di Andrea Moretti
Strumento di dialogo all’insegna della tolleranza. Si usa sulla testa dell’avversario.
Ciò che è accaduto il 17 luglio scorso a Torino è di una gravità eccezionale. Però non abbiamo visto espressioni di sdegno, fiaccolate, dichiarazioni roboanti dai difensori full-time della libertà e dell’integrazione. La signora Kyenge, la stessa che vuole educare tutta l’Italia, non ha speso una parola – delle troppe che dice – in questa occasione. Napolitano non ha condannato l’imbarbarimento. Eccetera eccetera eccetera. La buona stampa ha dato poca rilevanza al fattaccio. Sì, ne ha parlato, ma molto en passant, come di uno dei tanti fatti che accadono. Uno più, uno meno…
Cosa è accaduto? Molto semplice: Sherif Azer, torinese, cristiano copto, cittadino italiano, è stato aggredito da una decina di islamici che lo hanno colpito alla testa con una catena perché poco prima lui aveva “osato” dire che non osservava il Ramadan perché è cristiano, come del resto testimoniato dalla croce che porta al collo. Da questa terribile e gravissima dichiarazione, ecco scattare la spedizione punitiva. I vigliacchi agiscono sempre in tanti contro un uomo solo. Prima gli inquisitori, e già sono quattro: ottenuta la risposta, ecco che intervengono i punitori: in dieci contro uno, e colpiscono alla testa Sherif Azer con una catena. Questi fa l’unica cosa sensata che possa fare un uomo solo aggredito da una massa di belve: scappa. “Noi ti ammazziamo, cristiano di m….” gridano i delinquenti. Azer salva la pelle e al pronto soccorso viene medicato per le lesioni subite. L’intervento della Polizia purtroppo non porta all’arresto di nessuno degli aggressori.
Sherif Azer, cittadino italiano, cristiano, ha rischiato di essere ammazzato perché ha dichiarato di essere cristiano. Del resto, è già conosciuto per il suo impegno politico e religioso, è già un “segnalato speciale”, nel mirino della pacifica e tollerante comunità islamica che in alcune zone della capitale piemontese esercita un notevole dominio.
Abbiamo atteso, invano, di leggere parole vibranti di sdegno dalle solite ciarliere persone che fremono per la difesa dei diritti di omosessuali, transessuali, immigrati clandestini, fuorilegge in genere, tossicomani e via elencando.
Niente da fare. Che il sig. Sherif Azer si tenga le sue botte. In fondo, se le è cercate, con la sua testardaggine nel voler difendere la sua libertà di professare la sua fede religiosa. Non ha capito che viviamo nei luminosi tempi dell’integrazione e che per essere davvero accoglienti bisogna anzitutto rinnegare sé stessi e chinarsi a novanta gradi davanti alla legittima violenza di chi arriva a spadroneggiare in Italia.
Perché non osservi il Ramadan? Perché non sono musulmano, sono cristiano!
Allora ti prendiamo a colpi di catena in testa.
Domanda: tutto ciò fa parte dei frutti spirituali del Ramadan?