RASSEGNA STAMPA – 26 – a cura di Rita Bettaglio

dall’Italia, dal Mondo – 3 luglio 2011

rassegna stampa

 

a cura di Rita Bettaglio

 

30/06/2011 14:22

PAKISTAN: CANCELLATO IL MINISTERO PER LE MINORANZE, RISCHIO IMPUNITÀ PER L’OMICIDIO BHATTI

Islamabad (AsiaNews) – L’omicidio di Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le Minoanze assassinato il 2 marzo scorso a Islamabad, rischia di rimanere impunito. Gli inquirenti sono divisi sull’ipotesi di chiudere il caso, mentre una parte della polizia punta il dito contro i talebani e al Qaeda, dopo il tentativo nei giorni scorsi di derubricare la vicenda a “problematiche interne” ai cristiani. Intanto il governo ha disposto la cancellazione del ministero federale per le Minoranze, declassandolo al rango di dipartimento provinciale, in un Paese in cui i cristiani continuano a morire per abusi o vendette personali.

Il funzionario di polizia Tahir Alam, capo del Comitato di inchiesta per l’omicidio Bhatti, ha chiesto l’archiviazione per mancanza di prove e di indiziati. Dopo aver interrogato 519 sospetti fra cui Mumtaz Qadri – assassino dell’ex governatore del Punjab Salman Taseer – egli ha spiegato che non vi sono elementi per risalire ai colpevoli. Il giudice ha inoltre firmato la scarcerazione di Muhammad Hafiz Nazar, arrestato nei giorni scorsi in circostanze sospette; il suo fermo è parso più un tentativo di sviare le tracce e declassare l’omicidio Bhatti a “problematiche interne” alla comunità cristiana.

Invece l’ispettore generale della polizia di Islamabad, sostenuto dal ministero degli Interni, punta il dito contro i talebani e l’ala fondamentalista legata ad al Qaeda. Dietro la morte di Shahbaz Bhatti vi sarebbe stata la mano di Ilyas Kashmiri e della sua “Brigata 313”. Egli è autore di diversi attacchi contro obiettivi sensibili in tutto il Paese e sarebbe morto circa due settimane fa in un raid dei droni statunitensi. Secondo il funzionario di polizia vi sarebbero “ragioni” sufficienti per credere che il gruppo estremista abbia operato per la morte del ministro cattolico.

Intanto il governo di Islamabad, in un piano più ampio di decentramento dei dicasteri, ha approvato la cancellazione del ministero federale, che da oggi viene declassato al rango provinciale. Per l’esecutivo la riforma federale è un “passo storico”, nel tentativo di dare ulteriore potere agli organi amministrativi locali. Tuttavia, esso rappresenta un nuovo segnale del clima di indifferenza e abbandono che vige in Pakistan, dove i cristiani continuano a morire per i motivi più futili e banali.

L’ultimo omicidio risale al 21 giugno: un impiegato comunale di Lahore, addetto alla pulizia delle strade, è stato accoltellato a morte da un negoziante musulmano. A scatenare la furia omicida di Muhammad Ilyas, che ha colpito più volte il 40enne e padre di quattro figli Abas Masih, il fatto che il netturbino non abbia risposto all’ordine di sgombrare l’immondizia dall’area antistante l’attività commerciale. In un primo momento le autorità della città hanno cercato di bloccare denuncia e inchiesta; infine, dietro pressioni della comunità locale, la polizia ha aperto un fascicolo e arrestato Muhammad Ilyas.


COREA DEL SUD: ONDATA ANTI-CRISTIANA, NEL MIRINO IL PRESIDENTE LEE

Seoul, 28/06/2011 (AsiaNews) – L’ondata di livore nei confronti dei cristiani sembra aver colpito anche la Corea del Sud, Paese tradizionalmente aperto alla libertà religiosa e dove la comunità cattolica è cresciuta del 10% in meno di dieci anni. Nella nazione è infatti in corso un dibattito molto acceso sulla laicità dello Stato dopo che il presidente Lee Myung-bak, nel corso di un incontro di preghiera nazionale, si è inginocchiato per pregare (nella foto) su invito del pastore protestante che dirigeva il raduno.

Le immagini sono state trasmesse da tutte le televisioni nazionali e hanno scatenato una ridda di polemiche. In Corea del Sud, circa la metà della popolazione si professa “non credente”; il rimanente si divide fra buddisti, cristiani e animisti. Dal punto di vista politico, poi, la Costituzione scritta dopo la divisione della penisola nel 1953 vieta una religione di Stato e impone con forza ai leader politici di “non innalzare una religione sopra un’altra”.

I leader sudcoreani che si sono susseguiti al comando di Seoul hanno sempre professato in pubblico un sostanziale ateismo: alcuni hanno dichiarato di appartenere a una fede, ma senza mai manifestarla in pubblico. L’ordine buddista Jogye ha definito le immagini di Lee in ginocchio “imperdonabili” e persino i media conservatori – espressione della parte politica del presidente – lo hanno attaccato con violenza.

Secondo una fonte di AsiaNews, il gesto del presidente è un “messaggio cifrato con cui ha cercato di farsi perdonare dalla comunità protestante, di cui fa parte da tempo, per averla multata pesantemente dopo l’invio non autorizzato di aiuti umanitari al Nord”. La politica attuale di Seoul nei confronti di Pyongyang, infatti, proibisce l’invio di generi alimentari o sanitari nel regime di Kim Jong-il.

Ma un gruppo evangelico, molto attivo e potente nel Paese, ha sostanzialmente ignorato il bando inviando farina e vermifughi. Il governo ha reagito imponendo una multa molto pesante e una sorveglianza continua per il leader della congregazione. E inginocchiandosi “ha cercato di chiedere scusa. Ma si è attirato addosso le ire di tutto il resto della nazione”.

SPAGNA: IN PROGRAMMA VEGLIE PRO-LIFE

Madrid, 01/07/2011 (Catholic News Agency).- In Spagna si svolgeranno più di 100 ‘veglie per la vita per chiedere un ripensamento sulla legge a favore dell’aborto.

Le veglie cominceranno dal 1 al 5 luglio. “Ci attendiamo che molte migliaia di persone, nelle 36 province spagnole, si riuniscano per chiedere l’abolizione della lege attuale e una nuova che rispetti la vita dal concepimento al naturale compimento”, ha dichiarato Gador Joya Verde, portavoce dell’organizzazione spagnola Diritto alla Vita.

La legge era stata approvata circa un anno fa, il 5 luglio 2010.

Joya ha aggiunto che l’organizzazione è mobilitata per chiedere una politica nazionale che aiuti le donne che vogliono dare il figlio in adozione piuttosto che ricorrere all’aborto.

Egli ha sottolineato che Diritto alla Vita non esprime solo la propria indignazione circa il problema dell’aborto, ma propone soluzioni che aiutino le donne incinte in difficoltà, compresa una nuova guida dal titolo “Congratulazioni, mamma!”.

La portavoce dei ginecologi di Diritto alla Vita, dott.ssa Sonsoles Alonso, ha detto che la guida include le informazioni necessarie per richiedere assistenza economica da parte dello stato, che, purtroppo, spesso è scarsa.

La Alonso assicura che la guida verrà distribuita ai medici e agli operatori sanitari, in modo che la possano dare alle pazienti.

Joya ha fatto notare che i rappresentanti pro-life si sono rivolti anche al leader del Partito Popolare, Mariano Rajoy, perchè firmasse un impegno ad abolire la legge sull’aborto nel caso fosse stato eletto presidente. Le elezioni politiche, salvo sorprese, sono attese per la primavera del 2012.

ROMANIA: BEATIFICAZIONE DI JÁNOS SCHEFFLER, MARTIRE PER LA FEDELTÀ AL PAPA

Instaurare omnia in Christo! Era il motto di san Pio X al quale il vescovo János Scheffler (1887-1952) si ispirò per orientare tutta la sua vita. La sua coerenza agli insegnamenti del Vangelo ben presto lo mise in conflitto con il regime comunista della Romania post bellica, che voleva obbligare i fedeli e i religiosi a creare una chiesa senza Papa. Se avesse accettato sarebbe diventato patriarca, invece, piuttosto che creare uno scisma preferì il carcere, dove trovò la morte. Domenica 3 luglio, a Satu Mare, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di Benedetto XVI, lo beatifica come martire.

Nato il 29 ottobre 1887 a Kálmánd (Camin), nell’allora Ungheria, da una povera famiglia contadina, Scheffler dopo l’ordinazione sacerdotale studiò per due anni presso la Facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana a Roma.

Nel 1942 fu nominato vescovo di Szatmár. Il 17 maggio fu ordinato dal primate d’Ungheria Jusztinián Serédi nella cattedrale di Szatmárnémeti. Tutta la sua attività pastorale fu rivolta alla protezione degli oppressi e dei perseguitati. Fondò inoltre seminari minori in tre città della sua diocesi.

Durante la seconda guerra mondiale il Governo ungherese, per intercessione del vescovo Scheffler, riuscì a porre fine agli arresti del vescovo greco-cattolico di Baia Mare Alexandru Rusu. Inoltre il presule aiutò numerosi profughi e quanti si trovavano nei centri di raccolta, specialmente gli ebrei.

Successivamente, con l’avvento del regime comunista, nel gennaio 1945 si recò personalmente dal prefetto e dal comandante sovietico per liberare dalla deportazione i suoi fedeli di origine tedesca. Nel 1946 venne informato che Pio XII lo aveva promosso alla sede vescovile di Győr, al posto del vescovo martire Vilmos Apor. Scheffler proclamò la sua obbedienza al Papa. Chiese però, per le gravi condizioni locali, di poter rimanere nella sua diocesi. La Sede Apostolica acconsentì. Visti i tempi difficili, monsignor Scheffler invitò i suoi sacerdoti a non implicarsi nella politica. Però non poté evitare lo scontro personale e della Chiesa cattolica con il regime. Il 19 luglio 1948, il governo sciolse unilateralmente il Concordato con la Santa Sede. La nuova legge sul culto non riconobbe l’esistenza della diocesi di Szatmár-Nagyvárad. Al vescovo venne impedita, quindi, ogni azione pastorale. Nel 1950 fu confinato a domicilio coatto a Kőrösbánya. Il governo voleva metterlo a capo di una Chiesa cattolica statale in Transilvania non in comunione con Roma. Poiché non accettò l’incarico, venne arrestato e processato. Rinchiuso nel carcere sotterraneo di Jilava, gli fu promessa l’immediata liberazione, nel caso avesse accettato di guidare la Chiesa cattolica autocefala romena. Al suo rifiuto, venne condannato ai lavori forzati e, a causa degli stenti e dei maltrattamenti, morì il 6 dicembre 1952.

(Fonte: Osservatore Romano)

UN ALTRO PAOLO: SCOPERTA NELLA CATACOMBA DI SAN GENNARO A NAPOLI UNIMMAGINE DELLAPOSTOLO RISALENTE AL VI SECOLO

A un anno dalla scoperta del cubicolo degli apostoli nelle catacombe romane di Santa Tecla, un’altra sensazionale scoperta si è verificata nelle catacombe di San Gennaro a Napoli. Il restauro di un arcosolio ha rivelato una grande figura di san Paolo che si rivolge e acclama verso una defunta.

L’immagine, riconducibile ai primi anni del VI secolo, si propone come una delle figure più intense e ieratiche della tarda antichità, prima che l’Apostolo delle genti sia tradotto in icona dalla civiltà bizantina. Il suo volto, estremamente espressivo e caratterizzato dalle peculiarità fisionomiche di un filosofo, si avvicina alle sembianze delle rappresentazioni romane coeve e di quelle che ricalcano l’immagine, messa in luce pochi anni orsono, nell’oratorio delle grotte di Efeso.

La scoperta di questa immagine paolina, avvenuta durante alcuni interventi coordinati dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, con l’importante apporto dell’arcidiocesi e della comunità napoletana, arricchisce e definisce le nostre conoscenze sull’evoluzione iconografica dei principi degli apostoli, iniziata a Roma, agli esordi del IV secolo e diffusa, da quel momento, in tutto il mondo cristiano antico.

In questo contesto, la figura di Paolo rappresenta iconograficamente il suggestivo crocevia di cultura e di identità, quella ebrea, quella romana e quella greca, che egli aveva incarnato e che aveva caratterizzato la sua opera e la sua attività missionaria in tutto il Mediterraneo. Queste peculiarità devono aver influito sulla fortuna figurativa dell’Apostolo delle genti nella metropoli partenopea, proverbialmente multietnica e, comunque, toccata da Paolo nell’ultimo viaggio che l’avrebbe condotto nella capitale per la prigionia e le sue ultime vicende.

Questa fortuna, nel tempo, viene condivisa con Pietro, costituendo il naturale parallelo di quella concordia apostolorum, che allaccia tra loro i due più importanti testimoni del Cristo. È l’emblema del nesso spirituale, religioso e politico dell’Ecclesia ex gentibus con l’Ecclesia ex circumcisione, ma anche dell’oriente con l’occidente.

Gianfranco Ravasi

29 giugno 2011, Osservatore Romano.

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