di Cristina Siccardi
fonte: Corrispondenza Romana
Chissà sant’Agostino (354-430), del quale il 28 agosto si celebrerà la festa liturgica, come si sarebbe espresso di fronte alla Santa Messa interdetta ai Francescani dell’Immacolata; chissà come avrebbe commentato il flash mob di 1.200 Vescovi ondeggianti a Copacabana, durante la GMG di quest’estate… Non sappiamo; ciò che conosciamo, invece, è che il Vescovo d’Ippona fu uomo di Chiesa molto serio e, dopo aver insistentemente cercato la vera Fede, non diede tregua agli errori e non diede pace a coloro che li seminavano. Il suo successo fu unanime e la Verità, non sua, ma di Cristo, trionfò sugli ingannatori.
L’episcopato di Agostino fu dominato dalla lotta appassionata contro le eresie e, conducendo fino alla vittoria questa battaglia, rese un incomparabile servizio alla Chiesa universale. La lotta contro il manicheismo, che iniziò a Roma, continuandola a Tagaste e intensificandola a Ippona, si concluse favorevolmente nei primi anni del suo mandato vescovile. Nella controversia espose i grandi temi della filosofia cristiana: Dio, la creazione, la libertà dell’uomo, la natura e l’origine del male; colpendo, con le sue magistrali confutazioni e brillanti contradditori pubblici, i principali esponenti della setta: Fortunato, Adimanto, Fausto, Felice, Secondino e Mani. Fortunato, che viveva da molti anni ad Ippona e che aveva raccolto molti seguaci, lasciò la città e non si fece più vedere; Felice, in seguito alla disputa dell’8 dicembre 398, abiurò l’errore e si convertì.
La seconda lotta, per l’unità della Chiesa contro i donatisti, fu più lunga e più aspra. Essa costituiva da oltre un secolo il problema più importante della Chiesa africana e Agostino s’impegnò in questa diatriba con incredibile ardore e misericordiosa tolleranza: nel Concilio plenario tenuto a Cartagine nel 401, si adoperò perché i sacerdoti donatisti convertiti, purché non si fossero macchiati di delitti e non avessero ribattezzato, potessero conservare il loro grado; inoltre, nella conferenza del 411, propose che i vescovi donatisti, anche se sconfitti, conservassero l’onore dell’episcopato.
I donatisti, furenti, andavano per le strade affermando che Agostino era un lupo che doveva essere ucciso per la difesa del gregge e assicuravano il perdono di tutti i peccati a chi avesse corrisposto a questo invito; più volte, infatti, cercarono di sopprimerlo, ma la Grazia di Dio era con lui.
Non era ancora terminata la polemica antidonatista che iniziò quella contro l’eresia pelagiana: una sorta di stoicismo cristiano che, insistendo sulle forze naturali dell’uomo e ammantandosi di un severo moralismo, negava i punti essenziali del cristianesimo: il peccato originale, la redenzione, la grazia. Agostino, armato di una straordinaria preparazione teologica, scese in campo senza esitare, affermandosi ancora una volta come il campione della Fede cattolica. Si batté con tutte le sue forze ed ebbe la meglio. Su invito del vescovo Aurelio tenne a Cartagine una serie di discorsi; rispose con lettere e con libri alle consultazioni di vescovi e di laici; confutò gli scritti di Pelagio e di Celestio; dissipò l’inganno con cui Pelagio aveva strappato l’assoluzione al sinodo di Diospoli; espose a Papa Innocenzo e poi a Papa Zosimo ciò che nell’errore era maggiormente grave; illuminò i tanti simpatizzanti di Pelagio e fu l’anima dei concili africani, che condannarono l’eresia (Milevi 416, Cartagine 417 e 418). La lettera di Innocenzo del 27 gennaio 417 e l’Epistola tractoria di Zosimo, scritta nella primavera del 418, condannarono l’eresia pelagiana. Tuttavia Giuliano di Eclano, l’interprete dei diciotto vescovi italiani che avevano rifiutato di sottoscrivere l’Epistola tractoria, continuò a difendere il pelagianesimo e, col suo spirito dialettico e mordace, ne divenne il più abile sostenitore. Contro di lui il settantenne Agostino, utilizzò tutte le armi dell’arte argomentativa, smascherando i sofismi dell’avversario e approfondendo il tema centrale e fondante: la Tradizione.
«Nei nostri tempi è difficile trovare la Fede integra» diceva sant’Agostino. Stessa cosa si può affermare oggi. Possa il Cuore Immacolato di Maria, che un giorno trionferà, come Lei stessa ha profetato, e del quale ricorre la festa il 22 agosto (calendario liturgico nella forma extraordinaria), intercedere affinché la Chiesa doni abili maestri dalla forza e dal coraggio di un Sant’Agostino, che abbracciò la Verità e la difese con nobiltà e sapienza.