“San Giuseppe”. Un libro di don Marcello Stanzione ci parla del Santo patrono della famiglia – di Luca Guardabascio

di Luca Guardabascio

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giuseppeGiovedì 13 marzo alle ore 18,30 a Roma, presso la libreria Russia Ecumenica a Borgo Pio 141, sarà presentato il libro su san Giuseppe scritto da don Marcello Stanzione ed edito dalla Gribaudi di Milano. Il testo sarà presentato dal dott. Giuseppe Di Leo, vaticanista di Radio Radicale, da Luca Guardabascio, regista e scrittore, da don Mario Carrera, direttore della Confraternita di San Giuseppe al Trionfale e da don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco.In tutte le storie più belle di cui ho memoria, risplende la figura di un Padre che sia innanzitutto un buon educatore.

Il padre terreno dovrebbe esprimere per tutti noi l’affetto manifestato nella genetica della carne,  il caposaldo della famiglia che rappresenta la prima struttura sociale a cui il bambino si approccia;  un genitore è quindi il fulcro indispensabile a cui tendere per essere migliori. L’assenza di un padre genera vuoto che spesso conduce ad uno smodato desiderio di recuperare un cardine umano tanto importante per la formazione del bambino.

Cinema e Letteratura hanno reso la figura paterna un viatico indispensabile per raccontare storie epiche, minimali, tragiche, eterne. Autori e Registi hanno  destrutturato questo tòpos , lo hanno reso esemplare per comprendere le psicologie dei protagonisti.

In alcune opere il padre appare come un genitore  ingiusto e padrone, quasi una espressione privata ma politica della legge degli uomini. Necessario in questa sede è ricordare il libro di Gavino Ledda “Padre Padrone” da cui i Taviani hanno tratto un brillante film. “Padre Padrone” è un’opera da recuperare per immergersi nel significato insito già presente in un titolo che non lascia adito ad allusioni.

 Un’altra faccia della medaglia  è il filone dedicato all’affetto che il padre nutre nei confronti di un figlio piuttosto che un altro.

In soccorso a questa teoria ecco due titoli diventati film celeberrimi come La Valle Dell’Eden (1955) di Elia Kazan con un sublime James Dean tratto da John Steinbeck, maestro nel descrivere situazioni familiari estreme, e Incompreso-Vita col figlio (1966) di Luigi Comencini tratto da un ‘opera di Florence Montgomery. Nelle opere in oggetto la figura della madre è assente o lontana e l’elemento biblico appare molto presente in una deformante strumentalizzazione dei suoi insegnamenti sacri. Cinema e letteratura ci portano inoltre ad altre deformazioni di carattere edipico dove il genitore diventa l’antagonista in amore per la conquista della figura materna. Fiumi di inchiostro hanno bagnato la storia della psicanalisi nello sviluppo incestuoso del complesso che porta il nome dell’Edipo RE[1].

Quando l’azione educativa del Padre diviene fallimento, può venire a mancare una colonna portante della nostra esistenza terrena. Il padre come espressione principe di una famiglia non può essere padrone, ma deve ispirare quell’amorevole affetto paterno necessario e mai gratuito di cui il ragazzo ha bisogno. In Lettera al padre (scritta nel 1919), Franz Kafka scrive Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di aver paura di te.”  E mi chiedo come si può avere davvero paura del padre terreno di cui noi dovremmo rappresentare speranza e continuazione. Nello scrivere questa prefazione, dunque, ho cercato di non limitarmi a quanto poteva essere la via più necessaria per esprimere la grandezza del padre che, la maggior parte di noi, vorrebbe avere: Giuseppe.

Avevo pensato di partire da Abramo espressione di patriarca e profeta dell’Alleanza che si fa fede incontrovertibile in Dio; pensando invece a Giuseppe si giunge all’amore manifestato nell’esaltazione di un continuum presente nel “lieto annunzio” del Vangelo.

La famiglia, con Giuseppe, diviene Sacra perché sacro è l’uomo che Per Amore solo per Amore [2] sceglie di essere scelto come padre terreno di Gesù e sposo di Maria.

Giuseppe è il padre  buono e caritatevole a cui tutti dovremmo tendere per dare sacralità al nostro focolare domestico; una persona pia e un uomo di Dio in ogni suo afflato.

San Giuseppe racchiude in sé alcuni carismi che sono stato da esempio di amore paterno nella storia della Cristianità e un fondamento cardine per l’educazione filiale.

Mi avvicino a questa figura con il rispetto che posso nutrire per il mio vero padre, ma ne parlo come di un amico buono, pronto a farsi carico della tua felicità, disposto a donare la sua vita in un progetto che è disegno Divino.

Giuseppe è sintesi dell’accettazione della Vera Fede contro gli impulsi umani e materiali.  Tutti dovremmo tendere a Giuseppe, colui che per tanti è asceso al regno dei cieli[3] per la semplice ma difficilissima scelta di amare una donna e “suo” figlio contro tutto e tutti.

Dove questi tanti sono effimere manifestazioni dell’essere umano socialmente opportunista e propenso a giudizi affrettati.

E’ una figura complessa quella di Giuseppe, umana quanto basta per essere confusa da dubbi che solo l’angelo di Dio riuscì a sciogliere con queste parole: “Giuseppe figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”.  L’angelo renderà l’uomo sicuro di diventare il Santo infuso da una Fede unica, totale, insuperabile, divina.

Quanta letteratura e quanto cinema ci hanno ricondotto a Giuseppe; quanti maestri si sono ispirati alla sua figura per raccontare storie, decantare amori, esaltare fede, speranza, carità cristiana e spirito di abnegazione votata anche e soprattutto all’educazione di un figlio.

Su tutte le storie di cui abbiamo memoria, vorrei esulare dai film biblici e mi piacerebbe citare in questa sede una favola che tante fantasticherie ha prodotto nelle nostre vite: Le avventure di Pinocchio. Sono sempre stato dell’idea che Collodi si sia ispirato alla Sacra Famiglia di Nazaret per raccontare la sua storia. Il nome Geppetto, infatti, altro non è  se non una variante di Giuseppe.

Ricordo il Collodi televisivo diretto da Comencini[4] e quel falegname interpretato da Nino Manfredi: quella fiaba, quella interpretazione, quelle immagini mi avvicinarono delicatamente alla figura di Giuseppe il falegname e all’Evangelo.

Per fare però maggiore chiarezza, devo avvalermi di fonti cristiane.

Di San Giuseppe i Vangeli sono così scarni di parole che diventa molto difficile comprendere la grandezza della sua missione e santità. Nei Vangeli si dice di San Giuseppe che era un uomo giusto. Il che equivale a dire che era un uomo santo. Difatti afferma San Gregorio Nazianzeno : “Dio ha concentrato in San Giuseppe gli splendori di tutti i santi”. Per meglio comprendere la santità di questo santo prendiamo in aiuto le testimonianze della venerabile Maria d’Agreda e quella di santa Teresa d’Avila. Al paragrafo 1185 del libro “Mistica città di Dio” della venerabile leggiamo:

Grazie che ottiene ai suoi devoti”:

1)     La vittoria sulla sensualità e la virtù della castità;

2)     Speciali aiuti per uscire dal peccato e tornare all’amicizia di Dio;

3)     La  devozione alla Madonna;

4)     Una buona morte;

5)     La protezione contro il demonio invocando il suo nome;

6)     La santità del corpo ed altre grazie temporali;

7)     La Grazia di aver famiglia.

 

Solo da quello che abbiamo appena citato, comprendiamo un  po’ di più della grandezza di San Giuseppe, ma continuiamo con la testimonianza di santa Teresa d’Avila tratta dalle sue “Opere” al cap. 6 del paragrafo 6 leggiamo:

Io invece presi per mio avvocato e patrono il glorioso San Giuseppe, e mi raccomandai a Lui con fervore… Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla mai ottenuta…Ad altri santi sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in  quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso San  Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuole darci a intendere che, a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove Egli come padre putativo gli poteva comandare, altrettanto gli sia ora in cielo nel fare tutto ciò che gli chiede. Ciò hanno riconosciuto per esperienza varie altre persone dietro mio consiglio gli si sono raccomandate”.

Se San Giuseppe è un così grande Santo, lo si deve innanzitutto alla missione che Dio gli ha affidato, cioè quella di essere padre putativo di Gesù. Solo in questa maniera non ricusiamo di affidarci anche noi alla sua protezione e di farlo conoscere attraverso tutti i mezzi a nostra disposizione. Sono inoltre sicuro che quando un domani, leggeremo o vedremo qualcosa che esalterà la figura di un padre nel rapporto speciale con il proprio bambino, non potremo fare a meno di pensare all’esempio giusto e positivo di Giuseppe.

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[1] Film del 1967 di Pier Paolo Pasolini tratto dall’opera di Sofocle.
[2] Film di Pasquale Festa Campanile del 1993, tratto dall’omonimo romanzo del regista, vincitore del Premio Campiello del 1984.
[3] Persino Papa Giovanni XXIII nel maggio del 1960, in occasione dell’omelia per la canonizzazione di Gregorio Barbarigo, infatti,  manifestò con prudenza l’antica «pia credenza» secondo cui Giuseppe, come anche Giovanni Battista, sarebbe risorto in corpo ed anima e salito con Gesù in Cielo.

[4] Le avventure di Pinocchio è un film del 1972 prodotto dalla Rai.

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