuo posto – è al cimitero!”

Con il tempo anche gli slogan faranno un salto di qualità : “Uno, dieci, cento, mille Ramelli \ con la sbarra tra i capelli” grideranno le giovani canaglie dopo che, dopo aver aggredito il ragazzo, gli sfonderanno il cranio, con fuoruscita di sostanza cerebrale…

Gli assassini di Sergio Ramelli (1975) sanno dove andare : sono dieci studenti di medicina e hanno deciso di dare una lezione a Sergio che in un tema, messo in bacheca dall’insegnante, aveva osato scrivere contro la violenza che regnava nelle scuole… e allora bisognava dare una lezione a questo fascista che, all’uscita di casa, viene braccato dopo che, il giorno prima, una ragazza, Brunella Colombelli, aveva fatto un sopralluogo indicando il percorso che il ragazzo avrebbe fatto per andare a prendere il motorino. Luigi Montinari e Claudio Colosio si piazzano nella strada di Sergio davanti a una vetrina… Claudio Scazza e Gianmaria Costantini si posizionano sul lato opposto. Altri due ancora , Antonio Belpiede e Franco Castelli, prendono posizione in fondo alla via, per precludere una eventuale via di fuga. Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo , invece, aspettano sul marciapiede, davanti al portone e con le chiavi inglesi che tengono nascoste nell’Università… aprono il cranio a questo “reazionario” di destra e lo colpiscono più e più volte: così la giustizia proletaria di questi “figli di papà”…

All’indomani quando in Consiglio Comunale a Milano viene annunziata alla morte di Ramelli si leva dai banchi della sinistra e di parte della DC un applauso…mentre in classe l’insegnante di lettere di Sergio, quella che aveva abbracciato la causa di AO, si giustifica affermando: “Del resto a Roma sono più forti i neri… a Milano noi”…

Il 18 aprile il “Quotidiano dei Lavoratori” così chiosava la morte di Sergio Ramelli: “Braccati, isolati, messi allo scoperto, presto fuorilegge anche formalmente, gli assassini neri (sic) reagiscono con la ferocia della disperazione: è un lavoro della paura, il loro. Segno che bisogna insistere e bastonare il cane che affoga.”

Amen!

Ma quella gente , prima ancora che entrassero in azione i “commando” assassini delle Brigate Rosse e di  Prima Linea , avevano già  aperto la “caccia” con l’uccisione dell’agente di PS Antonio Annarumma e, poi, con quella del Commissario capo Luigi Calabresi, alla cui morte “Lotta Continua” esultò : “E’ un gesto che rivendichiamo e in cui si identifica tutto il proletariato” e poi una lunghissima scia di sangue tra cui il Magistrato Coco con tutta la sua scorta, il Magistrato Alessandrini, il Colonnello dei Carabinieri Galvaligi… e poi quel sangue “di destra” che “non conta” perché “uccidere un fascista non è un reato”… e allora via con Ugo Venturini (1970), Carlo Falvella, il ragazzo salernitano a  cui l’anarchico Marini spaccò il cuore in due, punito così per il reato di “esistere”, Virgilio Mattei e il fratellino Stefano di otto anni(1973), bruciati vivi in casa perché rei di essere figli del netturbino segretario della sezione del MSI di Primavalle, Emanuele Zilli(1973), Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola (1974), Mikis Mantakas (1975), Mario Zicchieri (1975), Avv. Enrico Pedenovi (1976), Angelo Pistolesi (1977), Franco Bigonzetti, Francesco Giavatta e Stefano Recchioni (1978), Alberto Giaquinto, Stefano Cecchetti e Francesco Cecchin (1979), Angelo Mancia (1980), Paolo Di Nella (1983)…tanto per fare qualche nome…

Omicidi orrendi quasi tutti impuniti…

Solo in un caso, grazie al pentimento sincero e commuovente di Leonardo Marino,  uno dei tre del “commando” che fece fuori il Commissario Calabresi, furono, finalmente, processati Sofri, Bompressi e Pietrostefani e si scatenò l’inferno perché avevano osato toccare gli intoccabili:

“Credo che ‘Italia  – chiosava il giornalista Massimo Fini – riuscirà a sbarazzarsi di molte cose, forse anche di una classe politica corrotta, ma non degli intellettuali ex sessantottini. Nonostante non abbiano fatto altro che passare di fallimento in fallimento, di corbelleria in corbelleria, son sempre lì, inossidabili al tempo e a se stessi, pronti a impartire lezioni con la sicumera e la iattanza di sempre. Per dieci anni gli allora sessantottini hanno gridato per le piazze e le strade d’Italia le loro certezze nella rivoluzione prossima ventura. E guai a contraddirli: c’era la spranga. Dopo anni di chiacchiere… inconcludenti, sufficienti comunque a rovinare qualche loro coetaneo più serio o più sprovveduto o in buona fede, questi rivoluzionari con la benedizione di mamma e papà, l’assicurazione e la mutua, si sono sentiti delusi. E hanno preso a strillartelo nelle orecchie come se il colpevole fossi tu. Una delle loro caratteristiche è infatti che la colpa è sempre degli altri. In quanto alla pena, il caso Sofri docet, non hanno mai pensato che la cosa potesse riguardarli. Per troppo tempo sono stati abituati a far la rivoluzione con il ritorno garantito a casina loro”.

E poco male fossero restati  a casina loro… il male è che ci buttano tra i piedi gli ultimi prodotti della “rivoluzione” … i loro figliolini e nipotini scemi che, se è vero che il meglio delle famiglie rimane sempre sotto terra, figuriamoci cosa siano questi rampolli insolenti ai quali, nella scuola, ahimè, vengono affidate le nuove generazioni.

Il fatto che Luciano Garibaldi abbia fatto sussultare le ultime incrostazioni (“smerdate”, Raimo dixit) di Comunismo reale, dopo quelle dei vertici delle gerarchie vaticane,  è per lui un merito grande : finalmente il suo quarantennale lavoro di studioso e di cronista controcorrente, con la presentazione, di queste due sue opere : “Il Commissario” (Ares) e il “Giudice” (Ares), ha avuto il suo giusto riconoscimento. E’ proprio vero che : “Dio non paga il Sabato”.

2 commenti su “I nipotini scemi del sessantotto sono sotto choc. C’è chi la Storia la spiega seriamente – di Pucci Cipriani”

  1. Da questo articolo stimabilissimo come da quello sul Liceo “Volta”abbiamo la lampante dimostrazione che la democrazia, instaurata e propagandata, è una truffa perversa; non garantisce la giusta libertà, largisce la libertà abusiva, genera corruzione intollerabile, obbliga a sottostare all’empietà (laicismo).
    Non si tratta dell’Italia d’oggi, più o meno è sempre stato così dappertutto, sotto ogni regime democratico. Quando ci fu il “meno” fu perche si veniva ancora dal rispetto, almeno formale, della Legge eterna e si viveva ancora un poo di rendita.

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