NOVITA’ EMERGENTI DAL SILENZIATO MARGINE DESTRO – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

 

Correvano i primi, tumultuosi anni Sessanta, quando un giovane e sagace militante nel Msi, Gianfranco Legitimo, scoprì  negli scritti del Beato Giuseppe Toniolo e fece propria la teoria della “democrazia organica”, quale forma ideale di una politica d’ispirazione cristiana perfettamente indenne da suggestioni moderne e/o modernistiche. Estraneo alla suggestione totalitaria, Legitimo proponeva una democrazia conforme alla tradizione italiana ossia “sfrondata dai paludamenti meccanicistici e livellatori retaggio delle moderne ideologie”. Naturalmente la sua proposta cadde nel vuoto democristiano e nell’aperta ostilità dei laici. Non era pensabile che un giovane esponente della cultura emarginata impartisse una lezione ai democristiani, cattolici adulti in cerca di un compromesso tra verità cattolica ed errore lib-lab. Sull’altra fronte non era tollerabile che un giovane scrittore appartenente alla fazione perdente e infamata, proponesse ai partiti radicati nella vincente area dei laicisti illuminati una ragionevole alternativa alla teoria della sovranità popolare, feticistico e intoccabile pilastro dalla costituzione italiana e prevedibile fomite di violazioni del diritto naturale. Se non che il tempo è galantuomo e concede il diritto all’immobilità solamente ai paracarri. I giudizi, nel tempo, mutano e le ostinazioni traballano. Finalmente i disgraziati effetti delle leggi abortiste e divorziste, promulgate dall’oligarchia radical chic nel nome del popolo sovrano e dell’intoccabile costituzione, e il trapasso del potere democratico agli insaziabili gabellieri piovuti dal cielo della finanza strozzina, suggeriscono un’aggiornata e spregiudicata riflessione sulla non più impertinente e irricevibile proposta di Legitimo.


legitimo

Gianfranco Legitimo

 

Nel 1963 l’editore e mecenate Giovanni Volpe pubblicò “Sociologi cattolici italiani”, un’antologia curata e introdotta da Gianfranco Legitimo, giovane e appassionato studioso, militante in quella destra missina, che purtroppo si rivelò incapace di stimare, assimilare e valorizzare le qualità dei talenti educati dalla generosa e feconda area dell’attivismo post-fascista.

Amante della fedeltà canina praticata nelle fascia bassa dell’attivismo e ostile al senso critico dei giovani dotati di attitudine allo studio, la classe dirigente del Msi isolò e penalizzò i militanti più vivaci e creativi. Il destino politico di Legitimo, pertanto, fu simile a quello di Fausto Gianfranceschi, Enzo Erra, Fausto Belfiori, Giano Accame, Silvio Adorni, Primo Siena, Tazio Paltronieri, Paolo Caucci, Pucci Cipriani, Maurizio Blondet e Marcello Veneziani, studiosi tenuti a freno davanti alla salita, che fu invece agevolmente superata, grazie alle spinte della miopia politica di Almirante, da creati appartenenti alla classe opaca ma ligia dei Fini, dei La Russa, dei Matteoli, degli Urso, dei Granata, dei Briguglio e dei Bocchino.

Se non che la memoria degli emarginati sopravvive ostinatamente e felicemente all’effimero successo ottenuto (per interposto cavaliere nero) dalle comparse senza qualità.

A cinquant’anni dalla pubblicazione, l’ampia prefazione di Legitimo all’antologia degli scritti del Beato Giuseppe Toniolo manifesta l’attualità, che compete a un pensatore acuto, che ha previsto le trasgressioni ratificate dalla sovranità popolare e ha indicato la via d’uscita dalla degenerazione democratista e oligarchica della giurisprudenza moderna.

E’ invece arduo immaginare che la memoria della rumorosa e applaudita impresa finiana a Fiuggi sia desta fra cinquant’anni.

In discussione ad ogni modo non è la curiosa metafisica del male assoluto ma la teoria illuministica intorno all’assolutismo democratico.

Il disastro causato dalla finanza truffaldina di Bernard Madoff ha fatto scivolare il potere politico nella mani pulite del Tempio dell’Alta  Finanza, esemplarmente servito dagli oscuri e inflessibili esecutori di un progetto fiscale iettatorio, concepito in un orizzonte malthusiano e perciò inteso a castigare severamente la plebe incontinente, consumista e scialacquatrice.

Il populismo festante nel 1789 è lontano anni luce. I grigi servitori del potere finanziario possono mettere in riga gli eletti dal popolo sovrano senza incontrare resistenza e senza suscitare proteste violente.

La credibilità dei partiti, intanto, si disperde nei rivoli che alimentano il fiume impetuoso e masochista dell’antipolitica.

Il popolo si separa tranquillamente dal fantasma della sua sovranità: nel margine della democrazia residuale sindaci di grandi città italiane sono eletti dal venti per cento degli aventi diritto al voto.

Il partito degli usurai gongola nella fruizione della bulgara maggioranza astensionista e vanta la sua affidabilità davanti a una piazza occupata e vanamente agitata dagli scapigliati attori del cabaret e dai disciplinati protagonisti del sottobosco letterario benedetto dai giornalisti stipendiati dall’ingegnere Carlo De Benedetti.

Ora la via d’uscita dalla dittatura bancaria è stata indicata da Legittimo nelle meditate ma taglienti obiezioni che Toniolo indirizzava “alle concezioni meccanicistiche dell’individualismo liberale e del collettivismo marxista“.

Legitimo apprezzò e condivise le tesi di Toniolo sulla democrazia organica, che avevano in qualche modo anticipato la dottrina di Pio XII sulla inautenticità e la fragilità della democrazia fondata sulla massa anonima anziché sul popolo.

Pio XII perfezionò il concetto tonioliano di democrazia confutando la leggenda dello stato demiurgo e stabilendo la precedenza della società ordinata: “Lo stato non contiene in sé e non aduna meccanicamente in un dato territorio un’agglomerazione amorfa d’individui. Esso è, e deve essere in realtà, l’unità organica e organizzatrice di un vero popolo. … Dalla esuberanza di vita d’un vero popolo la vita si effonde abbondante, ricca nello Stato e in tutti i suoi organi, infondendo in essi, con vigore incessantemente rinnovato la consapevolezza della propria responsabilità, il vero senso del bene comune”  (Radiomessaggio del Natale del 1944).

Puntualmente Legittimo rammentava che Toniolo aveva definito la democrazia “come quell’ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifluendo nell’ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori“.

Di qui la coraggiosa riabilitazione dei corpi sociali: “la corporazione è la base necessaria di un’organizzazione sociale effettivamente ispirata ai princìpi cristiani e rispondente insieme al concreto bisogno (avvertito da Toniolo) di unità armonica connaturato al corpo sociale e urgentissimo oggidì”.

L’essenza della democrazia pertanto non dipende da “una specifica forma di governo. Essa è un concetto etico sociale prima che politico, e coincide con un’azione sociale volta al bene comune, la quale può compiersi, almeno in linea di principio, con qualsiasi forma di governo“.

Il bene comune, che è l’unica ragione dei vincoli civili “trae seco logicamente e realmente un beneficio speciale più copioso in pro dei ceti più numerosi”.

Toniolo aveva dimostrato che l’autentica dottrina del bene comune  discende da “alcunché di nuovo, di originale, di singolarissimo che sgorga dall’essenza stessa della vera ed unica religione, dalla sua sapienza, dal suo amor; ed è la sollecitudine, lo zelo, la preoccupazione incessante ed assorbente per gli umili, per i deboli, per i poveri, per le moltitudini.

La novità cristiana aveva dato vita “al nuovo concetto della proprietà, che non è più una somma di diritti soltanto ma ancora di doveri, di qui la disciplina di esso, mercé cui l’interesse individuale si coordina a quello generale, di qui l’annullamento ancora dei patti leonini nei contratti agrari, la proibizione dei monopoli nelle transazioni commerciali, la condanna delle usure nel traffico del capitale”.

Nell’alterna vicenda della storia il Magistero cattolico rimase fedele al principio ispiratore della sua azione civilizzatrice: “infrenare i forti e sorreggere i deboli“.

Non si può dimenticare che la Chiesa cattolica istituì rifugi e difese per i popoli minacciati dalle feroci invasioni barbariche. Che riconobbe il diritto alla libertà dei comuni italiani e costituì un argine contro l’esorbitanza del potere imperiale. Ostacolò l’attività degli usurai (memorabili le prediche di San Bernardino da Siena) ed istituì i monti di pietà per intralciare l’immorale attività dei banchieri. Resistette all’intromissione negli affari ecclesiastici delle monarchie assolute e tracotanti. Si oppose tenacemente agli abusi dell’aristocrazia  libertina e illuminista. Approvò e incoraggiò la resistenza alle rivoluzioni moderne, in Vandea, in Italia, nel Tirolo e in Spagna, e pubblicò confutazioni esemplari delle teorie liberali e comuniste. Esercitò una benefica influenza nell’Italia fascista senza mai rinunciare al diritto di criticare gli errori dei neohegeliani. Tentò di impedire il naufragio della Democrazia cristiana, mostrando gli erro e le incongruenze del cattolicesimo liberale.

La via d’uscita dalla tirannia oggi esercitata in nome delle fittizie virtù predicate dai maghi della finanza è visibile nella storia del Cristianesimo non dalle interminabili e fatue discussioni sui meccanismi elettorali, sulle strutture del potere sulle ammucchiate ideologiche.

Il contributo della cultura di destra alla rinascita dell’Italia dipende dall’uscita dal modello almirantiano del partito a mente plurima (et tutto et il contrario di tutto) dunque può e deve essere intitolato alle geniali e attualissime riflessioni di Legitimo sulla dottrina di Toniolo.

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