SE IL GOVERNO HA UN POTERE, LO ESERCITI. OPPURE VADA VIA E DIA RAGIONE A BERSANI – di Piero Laporta

Nel momento in cui il paese è attaccato, si attivi l’art 270-bis del cpp

di Piero Laporta

 

fonte: ItaliaOggi – gruppo Class

berlusconi

 

Le intercettazioni ai danni del presidente del Consiglio riguardano la sicurezza nazionale, come ripete La Repubblica. Ciò è vero perché la diffusione delle comunicazioni del premier lede la sovranità nazionale. Se Berlusconi sia degno di governare è giudizio che attiene a elettori e parlamento; di certo non può porsi in forme oggettivamente eversive. D’altro canto, congetturare di risolvere le intercettazioni con una legge peculiare ribadisce la miserevole preparazione dei cosiddetti esperti del Pdl. Le intercettazioni per il caso Abu Omar, ai danni dei servizi segreti italiani, con la complicità di entità estere, colpirono in ultima analisi la presidenza del consiglio. Per ovviare fu introdotto l’art.270-bis nel codice di procedure penale:«L’autorità giudiziaria, quando abbia acquisito, tramite intercettazioni, comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza, dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti tali comunicazioni». Gli altri commi regolano tempi e modi coi quali la presidenza del consiglio s’avvale del segreto di stato. Il Dipartimento delle informazioni, tutelato da quella legge, esiste a sua volta per tutelare la libertà d’azione del governo e del suo capo, cioè esiste per tutelare la sovranità nazionale. Esiste, per esempio, per impedire e prevenire che il capo del governo sia attaccato mentre è in corso una guerra di rapina (in Libia), monetaria (in Europa) ed economica (dappertutto). Esiste, in altri termini, per affrancare il capo del governo e il governo da qualunque ricatto, interno ed esterno. Se si vuole spaccare il capello in quattro, l’art.270-bis avrebbe dunque dovuto prevedere l’apposizione del segreto di stato su tutte le comunicazioni delle autorità di governo, a prescindere dal loro contenuto, salvo quelle diffuse dai canali ufficiali, scrivendo un ulteriore comma di un solo rigo:«Tutte le comunicazioni delle autorità di governo sono tutelate dal segreto di stato». In effetti però non c’è neppure bisogno di questo: è sufficiente che il presidente del consiglio mandi alle procure una letterina apponendo il segreto di stato alle proprie comunicazioni. Fine. D’altro canto come può, una presidenza del consiglio tutelare il Dipartimento delle Informazioni se essa stessa non avesse la forza d’affrancarsi dai medesimi attacchi che possono insidiare il Dipartimento? Ci sono precedenti? Tanti e importanti. Ricordiamone un paio. Giovanni De Lorenzo distribuì denari per orientare la volontà del congresso del Partito Repubblicano a favore del centro sinistra. Scoperchiatisi gli altarini, Emilio Colombo, presidente del consiglio, oppose il «segreto politico militare», fattispecie neppure esistente, e l’indagine giudiziaria s’arrestò. Il segreto fu analogamente opposto negli anni ’50 alle indagini sul malore da over dose occorso, nell’esercizio delle sue funzioni, alla favorita di un’altissima carica istituzionale. Oggi, mentre è in corso l’attacco predatorio alle industrie, alle riserve auree, ai nostri risparmi, al nostro futuro, mettere sotto accusa il presidente del consiglio per sue le comunicazioni, quand’anche concernano il sedere della signora Merkel, indebolisce eversivamente la sovranità nazionale e l’azione di governo. Se poi questa, lo ripetiamo, sia o meno adeguata, è giudizio che attiene esclusivamente agli elettori e al parlamento, non ai cancellieri, né quelli dei tribunali tanto meno quelli d’Oltralpe. Se il governo ha un potere lo eserciti, oppure vada via, dando ragione a Bersani.

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