PER USCIRE DALLA CRISI: RISTABILIRE IL NON PRIMATO DELL’ECONOMIA – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

 

cdm

Giotto. Gesù scaccia i mercanti dal Tempio

 

 

La ripetizione di flebili invocazioni della soluzione miracolista e di disperate, tragiche fughe dal malessere economico/esistenziale, sono sintomi della fragilità generata dalla dismissione delle virtù, che animarono le vincenti reazioni degli italiani alle gravi e incubose sciagure del loro passato prossimo o remoto.

Rende testimonianza alle virtù di un popolo saggio, temperante e laborioso la miracolosa ricostruzione attuata dagli italiani in uscita dalla guerra sfortunata e sanguinaria, che aveva imposto severissime diete e insegnato arti povere – il rovesciamento di abiti e soprabiti lisi, l’allevamento delle galline nei giardini e nei terrazzi di città, il riscaldamento al fuoco di vecchi giornali trasformati in palle combustibili ecc..

Non l’economia ma le virtù risolvono i problemi dei popoli. La sede storica del vero benessere – propriamente detto letizia – non è la pancia ma l’anima immortale. Una società la cui anima è oscurata dal culto della ricchezza è destinata al regresso e all’infelicità.

Nel 1974, Michele Federico Sciacca osò sfidare la prevalente cultura materialista/edonista, urlante nelle radunate di conio sessantottino, affermando che i problemi economici non sono fondanti: “Sono invece radicali i problemi metafisico e ontologico, morale e religioso, quelli che pone l’essere dell’uomo, che dell’uomo stesso è la verità e il bene, i quali non possono ricevere una risposta esauriente dall’economia e dalla politica, ma dall’ontologia e dalla metafisica, cioè un’indagine sull’essere dall’essere” (“Prospettive sulla metafisica di San Tommaso“, Marzorati, Milano 1974).

Al seguito di Sciacca, anche gli eminenti studiosi intervenuti al convegno indetto dalla Fondazione Gioacchino Volpe per contestare il primato dell’economia, si trovarono d’accordo sulla necessità di resistere alla dittatura del fatto economico, pur senza nulla concedere alla tentazione di fuggire nei vicoli ciechi dell’eco-pauperismo.

Giovanni Volpe, al proposito, scriveva: “consapevoli che questo [negare il primato dell’economia] significava prendere una posizione chiaramente antimarxista, demitizzare la critica marxista basata sul dogma di quel primato ed insieme, per uscire dalla negatività della sola critica, avviare la ricerca di una nuova scala di valori in cui religione e morale, politica ed economia, scienza ed arte siano presenti in un ordine equilibrato ed aderente alle necessità profonde e complesse dell’anima e della città” (cfr.: “Il non primato dell’economia Sesto incontro romano 1978”, Premessa editoriale, Edizioni Volpe, Roma 1979).

La lezione di Sciacca e quella degli studiosi radunati da Giovanni Volpe, è stata purtroppo dimenticata dagli esponenti di una destra che professa con irremovibile ottusità la perdente fede liberista. Una scelta talmente sciocca da meritare l’articolo al vetriolo, pubblicato da Alberto Rosselli nella rivista “Storia verità”, per domandare quando i politici di destra impareranno a leggere gli atti della loro cultura.

Proveniente dal vertice della speculazione bancaria, la crisi attuale segna, infatti, il fallimento delle mitologie intorno alla mano magica del mercato e alla strategia del desiderio e ultimamente rilancia la cultura della destra tradizionale.

L’idea economicista del paradiso in terra si rovescia nella dolorosa riduzione della spesa fatua, nella collera impotente, nelle squillanti dietrologie e nella tragica decisione di suicidare.

Il rifiuto di chiudere gli occhi davanti alla desolante realtà permette di comprendere che la crisi ha origine dalla folle esorbitanza del desiderio di beni materiali.

L’incontrollato desiderio di ricchezza e di beni futili ha generato e potenziato gli invincibile motori della crisi: il vampirismo e l’avventurismo dei banchieri, la stupida e scandalosa avidità dei politicanti, l’asservimento dell’industria alla logica dello scialo consumistico, il culto dell’oggetto di prestigio e dello status symbol, il disprezzo salottiero della temperanza e della parsimonia e la parodia della solidarietà messa in scena dal palazzo.

Il sollievo alle vittime della follia economicista è offerto dalla misericordia cattolica, unico rifugio offerto alle vittime di un sistema senza bussola di ragione e senza pietà di cuore.

Solo dalla magistrale lezione impartita dalla vivente Carità cattolica e solo da essa i professori, che chiacchierano di economia da pulpiti traballanti, inutili e soporiferi, possono conoscere la via da percorrere in direzione di un’uscita dalla miseria morale e materiale del presente.

Fuori dalla Chiesa pullula l’aspettazione miscredente della cravattara beneficenza esercitata dal mitico Godot

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