“Sangue e Terra”. Per sopravvivere alla Modernità

Proprio nei giorni in cui il cardinal Bergoglio telefona all’erodiano immigrazionista Biden e si ha notizia del fatto che gli sbarcati illecitamente sul suolo italiano sono quadruplicati nel 2020, già 32mila bocche da sfamare e culi da vestire, dato che arrivano senza nemmeno un cambio di biancheria, noi consigliamo Sangue e Terra, saggio interessante edito dalla giovane casa editrice fiorentina Passaggio al bosco.

Dai coniugi Brown alla povera Anna, l’autore Gian Marco Concas, ex ufficiale di marina ora apicoltore, racconta del progetto di contrasto dell’operato delle ONG nel Mediterraneo attraverso il traking delle navi che trasportano carne umana sulla costa italiana. Lo fa partendo da lontano perché è necessario rendersi conto che l’Europa non sta crollando da oggi e che sarebbe stato possibile vedere il disastro già nel dopo guerra e impedire il realizzarsi di un mondo in cui gli uomini sembrano non essere più alla ricerca di una vita piena, in cui non pare più esserci spazio per la lotta perché non ci sono più idee.

Tutto cominciò quando la Empire Windrush attraccò a Londra con 492 immigrati caraibici dando il via all’immigrazione su larga scala. Poi fu il villaggio globale. Un processo lento, ma inesorabile, un viaggio senza ritorno che portato ha indubbiamente dei vantaggi, ma il cui prezzo è la società nichilista. Per amare i vantaggi del villaggio globale bisogna avere un animo vuoto, oggi lo sappiamo, e gli diamo un nome: sostituzione etnica. Già nel 1948 l’Inghilterra scelse la nefasta strada della sostituzione etnica. Queste migliaia di uomini in età militare infatti difficilmente si integreranno, difficilmente diventeranno europei. In Europa tutti i popoli ragionano secondo gli stessi canoni logico applicativi che derivano dalla cultura classica e della fede cristiana, i popoli africani e orientali hanno un modo di ragionare diverso. Una diversa metafisica (quando c’è) e una comprensione della realtà che si basa sull’accondiscendenza alla dinamicità del reale ignorando una forma di essere statica e immutabile. Confucio non è Parmenide come Maometto non è Dio.

Lo vediamo ogni giorno: “La penosa situazione di Paesi come la Francia, il Belgio o la Svezia non lascia spazio alla fantasia: la spietata brutalità sarà un tratto costante degli anni a venire, come logica conseguenza di un tempo che ha annegato le differenze nel vortice dell’omologazione planetaria”.

Il libro non è solamente in polemica con la politica internazionale, ma offre una visione costruttiva: richiama alla riscoperta dell’Europa della civiltà, l’Europa vera: senso di appartenenza alla terra, difesa della morale senza compromessi, sviluppo del pensiero critico. Salvaguardare la propria identità significa trasmettere il retaggio dei nostri antenati, e si può farlo se si protegge la propria cultura, la propria religione, ma anche l’economia non in astratto.

Salvaguardare la propria identità è salvaguardare le persone, proteggendo le aziende, gli artigiani, valorizzare i propri i prodotti tutelando le risorse ambientali della propria terra, proteggendo i propri cittadini ma anche i propri confini. Le sane ragioni fondanti della nostra civiltà rese assurdamente irreali dalla miope incompetenza dei politici che ci hanno traghettati verso una globalizzazione con al vertice i mercati, anzi, non più i semplici mercati, che almeno hanno dei prodotti da vendere, ma la finanza dell’economia virtuale, “un treno lanciato verso il nulla”, verso “il caos mondialista che alimenta disuguaglianze, sradicamento e schiavismo”.

Per resistere allo sradicamento globale dobbiamo difendere le identità, perché senza identità non esistono i popoli e difendere la famiglia contro la cultura consumista della società atomizzata dei single, contro la “gestione economica della solitudine” in cui i rapporti non sono più finalizzati alla conservazione della società civile e della specie, ma al divertimento, al consumo hic et nunc, all’autocompiacimento e alla falsa libertà che porta al rigetto di ogni legame. Nel giovane villaggio globale, in cui l’educazione è una pratica facoltativa, non ci si vuole legare a niente e a nessuno, perché in realtà non si ama niente, se non se stessi.

La sfida odierna è, invece, fare in modo che questo retaggio della tradizione occidentale giunga al sangue delle nuove generazioni perché sappiano ritrovare la strada di casa, perché l’essere umano è sangue e terra. Concas non è solo un teorico, ha provato a metterci la faccia, ha provato a fare qualcosa, si è imbarcato e ci ha raccontato la sua storia in un libro. Un libro che può servirci per organizzare la sopravvivenza alla Modernità.

2 commenti su ““Sangue e Terra”. Per sopravvivere alla Modernità”

  1. Permettetemi di commentare con una citazione:

    « […] La convivenza con gli estranei corrompe moltissimo i costumi dei cittadini, come insegna Aristotele nella Politica; perché avviene, necessariamente, che gli stranieri, cresciuti con altre leggi e usanze, in molte cose agiscono diversamente dai costumi dei cittadini; e così, poiché i cittadini sono attirati dall’esempio a fare altrettanto, la convivenza civile viene perturbata».

    S. Tommaso D’Aquino (“De regimine principum”)

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