SANTA UMILTA’ E GLI ANGELI – di Don Marcello Stanzione

di Don Marcello Stanzione

 

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Pietro Lorenzetti – Pala della Beata Umiltà

(clicca sull’immagine per ingrandirla)

 

Il suo vero nome era Rosanna Negusanti: nacque nello stesso anno della morte di San Francesco. Di nobile famiglia, perse il padre all’età di 15 anni e l’anno successivo andò in sposa al nobile Ugonotto dei Caccianemici. Entrambi i figli nati da questo matrimonio, morirono appena battezzati; nel frattempo morì anche Richelda, madre di Rosanna. La giovane donna, che all’epoca aveva 24 anni, decise insieme al marito ( che morirà anche lui di lì a pochi anni), di ritirarsi entrambi a vita religiosa; non era raro che accadesse nel Medioevo , tra coniugi cristiani. E’ proprio in questa occasione che Rosanna Negusanti cambia nome in quello di Umiltà.

Nel 1254, dopo essere guarita miracolosamente da una grave malattia, decise di ritirarsi, in clausura, in una celletta costruita appositamente per lei nel Monastero Vallombrosano di Sant’Apollinare. Qui visse per dodici anni, purificando ed elevando il suo spirito con preghiere e digiuni, alternandoli ai consigli che dava a quanti le si rivolgevano in aiuto. Il suo esempio attrasse alcune giovani di Faenza, che chiesero di costruire altre celle vicino alla sua, per vivere sotto la sua guida. E così, nel 1266, per consiglio del Vescovo Petrella, Umiltà accettò di diventare la guida spirituale delle nuove monache, riunite nel vecchio Monastero della Malta a Vallombrosa (FI), che d’ora in poi si chiamerà di Santa Maria Novella. Umiltà, ormai quarantenne, tornò ad essere madre piena di bontà, di saggezza, e di energia, diventando la guida per le nuove figlie, indirizzandole sulla via della santità.

Nel 1281, madre Umiltà decise di costruire una nuova Casa Spirituale per le giovani di Firenze. La Chiesa venne eretta a Firenze, in onore di San Giovanni Evangelista ed ebbe come architetto il grande Giovanni Pisano. Fu consacrata nel 1297. A 84 anni, a Firenze, cessò di vivere. Era il 22 maggio 1310. Dopo un anno, il 6 giugno 1311, il suo corpo fu esumato e benché fosse sepolto nella nuda terra, sotto il pavimento della Chiesa, risultò incorrotto; fu rivestita di preziosi indumenti e da allora ebbe un culto ininterrotto.

Il biografo contemporaneo di santa Umiltà, un monaco vallambrosano di nome Blasius, racconta, in un lungo capitolo, del rapporto della Santa con gli angeli; ella stessa riporta alcune riflessioni nei suoi “discorsi” (“sermones”), conservati fino ai giorni nostri; questi sermoni sono molto simili agli scritti di S. Caterina di Siena, non tanto per lo stile quanto per il contenuto.

Rispetto al contenuto dei “discorsi”, disse santa Umiltà al suo confessore: ”Tutto ciò che ho scritto rispetto alla mia salute dell’anima, non mi è stato insegnato da un qualunque essere umano, ma da nostro Signore Gesù Cristo, mio maestro e sposo. Lui mi ha ispirato e mi ha parlato durante le sue apparizioni, come io ora parlo con Voi.” Da questi “discorsi” apprendiamo che Umiltà non solamente vide al suo fianco, sin dalla nascita, il suo angelo custode, ma che sentiva la presenza di un altro angelo vicino dal momento in cui iniziò, come suora, a prendersi cura spiritualmente di molte persone. Nel 4° “discorso” la Santa dice letteralmente: “Amo tutti gli angeli celesti,  ma due in particolare rappresentano per me gioia e felicità, perché mi danno forza durante il giorno e la notte e mi comunicano gli infiniti regali delle ricchezze del cielo.” Il Signore me li ha donati come protettori, per salvarmi dalle infamie di ogni cattivo nemico. Fino ad oggi, hanno svolto il loro incarico con il massimo impegno perché dalla loro forza sono stata perfettamente rincuorata. Entrambi mi appoggiano da destra e da sinistra per non farmi cadere nella mia pochezza. Se mi tengo saldamente a loro, i miei nemici non possono causarmi alcun danno. Il primo dei miei due protettori proviene dal coro degli angeli, dal quale sono assegnati angeli a ciascun uomo per la durata della loro vita terrestre; il nome di questo angelo è Sapiel, che traduco come saggezza divina. Ogni volta che sento pronunciare il suo nome, mi si scalda il cuore per la gioia. È al mio fianco sin dal momento in cui nacqui…

Il secondo angelo a mio fianco si chiama Emanuele e appartiene al coro dei Cherubini. A 30 anni fui spalleggiata da lui, quando il Signore mi affidò la cura di tante pecorelle, nonostante non avessi nessun bastone e nessuna forza particolare riguardante questi impegni”.

Santa Umiltà era fu molto obbediente a questi due angeli, come sottolinea il suo biografo che la conosceva molto bene. Per onorarli redasse un trattato sulla corte celeste  (“Tractatus de curia paradisi”), nel quale si può leggere: ”Una cosa infinitamente grande e meravigliosa è, per me, la conoscenza della nobiltà e grandezza dei miei due angeli. Quando penso alla loro bellezza, mi sento  subito cadere in estasi per la gioia, perché mi è stato consentito avere al mio fianco due amanti di Dio talmente perfetti, che riposano in ogni momento in Lui, e che in ogni modo sono sempre a mia disposizione, pronti a soccorrermi. Sono per me come due roccaforti insuperabili su cui poggia tutta la mia certezza di salvazione, nonostante le mie mancanze. La loro forza è talmente grande che non devo temere nulla, anche se mi si avvicinassero i più disparati nemici. Entrambi gli angeli sono così saggi e, allo stesso tempo, così preoccupati di iniziarmi alla vita virtuosa. Sono così attenti a sorvegliarmi che li sento vicini, ancora prima di aver bisogno del loro aiuto. Sono come due colonne giganti che sorreggono la mia miseria e debolezza.”

A questi due potenti compagni si raccomandò la santa badessa vallombrosana per tutte le sue preoccupazioni e afflizioni, come illustra nell’11° discorso nel quale dice letteralmente: ”Voi, cari fortissimi angeli miei, accompagnatemi su tutte le mie vie e abbiate cura che i nemici non si possano avvicinare alle porte del mio cuore! Estraete la spada per difendermi! Chiudetemi la bocca così fermamente affinché non possa uscire nessuna parola insensata e superflua! Apponiate sui miei occhi il sigillo dell’amore, affinché non possano guardare niente di questo mondo che non sia di gradimento del mio Amato! Nel frattempo, tenetemi gli occhi aperti e vigili affinché non siano ostacolati dalla sonnolenza durante la devota preghiera del breviario e che il mio spirito non si stanchi, quando è giunto il momento di lodare Dio! Tenetemi l’udito fine per il nome di Gesù e per tutto ciò che a che fare con Lui, fate che non possa entrare niente nelle mie orecchie che sia veleno mortale per la mia anima! Legatemi i piedi con catene d’amore, per far sì che non camminino sulle vie del peccato ma che tutti i miei passi aumentino l’onore di Cristo e della sua venerabile Madre! Legatemi anche le mani con le vostre benedette ali, sempre pronte a svolgere le mansioni di Dio, per non farle cogliere nulla che sappia di orgoglio terrestre; aiutatemi piuttosto affinché la mia anima si ristori unicamente coi profumi celesti! Sorvegliate su tutti i miei desideri terrestri per orientarmi solo verso il cielo e per far riposare la mia anima interamente nel suo Amato! Fate in modo che le vie dell’amor Divino siano in me rafforzate, per non farle inondare dalle acque di insensata gioia terrestre e per salvaguardare l’anima dall’affogamento! Amati angeli miei, vedete, vi sono stata raccomandata dal mio caro Signor Gesù per essere protetta e sorvegliata fedelmente da voi in ogni istante! A voi mi raccomando, beati angeli: pregate per me, l’eterna parola stringa il mio cuore del tutto a sè, senza mai permettere che si separi da Essa!”

Alla fine dell’11° discorso aggiunge la Santa: ” O mio angelo Emmanuele, o mio angelo Sapiel, miei angeli custodi, vi prego, regalatemi efficientemente tutta la vostra forza, il vostro aiuto e soccorso per contemplare, quando mi avrete condotto dalla mia cara Signora e Regina Maria, insieme alla madre dal suo amato e divino Figlio…”

Il biografo annota, alla fine, che sarebbe troppo voler elencare ogni frase in cui la S. Umiltà menziona i suoi amati angeli custodi, testimoniando loro gratitudine per l’aiuto prestatole durante la sua vita spirituale e la ricerca di perfezione.

Nonostante che la sua salma fosse seppellita in terra, la si trovò, dopo un anno, ancora incolume. I testi liturgici per la festa di S. Umiltà, autorizzati da Papa Clemente XI, fanno esplicito riferimento alla sua familiarità con gli angeli.

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