Per chi suona la campanella. Tutti a scuola dal Gran Maestro

L’uomo sarà felice solo quando avrà finalmente ucciso quel Cristianesimo che gli impedisce di essere uomo. Ma non sarà attraverso una persecuzione che si ucciderà il Cristianesimo, che semmai la persecuzione lo alimenta e lo rafforza. Sarà attraverso l’irreversibile trasformazione interna del Cristianesimo in umanesimo ateo con l’aiuto degli stessi cristiani, guidati da un concetto di carità che nulla avrà a che fare con il Vangelo.” (Ludwig Feuerbach, Essenza del Cristianesimo, 1841).

Serve un patto educativo globale per far maturare una nuova solidarietà universale e una società più accogliente, un nuovo umanesimo“. Così parlò il Gran Maestro? No, così parlò un tale che afferma di essere papa di una chiesa che si definisce cattolica.

Ergo, tutti i grandi e i piccini della terra (la lista degli invitati comprende “i rappresentanti delle principali Religioni, gli esponenti degli organismi internazionali e delle istituzioni umanitarie, scienziati e pensatori, economisti, educatori, sociologi e politici, artisti e sportivi“) sono ufficialmente convocati in Vaticano il prossimo maggio per sottoscrivere il Global compact on Education, oh yeah, e dialogare sul futuro del Pianeta (maiuscolo). Che dire, wow.

Il videomessaggio di Bergoglio apre l’anno scolastico riprendendo alla lettera l’auspicio umanista del bifido Conte per amplificarlo urbi et orbi (Sorry: all around the world), guarda tu la combinazione. Una manciata di giorni prima, infatti, nel prolisso quanto gramo discorso per la fiducia recitato alla Camera e spedito in ciclostile al Senato, il transpresidente del consiglio ex sovranista ex populista ex italiano aveva eletto a parola-chiave del suo programma autunno-inverno proprio il Nuovo Umanesimo, ovvero quell’”orizzonte ideale che mette al centro il primato della persona e i diritti” ovviamente in vista di una “società più giusta, solidale e inclusiva” e della realizzazione, nientemeno, che di un Green New Deal. Tutto all’insegna della Sobrietà dell’Uguaglianza e dell’Unità (maiuscole). Per inaugurare la nuova stagione riformatrice del governo del cambiamento (da se stesso), l’alter ego di se stesso aveva pensato bene di attingere alla migliore grammatica del pensiero unico di tradizione massonica, divenuto bibbia global-popolare del politicamente corretto.

E ora lo stesso identico pacchetto, nella stessa identica lingua corriva ormai definitivamente acquisita dal prelato collettivo, viene rilanciato dal vertice della neochiesa che si premura di declinarlo sul piano, decisivo, della educazione delle nuove generazioni “affinché l’educazione sia creatrice di pace, di giustizia, sia accoglienza tra tutti i popoli della famiglia umana nonché di dialogo tra le loro religioni“. Che meraviglia, anzi, how wonderful.

ALLE RADICI DELL’IRENISMO TRASVERSALE Appena il tempo, dunque, di metabolizzare la farsa di palazzo col il discorsetto programmatico del maggiordomo incaricato, che uno se ne ritrova citati pari pari i ritornelli nel magistero della chiesa che fu cristiana, finalmente convertita alla religione planetaria dell’Uomo fatto dio e di Soros il suo profeta. 

Par di capire che il ghost writer dei due oratori sia più o meno lo stesso: uno zampino deve avercelo messo tale Edgar Morin, pensatore francese di cui Conte si dichiara grande ammiratore e che guardacaso si aggirava per Roma quest’estate, anche dalle parti del vaticano; uno con la fissa dell’uomo nuovo, dell’educazione del futuro, del governo democratico mondiale, della terra casa comune e di molte altre belle cose in odore di loggia. Uno che va matto per la Laudato Sì, che riesce persino a definire un’enciclica epocale “per una nuova civiltà“. Commuove il tripudio di complimenti circolari tra giganti del pensiero contemporaneo, fratelli nella fede della nuova religione umanista, atea ed eco-planetaria. Fratelli, appunto. Fratelli di quella fraternité che vuol dire in buona sostanza, come ci spiegava monsignor Delassus, “la distruzione di tutte le barriere tra individui, famiglie, nazioni per lasciare il genere umano abbracciarsi in una Repubblica universale“. Del resto, le istruzioni dell’Alta Vendita lo dicevano: “Quello che noi dobbiamo domandare, quello che dobbiamo cercare e aspettare, come gli ebrei aspettano il Messia, è un Papa secondo i nostri bisogni“. La missione parrebbe compiuta. 

D’altra parte, si è scoperto che l’affettato carneade spuntato fuori dal cilindro con la qualifica di avvocato degli italiani, altro che outsider, altro che dilettante allo sbaraglio, non è che il prodotto di punta, pluriaccessoriato, uscito dal laboratorio politico del deep state ecclesiastico, “burattino” (così lo chiamava l’europoide Verhofstadt, mica noi) evidentemente designato fin dal principio della sua sfolgorante carriera a scongiurare ogni spinta sovranista e populista per convogliare un gregge recalcitrante nell’ovile di Bruxelles: pupillo del cardinale Achille Silvestrini – il longevissimo, potentissimo esponente della diplomazia vaticana, regista di quella mafia di San Gallo che ordì il golpe bergogliano – Conte è stato covato con amore nell’incubatrice del collegio Nazareth fondato dallo stesso Silvestrini e di cui l’attuale segretario di stato Pietro Parolin fu rettore. Lo avevamo lasciato tra i guastafeste sfasciasistema (interfaccia presentabile della brigata) e ce lo ritroviamo, come per incanto, a sguazzare nello stagno clericalprogressista dove galleggiano tutti i papaveri sempreverdi del vivaio democristiano, a partire dai vari capi di stato (in carica, emeriti, fu, candidati): da Mattarella a Napolitano a Ciampi a Scalfaro a Prodi, giusto per fare qualche nome. Un intreccio indissolubile di fratellanze altolocate.

GLOBAL COMPACT ON EDUCATION Da oggi quindi, che fortuna, possiamo dire di disporre di una summa teologica ufficiale – secondo un approccio olistico, direbbero lorsignori nella loro lingua esoterica – di quel pedagogismo globalista in salsa umanitaria che già da decenni pervade ogni piega del sistema scolastico ed educativo italiano, assicurando ai nativi in via di sostituzione un sicuro e confortevole stato di analfabetismo, funzionale alla pacifica instaurazione della nuova tirannide globale.  

Finalmente, il programma contro-culturale imposto alle masse a uso e consumo del Potere, è presentato nero su bianco come frutto maturo di una santa alleanza, sempre più fraterna, tra oligarchie laiciste e gerarchie ecclesiastiche. Nel nome di Greta e dell’ecologismo, di don Milani e dell’egualitarismo, di don Ciotti e della legalità, e delle altre icone sintetiche in predicato di beatificazione trasversale a cui vengono di volta in volta abbinati i dogmi portanti della religione unica umanitaria dalla implacabile vocazione fondamentalista (nel senso che tutti coloro che non vi si convertono sono ipso facto fuori dalla civiltà). 

In ogni caso, quale fosse il disegno da portare a termine e quali fossero i suoi artefici era chiaro anche prima del lancio in pompa magna del patto educativo globale. 

Ci rendiamo conto che non suona molto elegante dire che lo avevamo detto, ma di fatto lo avevamo proprio detto, e ripetuto, qui su Ricognizioni: la saldatura sempre più ermetica tra tecnocrazia e neochiesa per conquistare il monopolio della educazione, ovvero per abbattere ogni retaggio propriamente culturale (e spirituale) e imporre una rieducazione collettiva all’insegna della omologazione corriva e massificante, è il passaggio decisivo di una manovra tanto imponente quanto risolutiva, quanto passivamente subita da tutti coloro che in teoria dovrebbero opporvi qualche resistenza, vuoi per mestiere vuoi per vocazione. 

La convergenza delle parallele è stata possibile grazie a un’opera meticolosa di omogeneizzazione pilotata dei valori di riferimento: nel sistema di pseudo-valori artefatti, orecchiabili e a buon mercato propri della teologia onusiana e mondialista sono confluiti senza sforzo i cascami del cristianesimo contraffatto e così il tutto ha potuto assumere per tutti – senza distinzione di razza, lingua, sesso, credo politico o religioso – il volto rassicurante della cosa buona, giusta, moralmente edificante, apparentemente cristiana. Miracoli del dialogo e della condivisione.

Il Global compact on Education, non potevamo sperare in un nome più bello, è la copertina patinata di un lavoro certosino che parte da lontano, delle cui tappe abbiamo dato conto a più riprese su queste colonne mettendo insieme nel tempo tante tessere di un mosaico ben più articolato di ciò che appare a prima vista. Il timbro vaticano suggella e benedice un piano risalente di deculturazione profonda, di colonizzazione educativa gioiosamente autoinflitta che ha spazzato via la nostra cultura e un ethos millenario lasciando un vertiginoso vuoto pneumatico in cui attecchisce ogni ideologia. 

Facciamo dunque un piccolo collage di ciò che qua e là avevamo scritto e che ora, illuminato dal proclama di cui sopra, può offrire nuovi spunti di riflessione e, forse, magari, qualche stimolo alla resistenza.

LAVORI PREPARATORI: COVER BOYS, COVER GIRLS, ASSISTENTI E COLLABORATORI Nel parlare dell’operazione don Milani – imponente spiegamento di forze per il rilancio in grande stile di un idolo mai tramontato – spiegavamo come il teorico della scuola egualitaria (nel senso di votata a conseguire l’uniformità dell’ignoranza senza confini) fosse, in effetti, la figura dotata delle migliori referenze per diventare il simbolo della nuova missione “educativa” coerente con la strategia di demolizione culturale già inaugurata da decenni in sua memoria da schiere di maestri di fede giacobina: chierico rivoluzionario, pedagogo riformatore, intellettuale inquieto, utopista e trasgressivo, il prete di Barbiana è apparso subito il biscotto ideale da inzuppare nella brodaglia di pensieri e parole del repertorio mondialista d’avanguardia, cerniera perfetta tra il progressismo laicista e quello parareligioso, già attratti l’un l’altro da molte affinità elettive nonché strategicamente complementari. Ecco dunque che, nonostante il donmilanismo come metodo pedagogico abbia ispirato edificanti esperienze quali quella del Forteto, don Milani ha continuato e continua a rimbalzare trionfalmente in ogni ambiente, sacro e profano, per essere additato a modello dell’”educatore appassionato per una scuola aperta e inclusiva” (come da dichiarazione congiunta di Fedeli e di Bergoglio in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della morte). E tutti lo celebrano suonando le stesse note dello stesso spartito, con l’accompagnamento sinfonico di un’orchestra mediatica sempre intonata al “la” della regia.

La coppia Fedeli/Bergoglio, apparsa così affiatata in diverse apparizioni pubbliche, è una bella raffigurazione plastica della sintonia tra due mondi distinti solo in apparenza. La straordinaria corrispondenza di amorosi sensi tra l’inquilino di Santa Marta e l’ex inquilina del MIUR, è confermata dalla loro esibizione letteraria a quattro mani, il cui titolo, tratto dal prontuario di formulette pedagogiche prêt à porter reperibili nelle fonti europee e di rimando in quelle autoctone (leggasi: buona scuola), è già tutto un programma: Imparare a imparare. Legati l’un l’altra da solida fede globalista oltre che da una non comune levatura culturale, i coautori si sono suddivisi il lavoro come si conviene e il primo ha sottoscritto il testo, la seconda la prefazione del capolavoro, affidato poi alla casa editrice Marcianum Press fondata dal patriarca emerito di Venezia, il ciellino Angelo Scola. Una grande famiglia, insomma, tutti fratelli in un’unica fede. 

Visto con il senno del poi, il libro di Bergoglio prefatto dalla Fedeli (uscito nel 2017) acquista un suo pregnante perché. Una sorta manuale di istruzioni per l’evento planetario in gestazione. Leggiamo dalla presentazione che “la centralità della scuola nella società è un fatto non irrilevante che papa Francesco ribadisce continuamente e questo non per fare di essa un luogo dove si accumulano saperi, ma un centro dove si sviluppano valori e verità di vita“. Di straordinaria profondità anche le allora riflessioni della insigne prefattrice che, felice abitatrice del mondo nuovo delle ministre e dei ministri, delle papesse e dei papi, afferma con tutta l’autorità che le compete: “Sono fermamente convinta che si debba e si possa rilanciare un patto educativo tra scuola, genitori e società. Un patto che metta al centro le studentesse e gli studenti, che riconosca e valorizzi (anche in termini economici) il ruolo fondamentale delle e dei docenti, un patto che sia fondato sulla consapevolezza che la formazione delle nuove generazioni è un investimento decisivo non solo per lo sviluppo personale delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, ma per il futuro dell’intero paese“. 

Abbiamo dato conto, in più circostanze, di come meriti, attitudini e potenzialità della signora Fedeli nel campo della Pubblica Istruzione evidentemente andassero ben oltre quelli ricompensabili banalmente con un ministero o la prefazione di un saggio papale. Appena conclusa la sua missione al governo, la senatrice munita di licenza media è stata voluta, fortemente voluta, dal presidente John Elkann al posto di Sergio Marchionne nel consiglio di amministrazione della Fondazione Agnelli, sebbene ostasse una causa di incompatibilità ai sensi della normativa sul conflitto di interessi. Troppo preziosa per lasciarsela scappare, la ministressa emerita diversamente istruita dallo sfavillante curriculum. Sappiamo infatti come la Fondazione Agnelli rivesta un ruolo fondamentalissimo in tema, come recita il sito, “di politiche scolastiche, evoluzione della didattica, formazione di docenti e dirigenti della scuola e della università e sistemi di valutazione dei singoli istituti“. E come tra l’altro ogni anno, attraverso il proprio osservatorio Eduscopio, compili le pagelle delle scuole, pubbliche e private, di ogni comune e provincia italiani, in modo che le classifiche orientino i flussi di materiale umano secondo le esigenze del mercato e dei suoi signori. 

Che il grande capitale privato abbia istituzionalmente una parte di tanto rilievo nella definizione della politica educativa dello Stato – ciò che dovrebbe afferire più di ogni altra materia al bene comune di una nazione – la dice molto lunga sull’obiettivo vero che i veri decisori, al di là delle passerelle dei governi pro tempore, perseguono con la loro opera di demolizione permanente.

In effetti abbiamo visto e illustrato come ci sia un motore immobile, schermato alla vista dei più, che regge le sorti della educazione e da decenni detta la linea agli esecutivi di tutti i colori: un gotha industrial-finanziario, formalmente esterno alle istituzioni ma ufficialmente acquattato sotto il loro ombrello, che mette a frutto risorse inesauribili per esercitare la più penetrante e risolutiva forma di dominio sulle masse da addomesticare all’esistenza e allo stato permanente di servitù: il dominio che consiste nell’impossessarsi dei cervelli in via di formazione. Come ci dice l’Europa, la parola d’ordine è “credere fortemente nel potenziale trasformativo dell’istruzione“. Lorsignori ci credono.

LA FABBRICA DEGLI SCOLARI L’officina in cui vengono elaborate le politiche educative eseguite dal MIUR e dall’intero apparato burocratico centrale e periferico fa capo a un think tank chiamato TreeLLLe (Life Long Learning), fondato nel 2001 da Umberto Agnelli e di cui la Fondazione Agnelli è ovviamente attore protagonista. Alla TreeLLLe, il cui telos (pardon, mission) è instaurare una “società dell’apprendimento permanente“, appartiene la créme dell’establishment italiano e straniero proveniente dal mondo della finanza e delle banche, dell’industria, della accademia, della comunicazione, dell’episcopato, dell’associazionismo e movimentismo ecclesiale (tutti compresi nella lista degli invitati al Global Compact on Education, of course). Attraverso “quaderni” periodici, il pensatoio formula e suggerisce ogni intervento riformatore (di fatto, è stato l’estensore occulto della “buona scuola”) e si avvale del contributo fondamentale degli enti di rilevamento nostrani e internazionali i quali, per mezzo di verifiche sistematiche sulle “competenze” e “abilità” degli studenti e sulla qualità delle offerte formative delle scuole, pilotano flussi di iscrizioni, finanziamenti, programmi, col chiaro intento di schiacciare l’apprendimento sull’orizzonte piatto e unidimensionale disegnato dalle logiche del mercato e del profitto e sui desolanti standard internazionali. Nel corpo proteiforme degli oracoli senza volto dai nomi arcani – INVALSI, OCSE, OCSE PISA, IEA, TIMSS, PIRLS e chi più ne ha più ne metta – dai vaticini inappellabili e intimidatori, sono incistate, manco a dirlo, strutture religiose, accademie curiali, movimenti ecclesiali. I gesuiti, come sempre, in prima linea. 

A ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, del fatto che tutti parlano lo stesso linguaggio e la torta è spartita tra chierici (e loro emissari) e laici, perché tra i poteri forti della tecnocrazia laico-massonica e il simulacro della chiesa che fu cattolica sussiste piena comunanza di intenti, di interessi, di obiettivi, di fede. E la partecipazione del sottosegretario di Stato Parolin al Bilderberg – giugno 2018 – è una bella cartolina, assai icastica, di questo paesaggio lunare.

È così che la scuola è invasa dagli “esperti. Perché, in attesa che anche i docenti delle materie fondamentali imparino il nuovo catechismo di ordinanza, ogni esperto insegna agli scolari un pezzo della nuova religione e tutti insieme collaborano alla catena di montaggio degli automi conformi, pacificati, obbedienti, apolidi, itineranti, chiamati a fornire manovalanza sempre fresca a servizio di una implacabile regia superiore. Tanti bravi “cittadini” della cosmopoli universale, perfettamente fungibili e perciò in via di rapida sostituzione e di progressiva autodistruzione, tarati sui criteri assorbenti dell’efficienza tecnico-economica.

Tanto è radicata l’idea distorta che la scuola debba essere un contenitore di distrazioni di massa ad alto contenuto ideologico, a scapito dell’apprendimento e del consolidamento delle conoscenze fondamentali, che persino il fu governo sovranista ha ritenuto di dare il proprio dirompente tributo alla costruzione sociale della superficialità come sistema e all’acquisizione generalizzata della paccottiglia pedagogica ecoglobalista. Lo ha fatto attraverso la riforma sulla (ri)educazione civica obbligatoria e belle trovate connesse, a dimostrazione del fatto che il virus del monopensiero ha contagiato anche quelli che a parole dicono di volerlo rifuggire, e li ha contagiati al punto da farli fieramente contribuire allo spappolamento seriale dei cervelli dei loro stessi figli.

Nell’era del totalitarismo demoplutocratico, trionfo della schiavitù consenziente, persino gli scioperi – storica e nobile arma dei deboli contro il potere – sono indetti e organizzati dal potere, in religioso ossequio alle agende degli organismi sovranazionali e con il concorso esterno dei media di regime, in un cortocircuito di senso indicativo dello stato di confusione generalizzata e di ebetudine diffusa. Lobotomizzati dalla propaganda, tenuti a digiuno di istruzione, i poveri ecocrociati restano appiccicati alla carta moschicida di qualche slogan farlocco e di qualche santino devozionale creato in laboratorio dai signori del discorso e si lasciano rastrellare a scuola, il loro luogo di lavoro, vittime inconsapevoli di aguzzini benpensanti e benparlanti. Nemmeno si lasciano sfiorare dal sospetto che uno sciopero promosso e sostenuto dall’intero apparato mediatico e istituzionale possa essere solo un grande spot a beneficio del potere assetato di potere. Piccoli schiavi crescono, a suon di Global Strike for Future, Climate Action Week, grete e gretini assortiti. Il neoministro Fioramonti, uno che ha imparato a imparare, e lo dimostra, incita gli scolari a marinare la scuola, accompagnato, ancora una volta, dal coro unanime dei suoi compagni di merendine, degli gnomi della burocrazia, dei Mattarella, dei Bergoglio, dei Soros e dei Morin. I “grandi” d’Italia e del mondo cantano tutti Laudato sì, mentre i loro camerieri in livrea, con pochette o con zucchetto, li nutrono e li ingrassano. E masse di umanoidi storditi, monocromi monofoni e unisex, danzano ebbri sulle macerie di una civiltà.

Parola d’ordine: nuovo umanesimo. Benvenuti nell’allevamento intensivo globale della gioventù ex italiana.

8 commenti su “Per chi suona la campanella. Tutti a scuola dal Gran Maestro”

  1. Che articolo! Da togliersi il cappello. Lo inoltrerò a un ragazzo di mia conoscenza, neolicenziato con ottimo voto da un liceo ovviamente allineato, ovviamente conformatosi a suo tempo allo sciopero dei gretini, cui l’inconsapevole “vittima di aguzzini benpensanti e benparlanti” ha entusiasticamente partecipato.
    Glielo invierò, nel suo tormentoso tempo di attesa di risultati di un test d’ingresso assurdo alla sospirata facoltà prescelta. Che San Giuseppe Moscati interceda per il bene della sua vita e del suo futuro.

  2. Oltre San Giuseppe Moscati preghiamo affinché intercedano TUTTI I SANTI, TUTTI GLI ANGELI, TUTTE LE ANIME DEL PURGATORIO (pregano tanto per noi!), perché ormai siamo in un mondo impazzito che sta distruggendo i valori cristiani, FONDAMENTALI per la salvezza dell’umanità!!!
    Il pauroso RELATIVISMO tanto combattuto da Ratzinger, si è infiltrato soprattutto nei giovani, e quindi, purtroppo non sanno più cosa è BENE e cosa è MALE….

  3. Carissima dott.ssa Frezza! Le faccio i miei più sentiti complimenti! Un articolo strepitoso e soprattutto scritto in onore alla Verità!
    È formidabile come riesca a chiarire senza “giri di parole” quei miei pensieri sospettosi che da tempo si aggirano sgomenti nel mio povero, lento cervello chiedendosi: “Che sta succedendo?!”.
    Grazie di cuore, aver fatto chiarezza aiuta molto anche se lascia la bocca amara per aver spalancato la botola da cui esalano vapori massonico-satanici!!!!

  4. Grazie! Diffuso a tutti i miei contatti ..consapevoli e non..del disastro in cui gradualmente siamo ormai precipitati. I non consapevoli sono la stragrande maggioranza..corifei del nuovo umanesimo neanche rendendosi conto della lobitomia. Solo una buona fede ..tuttavia non incolpevole ..può un minimo scusarli. Per il resto bisogna ringraziare e tenere desta la resistenza e “optare” Benedetto. Francesco.

  5. Ho lavorato molti anni nella scuola come docente al liceo e poi all’università. Confermo tutto. Mi chiedo però quanto siano colpevoli coloro che avrebbero dovuto intuire cosa stava avvenendo e non hanno capito o non sono voluti intervenire. Se penso a quante volte mi sono trovata da sola per aver indicato il mostro in arrivo mi viene da piangere. Ora è qui e non si può fare più niente, grazie ai cattolici di apparato che pensavano alle poltrone invece che a formare i giovani.

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