Pubblichiamo la premessa del saggio di Marco Toti Un atomo di fuoco. Forme e dinamiche culturali di Occidente: storia delle religioni, ermeneutica, edito da Il Cerchio. Chi è interessato all’acquisto può contattare l’autore all’indirizzo mail marco76toti@yahoo.it

Questo lavoro, composto da studi e materiali “stratificati” e volutamente compositi, intende fornire un contributo in relazione ad alcuni significativi temi inerenti alla storia delle religioni ed alla storia intellettuale contemporanea: tra gli altri, la relazione tra ermeneutica, storia e Tradizione nel contesto degli “studi religiosi”; il rapporto tra tradizione religiosa, lessico ascetico e mondo (post)moderno (ovvero, in primis, tra Cristianesimo e Occidente), anche con riferimento alla “scuola romana” di storia delle religioni; il tema della elaborazione di una “morfologia religiosa” fondata sulla comparazione (con speciale attenzione per l’ascesi, la mistica e l’escatologia); la questione del “primordialismo”: qui presentato in una versione “metafisica” ed in una letterario-etnologica, di tono “esistenziale” (e, in particolare nell’opera di Pavese, il “velo” del “religioso” è talvolta stato squarciato in modo evidente). 

Il rapporto tra ermeneutica e storia/tradizione sul piano dell’argomentazione scientifica pone, specularmente, quello tra “immaginazione” e “memoria” quali facoltà individuali: quest’ultima, quasi platonicamente “risvegliata” dalla “reminiscenza” (parallela alla memoria in certo senso collettiva, garantita da un’autorità legittima e talora anche storicamente verificabile). In tal caso, si tratta quindi più di anámnesis, atto della memoria volontaria, quindi intellettuale, che di mnéme, facoltà inerente alla memoria involontaria, “affettiva”, forse maggiormente affine alle proustiane intermittences du cœur

Questo libro costituisce anche una “meditazione” sul metodo storico-religioso. A questo proposito, il titolo vuole delineare il carattere al tempo stesso storico-teoretico e “problematico” del saggio: la méthodos (“via con”) come itinerario di ricerca scientifico ed “esistenziale” – in cui le due dimensioni, inevitabilmente e provvidenzialmente, si intrecciano –, l’épektasis (atto del “protendersi”) quale continua progressione verso un oggetto nella sua essenza inattingibile (Dio, “mistero della storia”, vita individuale), costituiscono nozioni mutuate dal lessico greco-cristiano dell’ascesi – rispettivamente afferenti all’”accompagnamento spirituale” e alla escatologia –, ma utilizzabili anche sul piano “profano” dell’ermeneutica e della storia. 

Il termine “tradizione”, poi, va letto secondo tre significati: in primo luogo, nel senso della sua relazione con quello delle “origini”, visto che questo può essere inteso culturalmente (storicamente) ovvero metastoricamente (come dato “primordiale”); in secondo luogo, secondo l’accezione di “tradizione” religiosamente connotata (nel nostro caso, per lo più, il Cristianesimo, ma anche Islâm, Buddhismo, filosofia di epoca imperiale e tradizione nativo-americana); da ultimo, esso implica anche la trasmissione degli strumenti, dei problemi e delle acquisizioni che il fondatore della scuola romana, R. Pettazzoni, ha reso possibile, tra “deformazioni percettive” risalenti e recenti “rinvenimenti” (rapporto tra “storicismo” e “fenomenologia”). 

Anche sulla base di queste benemerite riscoperte, l’estensione degli ambiti di ricerca propri della stessa scuola di Roma alla mistica comparata ha costituito uno degli esiti più originali in tema di ricerca storico-religiosa (qui, ma a titolo meramente esemplificativo e suscettibile di ulteriori approfondimenti e precisazioni, con specifico riferimento all’esicasmo cristiano-orientale ed all’ascesi cristiano-patristica e di epoca romano-imperiale): io stesso cercai di farlo notare, tra l’altro, nell’ambito della presentazione del volume di Pettazzoni, curato da G. Casadio per i tipi della Loffredo, Saggi di storia delle religioni e di mitologia, Roma 2013 (Libreria Aseq, Roma, 29/03/2014; a presentare l’importante testo furono V.S. Severino e il sottoscritto). Dal punto di vista dell’“ortodossia” della scuola romana, l’accertamento della proposta pettazzoniana di dialogo tra “storicismo metodologico” e “fenomenologia” (ovvero morfologia eliadiana) ha quindi rafforzato la legittimità dell’utilizzo dell’ermeneutica nella disciplina storico-religiosa; e la “via regale” con cui si è riformulato – mutandone in parte il segno nettamente “antistorico” – un orientamento influenzato dal “tradizionalismo” è stata proprio quella della “ermeneutica” (M. Eliade): nonostante siano ben giustificati i distinguo tra l’impostazione di Eliade (soprattutto, ma non solo, l’Eliade della seconda metà degli anni ’50 in poi) e quella dei “tradizionalisti” facenti capo a R. Guénon, i nessi teoretici (comparazione “morfologica” tendenzialmente “concordistica”, ermeneutica simbolica e un certo qual “essenzialismo”) tra le due prospettive non dovrebbero essere sottaciuti, pur nelle differenze rilevabili anche ab origine. Il carattere ermeneutico della indagine storica fonda inoltre, da un lato, la possibilità di una storia delle religioni come “ascesi traslata” (dal piano puramente religioso a quello intellettuale-esistenziale), dall’altro, quella di un approfondimento “teoretico” del cd. “dialogo interreligioso”.

Gli spunti che hanno costituito l’”occasione” dei saggi qui raccolti – dopo un’attenta revisione, e con notevoli integrazioni rispetto agli originali – sono stati tratti da opere recenti (che ho presentato, a voce o per iscritto, nel corso dell’ultimo decennio), svolgimenti più dettagliati di questioni solo accennate nelle mie precedenti monografie, cui si connettono temi e figure particolarmente significative (e “discrete”) del Novecento storico-religioso (anche lato sensu) e letterario, peraltro operanti, spesso all’“apice” della loro maturità, tra gli anni ’40 e gli anni ’70: un lasso temporale cruciale per gli equilibri culturali e spirituali di Occidente. Attorno a questi temi si è fatta “ruotare” parte dell’esperienza intellettuale degli autori qui considerati, oltre che, in buona misura, la “sostanza” del presente lavoro. 

Visto che il libro vuole costituire anche un lavoro di “storia delle idee”, una riflessione finale mi pare congrua. In ultima analisi, la storia di Occidente è anche una vicenda di “scarti” – finanche di “cortocircuiti” – semantico-teoretici; in qualche modo connesso a questi scarti è il “mistero della storia” (del tempo, nelle sue due accezioni, “salvifico” e “divoratore”: e i processi operanti nell’attuale temperie ne mettono certamente in luce l’aspetto connesso alla “accelerazione”, che pone in crisi il “senso” dell’esistenza come “significato” e “destinazione”, producendo ”angoscia esistenziale”, che rimonta a sua volta a una colpa originaria). 

Si è cercato quindi di filtrare e integrare le problematiche in oggetto in una prospettiva di ricostruzione allo stesso tempo storica ed ermeneutica (morfologica e semantica), senza porre in secondo piano i significati “esistenziali” delle questioni affrontate. Quest’ultimo “valore” – che a mio parere trascende ogni riduzionismo psicologico, storicistico, perennialista, etc., ma che allo stesso tempo integra ed illustra l’individuazione del senso della civiltà occidentale — non va sottovalutato, né banalmente ridotto ad una postura di segno quasi “solipsistico” o “crepuscolare”: se non altro, per l’inevitabile e complesso intreccio tra i temi trattati, la personalità e le ricerche degli intellettuali qui menzionati e, più in generale e forse ancor più in profondità, per la universalità della stessa “condizione umana”. 

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