In ricordo di un grande domenicano. Padre Tomas Tyn – di Giulio Alfano

Lo spirito di un santo è quello che distingue come carattere e visione esistenziale una vita eccezionale ed è quello che ben si attaglia al ricordo di Padre Tomas e mi viene in mente quanto si può leggere nella “Prefatio” della S. Messa di S. Domenico:”.. Per lo splendore e la difesa della Chiesa tu o Padre volesti che San Domenico ristabilisse la vita degli Apostoli. Egli sulle orme di Cristo povero con la predicazione richiamò gli erranti alla verità evangelica.”

di Giulio Alfano

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padre_thomas_tynEcco, credo che questo passaggio contribuisca ad illuminare chi non ha avuto il dono e la gioia di conoscerlo, quanto fosse profondo lo zelo domenicano di Padre Tyn, soprattutto nel lato evangelico, nel dare priorità nella vita all’evangelo affinché animi e regoli ogni comportamento dell’uomo,aiutandolo a vivere la Parola di Dio per convertire il mondo ed assisterlo nelle sue trasformazioni. E’ la verità evangelica che affascina Padre Tomas e che proprio nell’incontro con i laici offre una rinnovata forma di apostolato non disgiunta da un esperienza ecclesiale vissuta dal suo cuore sensibile che lo conduceva a donarsi totalmente agli altri attraverso la missione che gli era propria: ”Contemplata Aliis Tradere”, portare agli altri i frutti della contemplazione, nelle fraternite laiche domenicane soprattutto attraverso le quali comunicava la Parola di Dio per la conversione del mondo, assistendolo nella sua trasformazione. Padre Tomas è stato un grande evangelizzatore, ma lo ha fatto nell’incontro col laicato dell’Ordine ben sapendo la modernità del S. Padre Domenico Fondatore, illuminato di un nuovo modo di approcciarsi all’uomo,attraverso la conversione dei cuori. La Parola di Dio contemplata è il fondamento della personalità spirituale di Padre Tomas,che diventa sorgente di predicazione ed azione; negli anni della formazione egli vede e riflette su un momento certamente non “primaverile” attraversato dalle nostre Fraternite. Molti cambiamenti erano già in atto e la stessa definizione di Terz’Ordine dei Laici di S. Domenico elaborata già negli anni ’70 e poi definita negli ’80, non soddisfa pienamente la visione che Tomas ha delle nostre fraternità. Più volte, avendo avuto la gioia e l’onore di conoscerlo, l’ho sentito ripetere che non era poi così necessario insistere sull’espressione “laiche”, giacché esse lo erano già di fatto dal momento che erano composte da laici e lo studio doveva essere lo specifico delle fraternità, avamposto speciale nel mondo dell’Ordine.

Ben radicato era in lui il convincimento che attraverso il Santo Padre Domenico si doveva irradiare l’ideale della vita apostolica che doveva rispondere comunque alle esigenze culturali e spirituali delle generazioni nella storia. Padre Tomas sentiva molto vicino la Chiesa delle origini,attraverso il modello del fermento e dell’animazione. Seguire una fraternità laica domenicana significa quindi assolvere una missione profetica, portatrice di valori vivificanti da integrare e assimilare nell’armonia del mondo. L’ideale domenicano non è comunque una fuga dal mondo ,un “contemptus mundi”, ma un vivere “extra muros”, nel cuore del mondo che i laici domenicani realizzano in un modo non subalterno, come San Tommaso rivendica nell’autonomia relativa del temporale, quella che oggi si suole definire “laicità del temporale”, che ha proprio nell’intuizione tomista la sua radice storica. In questo senso nell’epoca contemporanea si registra la progressiva rottura dell’alleanza tra la Chiesa e il mondo  attraverso la scissione tra ragione e fede argomento su cui il S. Padre sovente ci richiama a riflettere, giacché si è arrivati oggi alla reciproca diffidenza e netta opposizione. Nelle sue omelie, nei suoi scritti, padre Tomas non si stanca mai di evidenziare come la cultura contemporanea tenda a neutralizzare o assorbire la Chiesa secondo i modelli preordinati dal laicismo e dal secolarismo imperante, riducendo la missione della Chiesa al livello quasi esclusivo della sociologia politica, non avendo neanche più l’unità d’azione nel campo istituzionale. Pur non seguendo il modello spesso invalso della teologia del laicato o addirittura del sacerdozio del laicato, padre Tyn ricorda che la missione della Chiesa è unica, è tutta la EKKLESIA, fedeli e pastori, che concorre al radicamento della cultura cristiana e il primo compito è l’evangelizzazione, che non è “nuova” perché è radicata su tradizioni consolidate. Occorre quindi influenzare l’ordine temporale attraverso l’esempio e sapeva bene che il suo era l’esempio per eccellenza.

Rigore, serietà, vocazione sincera che donava anche nei suoi incontri con i laici dell’Ordine rendevano i fedeli, i laici anche al di fuori della vita delle fraternite, responsabili dell’evangelizzazione e della testimonianza, per rendere il più possibile la vita degli uomini conforme all’ordine voluto da Dio. Comunque i frati non hanno responsabilità formalmente temporali, pur essendo dentro l’ordine temporale da orientare verso Dio; quindi il laico è il vero mediatore tra mondo e Dio e il laico domenicano appartiene all’uno e l’altro universo e proprio attraverso il laico una parte fondamentale della missione della Chiesa, per cui i laici e il laico domenicano in modo particolare, non sono solo della Chiesa ma sono la Chiesa, che è peraltro il centro e l’anima della società umana. La missione della Chiesa è partecipata da padre Tomas attraverso la Parola di Dio conservata nella sua tradizione, ”ad gentes” he costituiva il nucleo centrale della sua proposta e progetto di evangelizzazione. Questo avveniva, e lo si può desumere leggendo i suoi scritti ma anche ricordando i suoi interventi, a volte compiuti in modo non organico, promuovendo  nell’uomo i rapporti con il Trascendente, con l’escatologia, indicando, nel contempo, la scelta dei mezzi più idonei per l’attuazione concreta dei valori.

Certamente non era un uomo facile e tantomeno incline ai compromessi e questo ne faceva un personaggio scomodo anche per i suoi confratelli, anche quelli che potevano forse comprenderne un po’ più profondamente il profondo e solido impianto dottrinale, sovente considerato antiquato! L’Ordine Domenicano ha fatto da sempre propria la scelta per gli “ultimi” e le nostre fraternità sono difensori e promotori di formazione anche in senso sociale; noi laici domenicani di fronte all’esperienza della salvezza cristiana viviamo integralmente il rapporto tra l’amore e la verità impegnandoci anche per la promozione storica e sociale degli uomini. Il laico domenicano, infatti, agisce anche nella realtà temporale elaborando progetti e vivendo situazioni, per questo il bagaglio spirituale dev’essere particolarmente solido e per questo l’invito e il monito di padre Tyn è ancor oggi attualissimo: essere sempre intenti allo studio! Ciò non significa essere cattedratici, trasformare le nostre FLD in fraternità laiche dottorali, ma offrire a chi ci avvicina un regno di verità e di vita come il Cristo ci ha insegnato. In questo senso Padre Tomas ammoniva che per realizzare il regno di Dio occorre convergere sulla necessità di un impegno personale del laico credente e in particolare del laico domenicano, presentando la dignità laicale come costante motivo qualificante di missione evangelizzatrice. Nello stesso Codice di Diritto Canonico (L.III,p.I) quando si affronta il problema dei fedeli laici si afferma che essi, ”.. hanno l’obbligo e il diritto di impegnarsi affinché l’annunzio della salvezza venga conosciuto ed accolto in ogni luogo”, ancora di più ciò vale per il laico domenicano, perché egli deve sentirsi vincolato in quelle situazioni in cui solo per la sua presenza si può ascoltare e realizzare il dettato evangelico. Il suo dovere primario è di animare, secondo le sue possibilità e i suoi carismi, l’ordine delle realtà temporali e di essere docili allo Spirito Santo che lo guida anche nella stessa vita di fraternità. A questo proposito va ricordato che Tomas considerava la fraternità una vera fucina di arricchimento culturale ma soprattutto una vera agorà spirituale. Essa dev’essere il luogo in cui i laici, o terziari, come egli amava ancora definirci, si sentano nella loro casa d’elezione più ancora che nella propria domiciliare del secolo; la fraternità è il luogo in cui non si elaborano progetti politici o strategie culturali, non dev’essere il luogo dove avvengono esibizioni di superbia dottrinale e ancor meno di gerarchia di cariche. La fraternità deve avere il posto speciale che le spetta nel cuore di ogni terziario; deve restare il momento qualificante della sua missionarietà, ma soprattutto dev’essere il luogo in cui tutti i membri si sentano fratelli di una comune missione.

Non raramente ricordo efficaci riflessioni di Tomas sullo spirito che deve animare la vita delle nostre fraternità e i suoi insegnamenti li ho sempre tenuti presenti quando sono stato chiamato a guidare la mia fraternità di S. Maria sopra Minerva e soprattutto quando ho presieduto i consigli provinciali e nazionale in anni non facili di cambiamenti e assestamenti sia logistici, come le unificazioni delle nostre provincie, che strutturali, come l’elaborazione del nuovo direttorio che ha occupato i consiglieri per molto tempo. Proprio il nuovo direttorio, che ha impresso rinnovata energia alla vita delle fraternità, necessita della preziosità degli insegnamenti di padre Tyn, che ci aiutano ad essere in grado di annunciare la dottrina cristiana e domenicana ma innanzitutto difenderla nei suoi principi fondamentali. Sovente anche negli interventi del nostro mondo domenicano avvertiamo alcuni elementi dissonanti con la dottrina filosofica e teologica che è alla base del nostro vissuto religioso in favore di una fenomenologia che ci allontana dallo specifico della nostra missione. Le fraternite laiche domenicane devono tendere alla perfezione e allo studio, non cattedratico, ma sincero e fraterno della dottrina che anima la nostra missione e il nostro specifico temporale. In tal senso lo stesso Santo Padre Domenico voleva che i suoi frati fossero sempre intenti allo studio: in ciò Tomas è stato un vero figlio domenicano che ha saputo diffondere con i sacramenti cristiani il carisma del Padre Fondatore!!. Ma era anche ben persuaso, e lo diceva con grande chiarezza ed onestà intellettuale, che esiste un divario tra l’insegnamento del Magistero e quello di alcuni teologi sia teoricamente che a livello pratico e lo studio contribuisce ad ovviare a queste incertezze e confusioni. Ecco: Tomas era uomo di chiarezza, profeta di linearità dottrinale che non lesinava sottolineature efficaci verso chi si allontanava dalla dottrina perfetta della vocazione domenicana e cristiana. Certo, come ho detto, non era un uomo facile, ma gli uomini facili non creano realtà solide, non sono efficaci maestri come lui ha saputo essere. Era persuaso che il valore oggettivo della conoscenza va al di là dei condizionamenti dei sensi e della cultura stessa, perché essi sono accidentali e mai determinati; il comportamento pratico si formula in termini oggettivi, perché senza di essi la persona viene privata delle sue necessarie dimensioni ontologiche, fra le quali emergono le doti di intelligenza e di libertà. Tuttavia la libertà come anche l’amore non sono delle virtù, ma senza le virtù, come la prudenza, la pazienza, la temperanza e anche l’obbedienza non si possono realizzare ed ancor meno radicare né la libertà e neanche l’amore!

Certamente senza la natura umana non ci può essere un oggetto agente responsabile di una certa attività e anche nei confronti dell’ordine soprannaturale, se non si ammette la priorità della natura creata o dell’ordine naturale, si confondono le due realtà e si compromette l’autonomia della natura creata e la gratuità dell’ordine soprannaturale. In questo senso la serenità di Tomas anche nei momenti più difficili, che certo non sono mancati nella sua breve ed intensa esistenza, costituiscono un  esempio di appartenenza all’ordine che ha scelto come magistero di vita oltre che di dottrina.  La validità della legge morale naturale come progetto operativo interno a ogni persona, deriva dalla ragion pratica, da quella funzione pratica del pensiero  che guarda al futuro per proporre ed imporre traguardi e perciò finalità che si presentano come doveri quantunque la loro realizzazione dipenda da decisioni comunque libere. E qui si pone il problema della libertà che va intesa come una creatività partecipata. Il dovere è una legge, ovvero un dettato della ragione che ha il suo primo fondamento nell’intelletto, quindi la creatura, in quanto intelligente, si muove in modo consapevole verso un azione determinata, ma in modo assolutamente responsabile. Di qui deriva il rigore della realizzazione delle nostre “opere”, della nostra azione anche in campo religioso quando professiamo una fede e qui è il cosiddetto rigore della nostra vita di relazione. La ragione è “naturale”, formulabile  da tutti ma è anche “morale” perché costituita da giudizi pratici che orientano e guidano, ma anche comandano, la nostra libera attività. Si realizza altresì il passaggio logico dai primi principi dell’essere e della mortale naturale al momento personale e singolare in cui ha luogo l’azione libera e responsabile. La legge morale è operante in ogni persona perché essa è capacità di giudizio in ordine alle finalità che dobbiamo perseguire e su questo concetto Cristo ha voluto istituire la Sua Chiesa, nella quale ai laici è affidato l’apostolato per la comunione interpersonale di fede e alla Gerarchia la missione custode del “Depositum Fidei”, ma anche di indicare le esigenze della morale soprannaturale, i valori dell’etica naturale perché esistono verità immutabili per tutti che sono presupposte dalla morale soprannaturale. In tal senso la dottrina di San Tommaso è avvertita in modo particolare da padre Tomas perché giudica indispensabile per la formazione intellettuale e pastorale la conoscenza della metafisica come via idonea per la ricerca anche razionale della verità che la Chiesa propone alla fede dei credenti.

Per noi laici domenicani risulta essenziale l’insegnamento tomistico,sia per la chiarezza delle argomentazioni che per la ricchezza del metodo, ma innanzitutto per la saldezza di quei principi che padre Tyn e noi tutti grazie al suo esempio, consideriamo resistenti alla corrosione del tempo. Mi sia consentita un ultima riflessione: l’attualità del pensiero, dell’opera e dell’esempio di padre Tomas risulta pertinente anche in relazione alla situazione che stiamo vivendo nel mondo ecclesiale e lo è particolarmente per noi laici domenicani quando assistiamo a modernismi che imperversano da ogni possibile schermo mediatico ed abbondano fin dentro la liturgia gravi e sovente indisturbate disobbedienze alla stessa autorità papale. La stessa dottrina millenaria della Chiesa viene messa da parte spesso in favore di sedicenti aperture progressiste. La fede nel dogma dell’Immacolata in quella presenza di Maria alla quale Tomas era legato tanto anche per lo stesso carisma che Ella ha nella storia dell’Ordine, è il fondamento della nostra realtà pastorale. L’esempio di Maria che sovente egli ripeteva, ci deve abituare ad affrontare in modo diverso il nostro quotidiano modo di relazionarci alla nostra missione evangelizzatrice. Tomas era un “conservatore” e lo era a ragion veduta dal momento che ancora in questi ultimi anni vi è un asprezza inusitata di modernisti e laicisti nell’attaccare il Magistero. Il pensiero relativista ha dei suoi punti fermi, il primo dei quali è la difesa di non ben identificate “ragioni dell’oggi” a scapito di ciò che è sempre valido perché trae il suo senso da principi immutabili e non negoziabili. E sono allora la Chiesa e coloro che intendono tutelare la sua funzione a dovere essere messi sotto accusa o schivati come fossero retrogradi propugnatori di fanatiche imposture. La tendenza culturale più moderna e aggiornata spinge tanti giovani a non giudicare e discutere i fatti e a seguire le mode del non pensiero di un fenomenologismo esperienziale che li porta nel ghetto della solitudine e del degrado morale. La dittatura del relativismo impone di tacere, ma la parola percepita viva è vivente in chi la pronuncia e in chi l’ascolta, perché è capacità di svelarsi dell’io, quell’io che il Signore ci offre per realizzarci con gli altri nel Suo nome e per la gloria del Suo nome. Non dimentichiamo padre Tomas, diffondiamone il pensiero e l’esempio, anche nel nostro Ordine, anche e soprattutto nelle nostre fraternità così spesso luogo di riflessione non sempre adeguato alla profondità della missione che dobbiamo affrontare, forse perché mancano i “maestri” come padre Tyn e non si consegni il suo ricordo solo all’indulgenza della memoria affettiva, pur importante, ma  mettiamo in pratica i suoi insegnamenti nel vivo del mondo che il Signore ci chiama a vivere con gioia, fiducia e speranza, quella speranza che ha animato la sua breve e straordinaria vita, in modo da conferire alla nostra esistenza il significato vero ed autentico che essa merita.

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Prof. Giulio Alfano

(Fra Mariano)

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1 commento su “In ricordo di un grande domenicano. Padre Tomas Tyn – di Giulio Alfano”

  1. Conosco bene questo santo e dottissimo sacerdote e da molti anni prego ogni giorno per la sua beatificazione. Con la confusione che regna oggigiorno nella Chiesa – e presso molti uomini della Chiesa – farebbe un immenso bene ai fedeli conoscere la solida teologia messa in campo da P.Tomas Tyn. Purtroppo, non c’è dubbio che la sua dottrina è “troppo cattolica” per la maggior parte del popolo di Dio adulto e aggiornato di oggi.. Ma un santo quale è P. Tomas non può essere bipassato per sempre… Grazie Prof. Alfano per averci ricordato questo grande Domenicano e grande testimone della Fede. .

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