di Marcello Foa
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Sulla stampa italiana non ne ho trovato traccia ma su quella svizzera sì. Il ministro degli esteri russo Seghei Lavrov martedì è intervenuto al Consiglio dei diritti umani dell’ONU, in corso a Ginevra, e un quotidiano autorevole come Le Temps ha sintetizzato il suo discorso con questo titolo: “Quando Lavrov dà lezioni alle democrazie“.Forse ironico nelle intenzioni e invece…
Sì proprio lezioni. Lavrov ha denunciato le Primavere arabe che anziché portare libertà e giustizia hanno provocato catastrofi umanitarie e ha denunciato altresì la strumentalizzazione dei diritti umani per raggiungere fini geostrategici ovvero ottenere cambiamenti di regimi schermandosi dietro una causa nobile.
Si è scagliato contro “una nuova lettura della Convenzione dei diritti umani” per imporre valori che non sono universali e a detrimento del principio dell’uguaglianza sovrana degli Stati”. Ha rivendicato la difesa dei diritti economici, sociali e culturali dei popoli che devono essere considerati alla stregua di quelli civili.
Si è allarmato per la rinascita dei movimenti neonazisti in Ucraina e nei Paesi baltici, che beneficiano dell’indulgenza e del silenzio di Stati Uniti ed Europa, ricordando che quest’anno cade il 70esimo anniversario del Tribunale di Norimberga e invocando l’intervento dell’ONU.
Ha accusato la Turchia di armare i terroristi dell’Isis e ha sottolineato l’ipocrisia degli europei che da un lato incoraggiano l’afflusso di rifugiati e dall’altro li maltrattano con politiche incoerenti.
No, quel titolo non era affatto ironico. E le dichiarazioni di Lavrov sono tutt’altro che irragionevoli. Mettono in luce un’altra verità, per quanto di parte, decisamente fondata. E scomoda, forse troppo scomoda per la nostra opinione pubblica che, per quanto libera, è assuefatta alle visioni monocromatiche della realtà propagate dagli spin doctor dei governi occidentali e soprattutto di quelli americani; visioni troppo spesso mendaci eppure mai punite e per questo costantemente riproposte attraverso media che brillano per conformismo e assenza di senso critico.
Gli straordinari successi delle intromissioni americane in Afghanistan, in Irak, in Libia, in Siria non ci hanno insegnato nulla. Ed è emblematico che a ricordarcelo sia proprio la Russia, che non sarà un campione di democrazia, ma che in politica internazionale ha ragioni da vendere.
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8 commenti su “Quando la Russia dà lezioni all’Occidente – di Marcello Foa”
Da sempre anticomunista, dico che attualmente i russi (ex Unione Sovietica comunista) stanno dimostrando di avere le palle! Pur con i loro difetti e seppur anche per interesse, sono i soli nella debosciata Europa a non allinearsi al perverso mondialismo massonico guidato dagli Stati Uniti. So che vi chiedo troppo, ma provate per un attimo a paragonare Renzi a Putin e Gentiloni a Lavrov… e, visto che ci siete, anche Bergoglio (Francesco) a Papa Sarto (Pio X). Siamo messi male!
Caro Ioannes, anch’io sono anticomunista da una vita (da quando ho dovuto sopportare i sinistri “figli di papà”, ben rifocillati di soldi e atei arrognti e presuntuosi, alla fine degli anni ’60, all’università), ma ora ho constatto che l’impero del male è passato a guida Usa, com dice lei, e che solo all’est si usa ancora il cervello, non lo si è messo all’ammasso. Per il confronto Bergoglio S. Pio X, io non ci provo nemmeno a farlo, dato che penso che papa Sarto non lo avrebbe voluto nemmeno come campanaro, quel comunista lì. Il suo ruolo è frutto unicamente dei comunisti e massoni infiltratisi nel clero, niente più, speriamo solo che la Divina Provvidenza ce ne liberi presto (anche semplicemente con le dimissioni, né? e cent’anni di salute per lui, ovviamente).
Mettiamoci in testa che l’Occidente è governato da cialtroni. L’abbattimento di Saddam Hussein, di Mubarak e di Gheddafi, tanto per citare, ha reso instabili le nostre frontiere e l’Occidente. Saranno stati dittatori sanguinari, ma garantivano stabilità tra popolazioni che non conoscono il significato di democrazia, ma solo il tallone di ferro del Corano attraverso califfi ed emiri, figure politiche, religiose e militari. Mentre i cialtroni che governano la Francia e i Francesi, la Gran Bretagna e gli Inglesi, gli USA e gli Americani adesso intervengono in Libia prima dell’espansione dell’Isis, dando a noi la leadership dell’azione militare. Mettendoci con ciò nel mirino giustificato dell’Isis, che si muove in Italia come un pesce nell’acqua, avendo noi qui – mi sembra – un milione e mezzo di musulmani, che non ci amano e che ci considerano infedeli e “dhimmi”, ossia tributari e cittadini di serie B. E disposti a collaborare con la buone o le cattive.
I cialtroni occidentali stanno ciurlando nel manico con la fantasiosa prospettiva di un governo unitario della Libia. La Libia è formata da tante tribù, che si odiano da secoli. Ricordo che da bambino mia zia, direttrice didattica a Bengasi, raccontava degli scontri tra tripolini e cirenaici. Il governo coloniale ne impiccava una decina e tutto si calmava per un po’… Forse dovrebbero usare ciò che usammo nel Sud Sudan, dove le maggiori tribù vantavano la rappresentanza del Fronte di Liberazione e volevano tutti gli aiuti per loro. Cosa avvenne? Gli Israeliani scelsero un militare di una piccola tribù – i Madi – e dettero gli aiuti in armi e vettovaglie tutte a lui.. Se gli altri gruppi volevano gli aiuti dovevano mettersi sotto le bandiere del Southern Sudan Liberation Front e del suo leader, il colonnello Joseph Lagu. Finito questo ciclo nel 1972, iniziò il cammino vittorioso del colonnello John Garang, sostenuto dagli USA.
Quindi, l’unica strada da battere potrebbe essere la scelta del governo…
… laico di Tobruk, con la sua potente e sicura retrovia dell’Egitto di al Sisi. A cui si potrebbero dare tutti gli aiuti militari e logistici, oltre a mercenari al di fuori di bandiere nazionali. Si dice che l’Africa non vuole più mercenari sul suolo del Continente. Ma vediamo che senza militari capaci gli Africani sono in genere incapaci, alla pari della maggior parte degli Arabi, a combattere guerre strategiche e tattiche, a meno che non abbino dietro il supporto di strateghi e strutture di intelligenze occidentali, eccetera. Quindi i mercenari servono ancora. Non dimentichiamo che 250 mercenari del 5 Commando anglosassone vinsero 20 mila Simba, guidato da cubani, cinesi e perfino da Che Guevara. Forse in Libia occorrerebbero mille e duemila mercenari, pure perché dovrebbero combattere anche i tripolini, che hanno una retrovia debole come la Tunisia. Prima di arrivare a questo, e con la leadership di Tobruk, forse l’ONU potrebbe convincere tutti a formare un governo di unità tribale…
… A questo ci credo poco. Forse la Libia dovrebbe essere divisa in due. Per intanto mandare in Libia soldati italiani sarebbe un suicidio politico. Soprattutto per il fronte interno che non vede l’ora che avvenga uno scivolone di Renzi. Pensiamo invece alle bombette islamiste in Italia e a tutte le recriminazioni che ne verrebbero contro la politica dell’accoglienza dei profughi dei governanti italiani e dello stesso Pontefice.
Ottima analisi e ottimo “giudizio” !!!!!
Sono d’accordo con quanto detto prima, giá espressamente sinetizzato dalla Siig. Paola B