Gli amici della Bussola, il cui direttore di questi tempi non è in posizione invidiabile, sono dei bravi ragazzi, ma su certi argomenti pare che non riescano a sganciarsi dall’economically correct. Mi riferisco ai vari scritti di Stefano Magni, Gianfranco Fabi, ma in particolare da ultimo ad un articolo di Matteo Borghi uscito il 27 gennaio, dal titolo “Si fa presto a dire ‘no euro’” , in cui l’autore, come si intuisce dal titolo, cerca di portare acqua al mulino del remain nella moneta unica del nostro paese.
di Marco Manfredini
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In effetti il livello di allarme inizia ad elevarsi, visto che ad un deciso Salvini iniziano ad accodarsi anche altri: Meloni con la consueta grinta, Grillo a giorni alterni, Berlusconi a intervalli irregolari; il disagio dal basso inizia a farsi sentire anche ai piani superiori, e da un po’ l’argomento non è più tabù nemmeno tra economisti, politologi e giornaloni.
Con l’articolista della Bussola condividiamo in linea di massima solo una cosa, e cioè che:
[…] non essendo una scienza esatta, l’economia non permette di predire il futuro in modo sicuro.
Per il resto, nulla. Come valse per il referendum costituzionale, in cui molti aspetti rientravano nella sfera del completamente opinabile, anche in materia economica, dove le variabili in gioco sono tante, spesso imprevedibili e a volte persino sconosciute, può essere più rivelatore vedere chi sostiene cosa. Operazione tra l’altro più agevole per l’uomo comune, il famoso e bistrattato populista.
Ad esempio: chi è così preoccupato da suonare l’allarme? E perché? Vediamone alcuni, a partire da Mario Draghi, che ci tiene a specificare apoditticamente:
L’euro è irreversibile.
E chi lo dice? In una società dove non c’è più niente di certo e tutto è mutevole, precario, indefinito, vuoi che l’euro sia l’unico punto fermo? Abbiamo un Papa che mette in discussione i dogmi, noi non possiamo mettere in discussione una moneta? Ma fateci il piacere; come siamo entrati, ne possiamo uscire. Ci hanno convinti che si può divorziare tranquillamente dal coniuge, e ci negano di abbandonare una semplice valuta? E se i trattati non lo prevedono, a maggior ragione: vuol dire che era una trappola, come abbiamo visto.
All’interno del proprio mandato, la Bce è pronta a fare qualunque cosa per preservare l’euro, e credetemi, questo basterà.
Se non è una minaccia questa, non so davvero cosa lo possa essere. Non dice Draghi “faremo qualunque cosa” per salvare il lavoro, aiutare le aziende, sostenere le famiglie, favorire la solidarietà sociale. No, “qualunque cosa” per salvare l’euro, foss’anche costringere i governi a scorticare di tasse i sudditi e condannare alla disoccupazione intere generazioni.
Negli ultimi giorni però anche lui, che forse inizia a sentire il nodo della cravatta un po’ stretto, sembra avere ammorbidito le sue posizioni, ammettendo che sì, dall’euro si può anche andarsene, ma a chi ci prova gli faremo un mazzo tanto. Infatti Borghi, citando il presidente Draghi, ci informa che per uscire dall’euro la Banca d’Italia dovrebbe restituire alla BCE tutti i soldi ricevuti in prestito finora per la non trascurabile cifra di 358,6 miliardi. Il tipico ricatto da strozzino, che non è interessato tanto a farsi restituire il prestito, ma a tenere al guinzaglio il creditore, spremendo tutto il possibile in modo costante e duraturo. Al creditore in genere rimangono due strade: ribellarsi o suicidarsi.
Oltre alla perdita del reddito, pesanti sarebbero le conseguenze sul debito pubblico: un fardello che, secondo gli ultimi dati diffusi da Eurostat appena qualche giorno fa, si attesta oggi sui 2.212 miliardi di euro.
Già, il debito pubblico: duemiladuecentododici miliardi di truffa ai danni dello stato, e soprattutto del popolo. Ormai la letteratura in materia è talmente ampia e comprovata che non si può credere che alla Bussola la ignorino. Se ne sono accorti persino i vecchi comunisti, che pare esistano ancora, e il cui segretario nazionale scrive nell’introduzione ad un suo libro:
Il debito pubblico italiano non ha niente a che vedere con la spesa pubblica, e men che meno con la spesa sociale. Il debito pubblico del nostro paese si è gonfiato a causa degli interessi da usura pagati dallo Stato agli speculatori. Esso, infatti, è aumentato repentinamente a partire dal 1991, quando l’allora ministro del Tesoro [Andreatta, ndr] decise, insieme al governatore della Banca d’Italia [Ciampi, ndr], di rendere autonoma la Banca d’Italia, obbligando così lo Stato a finanziare il proprio debito attraverso i mercati finanziari. A partire da quella data gli interessi pagati dallo Stato sono schizzati alle stelle e con essi il debito, che dal 60% è passato al 120% in pochi anni. Eppure, l’esplosione del debito pubblico è diventata l’argomento per giustificare politiche di tagli e austerità. Così, dal 1992 la spesa pubblica è stata continuamente ridotta producendo il seguente risultato: se si escludono gli interessi, la spesa dello Stato è minore delle entrate. E in questi trent’anni lo Stato è diventato una gigantesca idrovora che prende i soldi dalle tasche dei cittadini e li sposta nelle tasche degli speculatori e della rendita finanziaria.
Sarà un caso se Paolo Ferrero è sparito dalla circolazione mediatica? Ma altri, e di tutt’altro orientamento politico, avevano avvertito molto tempo fa. Impossibile non ricordare Giacinto Auriti, il grande giurista nemico delle banche mancatoci ormai dieci anni orsono:
Pagare un debito di moneta con una moneta emessa a debito è impossibile. A lungo andare si pagherà con i propri beni o con il proprio lavoro non retribuito, quindi con la schiavitù.
La parola democrazia significa ‘sovranità del popolo’. La sovranità del popolo è tale se il popolo, oltre ad avere sovranità politica, ha anche la sovranità monetaria. Se questa regola non viene recepita dall’Unione Europea significa che la UE non segue la regola della democrazia ma quella dell’usurocrazia.
Io non insinuo che voi banchieri siete dei delinquenti, LO AFFERMO! Quindi, o vado in galera io per diffamazione o ci andate voi.
E tante altre che chi è interessato può agevolmente reperire sul suo sito. Ovviamente non poterono metterlo al fresco perché diceva il vero, ma purtroppo non ci finirono neanche gli incriminati. Perché se è vero che l’economia non è una scienza esatta, alcune affermazioni di economia monetaria si possono scientificamente fare, e noi le facciamo con le parole di Giovanni Lazzaretti:
Se l’ente che emette denaro è il medesimo ente che presta quel medesimo denaro a interesse, il debito del mondo, per motivi matematici e non per la buona o cattiva volontà dei popoli, è impagabile.
[…] La creazione monetaria di origine bancaria è, per un banale motivo matematico, la causa fondante della crisi greca e di tutte le crisi. E’ una malattia, per la quale è possibile individuare la cura.
E la cura, cioè la soluzione ad un problema matematico, per funzionare deve andare ad intaccare quella formula matematica che genera il problema. Ergo, la formula dell’emissione monetaria va cambiata. Le modalità possono essere diverse, e le lasciamo agli esperti, ma quello che dovrebbe essere chiaro a tutti è che l’emissione di moneta-debito, così com’è, è un sesquipedale imbroglio. Ce lo dimostrano, in un trasversale e particolarissimo coro, da Auriti a Ferrero passando per Lazzaretti.
Ma torniamo all’articolo di Borghi:
Ed è paradossale pensare come l’uscita dall’euro colpirebbe, in primo luogo, le famiglie più fragili, con basso reddito e pochi risparmi che finirebbero mangiati dall’inflazione.
Questa, come altre, sono speculazioni tutte da dimostrare, e illustri autori che fra poco citerò si sono già preoccupati di farlo. Mi limito a far notare come nessuno di quelli che adesso prevedono scenari apocalittici, abbiano previsto prima dell’entrata nell’euro cosa sarebbe successo in termini di reale impoverimento per le famiglie. Se tanto mi dà tanto, queste previsioni sono farlocche; l’apocalisse può aspettare. Nostro Signore ne deciderà il momento.
Visto che tra i premi Nobel non abbiamo solo i Dario Fo, i Bob Dylan e gli Obama, ma anche gente capace di un pensiero originale, non elitario e controcorrente, ne approfittiamo segnalando l’economista Joseph Stiglitz che insieme ad altri 5 colleghi, sempre insigniti dello stesso riconoscimento, sono da tempo su posizioni che si possono sintetizzare con:
L’Europa si salva solo se abbandona l’euro.
Gli studi di fattibilità sullo smontaggio di questa moneta fasulla presentati da accademici ormai non si contano. Segnaliamo solo un paio di esempi: lo specialistico “Leaving the Euro: a practical guide” dell’economista londinese Roger Bootle, e il divulgativo e italianissimo “Basta Euro – come uscire dall’incubo” di Claudio Borghi Aquilini, di agile lettura per tutti.
Altri indizi che sia meglio uscirne? Beh, c’è un’unica cosa su cui il Partito Democratico è compatto: il remain nell’euro. E così tutti i partitini di centro, di cui si sono perse le tracce, ma a cui sono rimaste le poltrone affisse alle sensibili terga.
Il fu premier Renzi: “Uscire dall’euro sarebbe un disastro […] pensate alla stabilità monetaria che abbiamo avuto con l’euro e che non avremmo nel momento in cui uscissimo dall’euro”.
Per il nobile economista e banchiere dai tanti cognomi e dalla erre moscia Lorenzo Bini Smaghi, sarebbe letteralmente “una catastrofe” .
Per Romano Prodi: “L’euro ha funzionato benissimo per sette anni”, c’è stato giusto un problemino l’ottavo, mentre per il fratello Vittorio uscire dall’euro “è pura follia, nel senso che noi abbiamo più che mai bisogno dell’euro” . Probabilmente con “noi” intendeva “noi Prodi Brothers”.
Se non vi bastano questi accenni per farvi prendere da un irrefrenabile desiderio di tornare minimo minimo al fiorino, ma ancor meglio al sesterzio, allora siete irrecuperabili.
Nel 1997, quando al governo avevamo Prodi I ed eravamo quasi tutti in piena euroeuforia, tanto da versare beotamente l’obolo al nostro carnefice (eurotassa) per sostenere le spese del massacro, dall’altra parte dell’oceano c’era tale Martin Feldstein, professore di economia ad Harvard, che in un articolo titolato ‘Monnet si sbagliava’ sosteneva con impressionante preveggenza:
Per molti americani, l’unione economica e monetaria europea somiglia ad un oscura impresa finanziaria di nessun rilievo per gli USA. La percezione è ben lontana dal vero. Se l’EMU verrà realizzato, come sembra sempre più facile, cambierà il carattere politico dell’Europa in modalità che condurranno a conflitti tra i paesi europei e nei confronti degli Stati Uniti.
L’effetto immediato dell’EMU sarebbe quello di sostituire le singole valute nazionali dei paesi partecipanti nel 2002 con una singola valuta, l’euro, e spostare le responsabilità di politica monetaria dalle banche centrali alla nuova Banca Centrale Europea (BCE). Ma il più rilevante effetto a lungo termine sarebbe la creazione di una unione politica, uno stato federale europeo con responsabilità in politica estera e sicurezza, così come in questioni economiche interne e politiche sociali.
Mentre i singoli governi e le personalità politiche hanno ragioni differenti per volere un’unione politica, non ci sono dubbi che la vera motivazione per l’EMU è politica e non economica. Infatti, gli effetti economici negativi di una singola moneta su disoccupazione e inflazione sarebbero superiori a qualsiasi vantaggio derivante da facilitazioni nel commercio e nel flusso di capitali tra i paesi membri.
Nel 1992 il Trattato di Maastricht che ha dato il via all’EMU parla esplicitamente di una evoluzione ad una futura unione politica. Ma anche senza questa specifica dichiarazione, il passaggio ad una moneta unica sarebbe un passo drammatico e irreversibile verso l’obiettivo. Non esiste nessun paese di un certo rilievo in nessuna parte del mondo che non abbia una propria moneta. Una moneta nazionale è simbolo sia di sovranità che garanzia di poter perseguire una politica monetaria e di bilancio indipendente. […]
Per molti europei, a partire da Jean Monnet e ai suoi contemporanei nell’immediato dopoguerra, un’unione politica delle nazioni Europee era ritenuta una via per ridurre il rischio di un’altra guerra interna tra gli stati-nazione. Ma il tentativo di gestire un’unione monetaria e il conseguente sviluppo di una unione politica avevano più probabilità di ottenere l’effetto opposto. Invece di accrescere l’armonia e la pace intraeuropea, il passaggio all’EMU e l’integrazione politica che ne sarebbe seguita avrebbe più facilmente condotto ad un aumento di conflitti dentro all’Europa e tra l’Europa e gli Stati Uniti.
Quali sarebbero le ragioni di tali conflitti? Inizialmente ci sarebbero gravi disaccordi tra gli stati membri sugli obiettivi e i metodi di politica monetaria. Questi verrebbero esasperati ogni volta che la fase economica raggiungesse alti livelli di disoccupazione in un certo paese o gruppo di paesi. Le divergenze economiche contribuirebbero ad una sempre maggior diffidenza tra gli stati. Col proseguire dell’unione politica, nuovi conflitti metterebbero in evidenza aspettative incompatibili sulla condivisione del potere e conseguenti disaccordi su questioni interne ed internazionali. Siccome non tutti i paesi europei sarebbero parte dell’unione politica e monetaria, nascerebbero ulteriori conflitti tra membri e non membri, inclusi i paesi dell’Est Europa e dell’ex Unione Sovietica.
Altri conflitti si svilupperanno tra l’unione europea e le nazioni non europee, compresi gli Stati Uniti, su questioni di politica estera e commercio internazionale. […]
Sebbene 50 anni di pace in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale possono essere di buon auspicio per il futuro, va ricordato che ci furono anche più di 50 anni di pace tra il Congresso di Vienna e la Guerra Franco-Prussiana. Inoltre, contrariamente alle speranze e ipotesi di Monnet ed altri sostenitori dell’integrazione europea, la devastante Guerra Civile Americana mostra che un’unione politica formale non è garanzia contro una guerra interna.
Anche se è impossibile sapere per certo se questi conflitti porteranno ad una guerra, è un rischio reale la possibilità di ignorare il peso di potenziali effetti che l’EMU e le politiche integrative europee potrebbero portare.
L’articolo si dilunga ulteriormente in dettagli che tralasciamo, visto che la sostanza è abbastanza chiara: altro che pace, se non state attenti questa unione vi porterà ad un altro conflitto.
Tornando coi piedi per terra, a posteriori bisogna ammettere che aveva visto giusto Bossi, quando alla vigilia dell’introduzione della moneta unica, in uno dei suoi momenti di folle lucidità, se ne uscì con un:
Sinceramente, a me dell’euro non me ne frega niente.
Che è il pensiero più carino che si affaccia alla mente quando compare in video Enrico Zanetti, tanto per citarne un altro.
Alla Bussola scrivono come se potesse venire qualcosa di buono da un progetto nato da Monnet, interpretato da Spinelli, portato avanti da Amato, continuato da Ciampi, compiuto da Prodi, introdottoci per dolorosa via da Monti, raccontatoci da Renzi, e tenuto in vita con diabolico accanimento terapeutico da Draghi.
Alla Bussola, che pure non hanno in gran simpatia questa Europa e a tratti osano avvicinarsi a tematiche antiglobaliste e di interesse nazional-patriottico, non vogliono proprio prendere in considerazione il fatto che una nazione per poter attuare politiche economiche in favore dei propri cittadini ha la necessità di disporre del denaro occorrente senza doverlo chiedere in elemosina; non vogliono prendere in considerazione che per potersi liberare dal giogo del debito bancario d’emissione occorra recuperare la sovranità monetaria; infine non vogliono prendere in considerazione che l’Europa non sia niente di meno che una dittatura bancario-sodomitica e non serve a nulla rigettarne solo la parte dopo il trattino. Essa è un tutt’uno con quella prima.
13 commenti su “Si fa presto a dire ‘si fa presto’. Contro la schiavitù dell’euro – di Marco Manfredini”
Quelli della bussola sono e resteranno demokat … diventeranno no euro solo quando sarà una opinione assolutamente maggioritaria tra i benpensanti… oppure non lo saranno mai.
Il demokat non è cattolico, della veirà non gli frega nulla, la sua divinità è la maggioranza.
Chi contribuisce a qualsiasi titolo ad un organo di informazione che riporti i fatti veri deve necessariamente anteporre la verità e la Verità ai propri cari, al proprio stipendio, alla propria sicurezza, ai propri interessi. Solo che così facendo l’organo di informazione verrà chiuso, con le buone o con le cattive. Non è facile. Come entrare in Paradiso, del resto.
Concordo, grazie!
Italia, rialza la testa!
Smetti di baciare la mano che ti strozza e il bastone che ti legna tutti i giorni da decenni!
Se la mia squadra prende 8 goal a partita
IO CAMBIO!!
EXIT EURO
Il problema non si risolve con una moneta nazionale, se essa è gestita dai banchieri. Potremmo dire: tutto deve cambiare perché nulla cambi. Il vero cambiamento è la sovranità monetaria, ovvero denaro non emesso a debito. Il denaro non ha nessun valore. Per i dettagli cercate l’articolo di Massimo Fini, dal titolo: il denaro non ha nessun valore
Quelli della Bussola dovrebbero studiare, oltre i libri dell’imprescindibile Professor Auriti, l’opera definitiva sull’argomento, anzi l’opera che consiglio vivamente a tutti voi, cari amici, scritta dal grande Normanno Malaguti: LA MONETA DEBITO, edita da Il Cerchio di Rimini, facilmente reperibile. Il libro di Normanno Malaguti andrebbe imposto in tutte le scuole italiane, di ogni ordine e grado. Visto l’argomento vi propongo questa bellissima intervista rilasciata proprio da Malaguti, un excursus storico ed economico impeccabile.
https://youtu.be/EGdOs5jYrUM
Sono in disaccordo con l’articolo e in accordo con la prudenza della NBQ. Può essere che l’euro cada anche per scelta nostra, ma non sarà una passeggiata, sarà una tragedia. In Grecia dove stanno ben peggio di noi si sono guardati bene dall’uscirne. Noi non siamo la Gran Bretagna, ex-impero con ramificazioni e alleanze mondiali, economia e finanza solida, e soprattutto Nazione. In caso di ritorno alla lira avremmo l’assalto alle banche, il crollo delle borse e l’attacco dei mercati per un paese che di credibile ha ben poco ormai. La ricetta dei sovranisti come Borghi Aquilini &C (stampare moneta) è una risorsa inefficace e antistorica che ci porterebbe sulle orme del Venezuela. Ma in primo luogo: noi NON siamo una Nazione, ma un coacervo di individui divisi su tutto, figuriamoci che caos si produrrebbe. Passare dall’Europa dei burocrati all’Italietta dei superburocrati di uno Stato altrettanto invasivo e gravato da 200000 leggi sarebbe un progresso? Ne dubito, rispettosamente. Cordialità.
Non posso esimermi dal rifiutare quasi al 100% le tesi di Fabio.
Tutti gli argomenti terroristici dei media, più la banalizzazione del lavoro di Borghi Aquilini ridotto al risibile “stampare moneta” e nulla più.
Non si può scherzare su argomenti che coinvolgono la vita e la morte di milioni di persone. Occorre trovare buone fonti di informazione e accettare magari d’averci capito ben poco fino ad ieri, come è successo anche a me.
Oltre a quanto citato da Federica, segnalo Bagnai, spocchioso ma imprescindibile al riguardo.
Preciso poi che la separazione Tesoro/Bankitalia è del 1981, non del ’91.
Le fara’ piacere sapere che prima dell’Euro eravamo la 5 potenza industriale mondiale.Sul fatto di stampare o meno la moneta..bhe’ lo fanno tutti gli stati del mondo (tranne qualche paese afro-asiatico),sui manuali economici questo e’ previsto e si studia.Cio’ che auspica Borghi e’ ritenuto valido dalla pressoche’ unanimita’ degli economisti mondiali.
http://goofynomics.blogspot.it/2015/12/stampare-moneta-ovvero-la.html
Manfredini ha citato Auriti, io ho consigliato l’opera fondamentale di Malaguti. Propongo altri due filmati, tra i tantissimi, giusto per non dimenticare e, magari, con la speranza che le coscienze si accendino. Manfredini dice che quelli della Bussola sono bravi ragazzi, non ne dubito, soprattutto ora che il ‘più grande sociologo del secolo’ non scrive più in quel blog, almeno credo. Certamente, però, quelli della Bussola non sono “incazzati”!
https://www.youtube.com/watch?v=Z2hTsc-NvIw
https://www.youtube.com/watch?v=MggTWYDhmJs
P.S.: indirettamente, ma neanche tanto, si evince dalle analisi di Auriti un fatto che noi italiani, più degli altri, non abbiamo imparato dalla Storia: mai fidarsi degli inglesi. Non è un caso che la Theresa May ha proposto a Donald Trump ‘la guida del mondo’ a due, GB e USA. Eh, gli inglesi sono sempre lesti nel fiutare quando i loro cugini tedeschi sono forti! Fecero scoppiare due guerre mondiali per impedire che la Germania diventasse una potenza.
Se fossimo realmente una comunità nazionale non si sarebbero mai posti problemi gravissimi di identità, che sono stati alla base di tanti equivoci non voluti ed imbrogli voluti.
Una parte dei nostri connazionali ha sempre flirtato con altri partiti, finanzieri, intellettuali d’oltralpe, trovando in essi, o supponendo di trovare in essi, quello che pretendevano di non vedere qui, sul patrio suolo. Questa pensata della moneta unica è stata la pensata di poveri di spirito che, in comune a tutti i paesi di Europa, non hanno trovato altro che i soldi. Ma questi sono l’unico collante solo tra farabutti. Questi poveri di spirito, come disprezzo intrinseco per questo paese che pur abitano dalla nascita, ora ci dicono che non è da paese civile andare ad elezioni anticipate prima della scadenza della legislatura. Certo è che basandosi su brogli e consolidate clientele e rapporti aum aum esteri, l’osso non lo mollano, nè l’hanno mollato da decine e decine di anni. L’euro si inserisce in questa pietosa vita nazionale. La cui cura è intesa come osso da spolpare a vantaggio dei clienti.
Consiglio a tutti la visione di questa conferenza di due ore tenuta a Milano il 31 gennaio 2017 con la partecipazione degli economisti Claudio Borghi Aquilini e Alberto Baganai, nonché Matteo Salvini e l’europarlamentare Marco Zanni. Moderatore Mario Giordano. E’ la conferma di ciò che è sotto gli occhi di tutti ma non tutti percepiscono perche frastornati dalle notizie fabbricate a hoc a livello internationale per sviare dal vero problema: la sovranità demandata ai colonizzatori che comandano nelle UE. E noi non essendo più sovrani siamo ridotti a semplici coloni.
https://www.youtube.com/watch?v=41siFjdDdPc