di Don Marcello Stanzione
Dopo il Carnevale è ancora in uso presso diversi parroci di fare la pia pratica delle Quarantore, cioè l’adorazione davanti al SS Sacramento, esposto sull’altare in forma solenne nell’ostensorio per quaranta ore di seguito o almeno ad intervalli per tre giorni di seguito. È un arricchimento spirituale, perché ci dà la possibilità di intrattenerci con Gesù, Figlio di Dio, presente nell’Ostia Santa. Abbiamo così l’opportunità di parlare familiarmente con lui, di ringraziarlo per tutti i benefici di natura e sopranatura che ci ha dato; è anche un momento di verifica in cui facciamo il fermo proposito di amarlo sempre di più, per essersi degnato di assumere la nostra natura umana, con tutti i limiti che essa comporta e soprattutto perché ha tanto sofferto per noi fino ad essere inchiodato sulla Croce. Il cristiano, prostrato ai piedi dell’ostia Santa, prende sempre più coscienza di essere un grande peccatore, che non ha saputo corrispondere adeguatamente alle grazie che ha ricevuto, perciò più degli altri sente il bisogno di interpretare il perdono da Dio e di chiedere tutti quegli aiuti spirituali che lo fanno crescere nell’amore verso Dio e verso il prossimo.
Le Quarantore furono istituite da S. Antonio Maria Zaccaria nella prima metà del 1500, per rinnovare nel popolo l’amore a Gesù Sacramentato. Fondamentale per il cristiano è un rapporto corretto e costante con Gesù Eucaristico.
Antonio Maria Zaccaria, nato nel 1502 a Cremona ed ivi defunto il 5 luglio 1539 ad appena 37 anni, era un medico cremonese che nel vigore della gioventù, all’età di ventisei anni, improvvisamente decise di cambiare vita. Un cambio di rotta che lo portò a lasciare l’arte medica della cura dei mali fisici degli uomini, per dedicarsi totalmente a un’altra arte, quella della cura dei mali dell’anima. All’origine del cambiamento, la morte del padre, quando Zaccaria aveva pochi mesi di vita e l’esempio della madre, donna forte che rimase vedova e dedicò la vita ai poveri della città di Cremona.
In pieno fervore conciliare, parliamo del Concilio di Trento, egli fondò la Congregazione dei Barnabiti, dalla Chiesa di San Barnaba di Milano, loro prima sede. Il suo programma di vita, che trasferì ai suoi figli spirituali, era quello di mettersi al servizio degli altri senza soldi e senza alcuna ricompensa. Al nuovo Ordine detto anche poi dei “Chierici regolari di San Paolo” appartennero alcuni compagni del giovane medico che, animati dalle sue stesse intenzioni, si dedicarono all’apostolato tra la gente promuovendo soprattutto la venerazione al Santissimo Sacramento. Dopo l’Ordine maschile nacque anche quello femminile detto delle “Angeliche” più precisamente le sorelle “Angeliche di San Paolo”. Le famiglie religiose fondate da Zaccaria sono tutte dedicate a San Paolo, per sottolineare il bisogno di conquistare molti a Cristo secondo lo spirito. E’ lui fondatore dei “Maritati di San Paolo”, ossia un esercito di laici che, pur vincolati dal matrimonio, collaboravano con lui alla riforma tridentina.
Nei collegi dei Barnabiti si sono formati letterati famosi dell’Ottocento, tra i quali Alessandro Manzoni. “Dovete correre come pazzi!” diceva Zaccaria ai suoi confratelli “correre verso Dio e verso gli altri”, precisava, convinto che l’esempio valga di più di ogni insegnamento; per questo il Santo fondatore aveva inviato i suoi figli spirituali per le vie di Milano: essi, compiendo mortificazioni pubbliche, intendevano dare esempio di conversione. Ma la cosa infastidì il clero locale che reagì violentemente, accusando Zaccaria di eresia. Per questo egli dovette subire alcuni processi dai quali uscì sempre assolto.
Ad Antonio Maria Zaccaria si deve l’istituzione della pratica dell’adorazione perpetua e delle cosiddette “Quaranta ore”, ossia l’esposizione solenne, per quaranta ore consecutive, del Santissimo Sacramento onde consentire l’adorazione e la preghiera dei fedeli, nonché i tocchi di campana ogni venerdì alle ore 15 per ricordare l’ora della morte di Cristo. La sua esperienza prima di studente presso l’Università di Padova e poi discepolo del domenicano frà Marcello a Cremona lo portò a vivere una intensa vita spirituale e ad esercitare un apostolato diretto, tenendo prediche vivaci al popolo, che ravvivarono in molti la fede. Padre Zaccaria dette un forte contributo al superamento della stanchezza e dell’ignoranza religiosa che all’epoca dominava tra i cristiani a causa anche della mancanza di sacerdoti preparati per il ministero. Quando assistiamo alla S. Messa e partecipiamo alla S. Comunione, dobbiamo avere un contegno angelico come ebbero i Santi e soprattutto la Madonna nei riguardi di Gesù. Il nostro Divin Redentore ci ha amato e continua ad amarci a tal punto da dare se stesso a noi come cibo e bevanda. Se noi Lo riceviamo con le dovute disposizioni, Lo ringraziamo per la sua degnazione, risolveremo tutti i nostri problemi esistenziali. Egli, con convincente invito e bontà, dice: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”. Il pensiero di ricevere la Comunione deve farci sospirare di letizia e, nello stesso tempo, di tremore. Quale grande gioia dovremo provare quando ci uniamo a Gesù, figlio di Dio, padre del cielo e della terra, ma anche quale grande responsabilità, se consideriamo la nostra indegnità, pochezza e miseria! Come l’ape si posa sul fiore, per succhiare il nettare, salutare nutrimento per sé e per gli altri, così l’anima nostra deve nutrirsi di Gesù Eucaristico. Come il girasole tiene costantemente la sua corolla rivolta verso il sole, così noi dobbiamo orientare continuamente la nostra mente e il nostro cuore verso Gesù eucaristico, sole di giustizia, che illumina le tenebre della nostra giornata e della nostra vita. Dobbiamo offrire a Gesù il nostro inno di lode, insieme con quello di tutte le creature ragionevoli e irragionevoli, con un’adorazione umile, incessante e riconoscente. Sarebbe utile e proficuo per la nostra vita spirituale dividere la giornata in due: la prima metà per ringraziarlo di essere venuto in noi, la seconda metà per prepararci all’incontro successivo. Il nostro pellegrinaggio terreno diventa così una lode perenne al Signore, unendoci in spirito, sin da questa terra, al coro degli Angeli e dei Santi, che glorificano eternamente Dio, per la sua misericordia nei nostri confronti.
]]>