di Rita Bettaglio

(vedi anche il blog dell’Autore)

non festa

 

Premetto, a scanso d’equivoci, che io la bandiera italiana l’ho sempre messa al balcone (e anche quella americana), quando qualcuno, foraggiato coi soldi dei contribuenti, si esibiva al grido di “una, dieci, cento Nassirya”.

Oggi, invece, mi sono rifiutata. Niente tricolore, niente retorica e patriottismo improvvisamente ritrovato.

Sono cresciuta negli anni ’70, quando chi osava pronunciare la parola ‘patria’ era additato come fascista e mio padre, che aveva fatto il fronte russo (a 18 anni e da volontario, lo voglio dire con orgoglio), doveva rimangiarsi le proprie sofferenze e far finta  di non averle mai patite. Allora la patria non doveva esistere o, al massimo, era il paradiso in terra dei proletari, l’URSS. Con buona pace dei diccì addomesticati di cui Pio XII, giustamente, ha sempre diffidato.

Ora che sul colle c’è chi nel ’56 plaudiva ai carrarmati sovietici (e non se n’è mai pentito) sono diventati tutti patriottici per decreto presidenziale.

La tv di stato sono mesi che c’intossica di ‘balle’ risorgimentali e, ovviamente, orde di trinariciuti sono felici di crederci. Chè se qualcuno si prendesse il disturbo di studiare un po’ di storia, vedrebbe che c’è ben poco di vero nell’epopea risorgimentale.

Anzitutto non fu un movimento popolare, anzi, quasi ovunque il popolo si sollevò contro i piemontesi. Per rimanere nelle vicinanze, ricordo che Genova, sollevatasi contro gli invasori sabaudi, fu bombardata per 36 ore, dal 5 aprile 1849, dalle truppe piemontesi e inglesi. Si mirò alle abitazioni civili e all’ospedale di Pammatone. I genovesi resistettero eroicamente fino all’11 aprile. Il 26 novembre 2008, il consiglio comunale di Genova, su richiesta del Movimento Indipendentista Ligure, ha fatto apporre sulla statua del re Vittorio Emanuele II in piazza Corvetto, una targa che ricorda i tragici fatti dell’aprile 1849

Il testo della targa recita:

«NELL’APRILE 1849
LE TRUPPE DEL RE DI SARDEGNA VITTORIO EMANUELE II
AL COMANDO DEL GENERALE ALFONSO LA MARMORA
SOTTOPOSERO L’INERME POPOLAZIONE GENOVESE
A SACCHEGGI BOMBARDAMENTI E CRUDELI VIOLENZE
PROVOCANDO LA MORTE DI MOLTI PACIFICI CITTADINI
AGGIUNGENDO COSI’ ALLA FORZATA ANNESSIONE
DELLA REPUBBLICA DI GENOVA AL REGNO DI SARDEGNA DEL 1814
UN ULTERIORE MOTIVO DI BIASIMO
AFFINCHE’ CIO’ CHE E’ STATO TROPPO A LUNGO RIMOSSO
NON VENGA PIU’ DIMENTICATO
IL COMUNE DI GENOVA POSE.

Questo solo a Genova. Per motivi di spazio (e perchè molti e competenti storici ne hanno parlato profusamente), tralascio tutte le altre sollevazioni popolari e l’odio anticattolico che guidò molte azioni dei cosiddetti padri della patria. Lo stesso per il decisivo apporto massonico al processo di colonizzazione piemontese della penisola italiana, per la soppressione degli ordini religiosi e la confisca di tutti i beni della Chiesa da parte degli illuminati sovrani d’Italia.

Ma se devo stendere un velo di cristiano perdono, non posso dimenticare che la Questione Romana venne risolta nel 1929 da Benito Mussolini, che, spinto dal cattolicissimo fratello Arnaldo, lavorò molto per giungere alla pacificazione e incontrò molte difficoltà, ma giunse alla stipula dei Patti Lateranensi. Sì, Mussolini, quello cattivo,quello che non si può ammettere che abbia pur fatto qualcosa di buono anche lui!

Dall’ipocrisia, dalla retorica e, soprattutto, dall’ignoranza, ci salvi Iddio, per intercessione di due veri italiani, San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena!

 

17 marzo 2011

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