Soluzioni eco-regressiste: carestia e ruralizzazione – di Michele Vigna

Alla vigilia del G8, che si svolse a Genova nel giugno del 2001, un nostro collaboratore, Michele Vigna, pubblicò sul “Giornale d’Italia” un articolo che proponiamo ai lettori che sono alla ricerca delle fonti spirituali della crisi economica scatenata dalla mitologia malthusiana, che è al potere nei circoli dell’alta finanza.

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 di Michele Vigna

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rovineLa dirompenza delle suggestioni regressive, che proliferano sulle rovine del moderno, si può contemplare negli scritti di Geminello Alvi, autorevole cattedratico di economia, ex segretario della Banca d’Italia, pensatore selvaggio formato alla scuola esoterica dell’escandescente Rudolf Steiner ed elevato da Roberto Calasso all’onor del salotto intellettuale.

 Nel “Corriere della Sera” (quotidiano già vestito dalle  seriose flanelle “fumo di Londra” e in odore di Ballo Excelsior, ora indaffarato a pubblicare le più incontrollate farneticazioni decadenti ), Alvi disegna il torbido scenario di un’alleanza nazi – eco – anarchica, da sottoscrivere nel nome del regresso furente .

 All’affermazione della necessità di associare l’effervescenza criminogena dei neonazisti (che sopravvivono nelle profondità del vasto margine psichiatrico sguinzagliato da Basaglia) al teppismo del popolo di Seattle, Alvi giunge dopo un fulminante ragionamento: l’ambientalismo è contro il progresso, il nazismo aveva una vocazione regressista, dunque i verdi (“senza tabù”) devono assumere il compito di recuperare alla loro causa tutti i marginali che sono affetti della sindrome nazi: “Gli sparuti ambientalisti di sinistra rimasti  in parlamento o trovano qualche sponda a destra oppure il loro disastro diventa quello di tutti”.

 Ora l’Alvi propone (tanto per cominciare) “la conversione al biologico di almeno il 20% dei consumi”. Alvi non ha inibizioni e perciò non esita a svelare il pensiero soggiacente al “cauto” programma: “Implicherebbe in agricoltura una diminuzione di quell’indice principe che, ci hanno abituati a pensare, deve crescere sempre perché ci sia progresso: la produttività del lavoro”.

 Non c’è dubbio che ridurre drasticamente la produttività del lavoro agricolo significa assestare un colpo micidiale allo sviluppo e al benessere.

 Per un caso del tutto fortuito, il giorno successivo alla pubblicazione dell’editoriale di Geminello Alvi, Rai3 ha mandato in onda una puntata del programma “Educational”, durante il quale il pensatore crepuscolare Giuseppe Cantarano, dopo aver sferrato un attacco inconsulto alla bonifica delle paludi, ha mostrato il vero volto dell’ideologia verde, sciogliendo un inno ai mestieri arcaici, che fiorivano in margine all’acqua putrida, i “ranocchiari” e i “lumacari”, ad esempio.

 Mestieri infelici e usuranti, opposti, dopo un “lucido” slittamento nella farneticazione anti-umanistica, al lavoro tecnologico nell’agricoltura e nell’industria avanzata.

 A questo punto si può spalancare la finestra sul delirio per contemplare lo scenario depresso che gli ideologi verdi, e con loro l’economista ineconomico Alvi, sognano febbrilmente: la de-meccanizzazione (“ranocchizzazione” e “lumachizzazione”?) dell’agricoltura e la ruralizzazione degli addetti all’industria. Il risultato sarebbe una drastica riduzione di tutti i prodotti, quindi una vera e propria carestia.  Una catastrofe di portata cambogiana.

 Senza ritegno, Alvi svela la paternità del pensiero eco-regressista: “Se generalizzata davvero, l’agricoltura biologica genererebbe, per logica qualche forma di nuova ruralizzazione. Ma è stato questo il mito delle destre più imbarazzanti: di Hitler e delle vegetariane SS”.

 Occorre aggiungere che questo è stato anche il mito ispiratore delle imprese socio-rurali di Pol-Pot.   

  Il discorso squisitamente nazi-pol-pottista di Alvi suona come un chiaro appello lanciato al fanatismo della destra marginale, affinché si unisca al furore della sinistra anarco-ecologica.

 Quando si conosce la piramidale stupidità degli intellettuali estremi, quelli di destra nutriti da  Nietzsche, Heidegger e Guénon, quelli di sinistra infiammati dal rock marcusiano, dalle serenate psicoanalitiche e dalla marcia funebre francofortese – quando è stato misurato il volume ingente della stoltezza dialogante sotto l’ala nera di Cacciari, si deve riconoscere che l’alleanza dei due furori regressivi – quello degli eredi di Hitler  quello degli eredi di Pol-Pot – è possibile. Drammaticamente possibile.

 L’efficacia alchemica delle formule culturali studiate dal salotto thanatofilo è peraltro collaudata, come si evince dalla considerazione della felice unione artificialmente costituita tra il pauperismo della sacrestia deragliata e i marciatori progressisti.

 Alla vigilia delle manifestazione contro il G8 a Genova, la prospettiva di un’alleanza  dei due teppismi (tre teppismi, dal momento che ai due fondamentali si è aggiunto il teppismo della parrocchia dissenziente) è purtroppo sottovalutata.

 Inquietante è l’irresponsabilità del “Corriere della Sera”, quotidiano “benpensante”, che promuove un mix ideologico infallibilmente indirizzato alle imprese più irragionevoli.

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