Ribellarsi al nichilismo. Jünger riletto da Evola

Tornare a rileggere Evola dopo tanti anni lascia sempre con la faccia un po’ così, perché, se è vero che per un cattolico postmoderno non è necessario leggere Evola, è però necessario leggere Jünger. Grazie alla casa editrice Passaggio al Bosco, con il volume Ernst Jünger. Il combattente, l’operaio, l’anarca, è possibile ora leggere una pregevole raccolta di articoli di Evola sull’opera del pensatore ribelle al nichilismo. Julius Evola incontra e interpreta Ernst Jünger: “pagine dedicate ai Ribelli che segnano il proprio passaggio al bosco attraverso la scelta consapevole di mantenersi in piedi. Hic et nunc”. È un libro che consiglio, perché utile a capire il pensiero jüngeriano potremmo dire per differenza specifica, perché Evola ne esalta gli aspetti come l’esaltazione dell’uomo nuovo de L’Operaio, che a un cattolico interessano meno, ma servono da confronto. 

Evola mette in luce passaggi fondamentali del pensiero filosofico di Jünger, come il recupero delle forze elementari, come la “mobilitazione totale” e “anche l’aver scoperto di nuovo che vita e culto fanno tutt’uno e che vi sono cose assai più vicine e importanti, che non principio e fine, vita o morte”. Dovrebbero ricordarselo tutti gli antiippocratici da ambulatorio, che vogliono mettere a repentaglio la vita dei bambini nell’intenzione di salvaguardare quella dei vecchi, costoro non trattano di “sostanza eroica”, non sentono la spinta olimpica per cui “sacrificarsi, per l’uomo, è una gioia”, sacrificano, invece, sull’altare di una presunta scienza, che si arroga il diritto di creare una nuova umanità, disumanizzata. 

Evola esalta “il lavoratore” jüngeriano come essere capace di “marciare in un mondo in cui la vita è minacciata da temperature estreme”. Spiega bene che nell’ottica del filosofo l’operaio (infelice scelta lessicale) non ha una connotazione marxista, non è un’astrazione classista in senso moderno. Jünger capì per primo, con pochi altri, il sopraggiungere della società nichilista, in cui il nichilismo profetizzato da Nietzsche avrebbe preso il sopravvento, un mondo nuovo privo di scopi e di valori, e tentò di offrire una risposta: “lungi dall’esser un mondo ‘nuovo’ in senso positivo, quello che lo Jünger aveva preveduto è piuttosto un mondo crepuscolare, lo stadio al quale si giunge dopo la dissoluzione delle civiltà incentrate o nel capo spirituale, o nel monarca guerriero, o nel Terzo Stato”.

Allo stesso tempo Evola pone Sulle scogliere di marmo come “Schlüsselroman”, romanzo chiave, fatto valido vieppiù oggi per i cristiani che vogliano resistere all’impostura religiosa, per andare oltre il fallimento del superuom e del mondo borghese. Braquemart e Belovar incarnano le vie tentate e da intraprendere. Direbbe un saggio anglosassone: choose your path, western man

Ecco, l’uomo occidentale, l’argomento per il quale i due pensatori sono forse più distanti, è quello che andrebbe approfondito ulteriormente, perché, mentre mi sento di parteggiare per la posizione del tedesco, è interessante tener conto del concetto evoliano di sintesi fra individualismo e principio di autorità, anziché fra libertà e tirannia. Il filosofo romano fa una bella sintesi della prima parte dell’opera jüngeriana: “Il merito dello Jünger, in questa prima fase del suo pensiero, è che ha riconosciuto l’errore fatale di coloro che pensano che tutto possa essere riportato all’ordine, che questo nuovo mondo minaccioso, sempre avanzante, possa essere sottomesso, o imbrigliato sulla base dei valori della vita e dei valori propri all’età precedente ovvero alla civilizzazione borghese”. Era il 1932.

Oltre l’illusorietà, comprensibile per l’epoca, dell’uomo nuovo, lavoratore, che conduce la sua peculiare esistenza eroica nel dominio della tecnica, possiamo invece oggi recuperare questa scelta nella “via della salamandra, che passa attraverso il fuoco”, la via del bosco, il superamento del limite, del muro del tempo, ma in un’ottica nuova, perché la prospettiva è diacronica: la fase nichilistica secondo Jünger può essere superata. Per Evola si tratta di cavalcare la tigre, per noi si tratta di attraversare una zona di distruzione senza esserne distrutti: sul crinale del nulla mettere un piede saldo davanti all’altro, guardare dove l’occhio concede di arrivare.

“Il problema centrale, quello del passaggio al di là del nichilismo, il punto zero dei valori” può avere un valore catartico e non è secondario a livello globale. Poi arriverà il superamento del mondo borghese, che conosce la libertà da qualcosa, ma non la libertà per qualcosa. Non possiamo qui approfondire per non rovinare questa lettura affascinante e utile a tutti i Ribelli che ancora rifiutano l’economia come chiave di lettura della realtà e vogliano rivendicare la propria vita per se stessi. Anche oggi, pur nel pericolo di riaffermare che il pericolo, come la morte, è connaturato alla vita, perché, se “il borghese era quasi riuscito a persuadere il cuore avventuroso che il pericolo non esiste, che una legge economica regge il mondo e la storia”, noi Ribelli respiriamo a pieni polmoni l’aria fresca del bosco, sorridiamo al sole e, aleggiando come profumo di conifere, non abbiamo più paura.

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