Un celebre testo di Pirandello: “Questa sera si recita a soggetto” – di Lino Di Stefano

di Lino Di Stefano

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Se la genialità drammatica di Pirandello non è stata mai messa in discussione, qualche dubbio è sempre esistito, invece, sulla possibilità scenica di rappresentare la commedia, ‘Questa sera si recita a soggetto’; testo teatrale di così alto significato morale, poetico ed espressivo.

La ragione è semplice: di fronte ad un lavoro che rientra nel filone del ‘teatro nel teatro’, la cautela è d’obbligo per chiunque voglia tradurre in atto un componimento la cui arditezza fa tremare i polsi a qualsiasi regista mettendo a dura prova pure l’attore più provetto.

In Italia la prima avvenne al Teatro di Torino il 14 aprile 1930 sotto la direzione di Guido Salvini anche se lo spettacolo, per ragioni politiche, dovette subire delle censure; molte furono le repliche dopo la seconda guerra mondiale fino a quella celebre di Luca Ronconi quantunque il grande numero degli interpreti – indispensabili per una felice riuscita dello spettacolo – abbia ostacolato  l’attuazione di un’opera perfetta.

La complessa opera pirandelliana, infatti, col suo intricato intreccio, fu concepita, scritta e rappresentata per la prima volta in Germania – rispettivamente a Berlino nel 1929 e a Koenigsberg, la patria di Kant, nel 1930 – in un periodo, cioè, di grande sconforto per l’Autore a causa di alcune vicissitudini che gli avevano scosso la già precaria fiducia negli uomini.

Tanto da fargli scrivere, da Berlino, a Marta Abba, in data I^ giugno 1930: “Ho perduto anche l’orgoglio della mia solitudine, ho perduto anche l’amore della mia sconsolata tristezza”. ‘Questa sera si recita a soggetto’è la storia delle incomprensioni ed anche degli attriti fra Pirandello e i suoi collaboratori,  fossero essi, attori, capocomici – come si chiamavano allora i registi – e spettatori.

Tali conflitti erano già emersi in occasione della prima dei ‘Sei personaggi in cerca d’autore’ (1921) al teatro ’Valle’ di Roma allorquando, a dire del drammaturgo, “La tempesta di quella sera memorabile fu scatenata da nobili passioni, fu l’urto violento dei giovani contro i vecchi”, ma si ripresentarono con tutta la loro urgenza e crudezza proprio in occasione della prima al teatro ‘Neues Schauspielhaus’ di Koenigsberg con la regia di Hans Carl Mueller

A causa, aggiungiamo con Pirandello, dello “scuro livore di una masnada che si scatenò aizzata” dal suo ex traduttore in Germania, come egli scrisse nella citata lettera a Marta Abba. E veniamo alla trama dell’opera nella quale il regista dello spettacolo che sta per essere rappresentato, deve portare sulla scena un dramma sulla scorta di una estemporanea rappresentazione da parte degli attori della compagnia e sull’esile trama – almeno in apparenza – di un complicato fatto di gelosia.

Protagonisti: l’attrice caratterista, le quattro figliole, Mommina, Totina, Dorina, Nenè, il sig. Palmiro, padre delle ragazze, un gruppo di ufficiali al centro di un complicato caso di gelosia; Rico, Verri e Mommina sono al centro di tale intricato caso attorno al quale ruota una serie di inestricabili episodi che mettono a dura prova non solo l’attenzione dello spettatore, ma confermano ancora una volta quanto sia difficile, in Pirandello, la distinzione tra realtà e finzione, persona e personaggio, vita e forma.

Vita e forma, realtà e sogno, emblemi della  tragedia della vita, rappresentata, a giudizio dello studioso Giuseppe Tricoli, “in quel soggettivismo esasperato che si consuma tra il dubbio, il relativo, la coscienza del limite della nostra condizione umana  e l’aspirazione alla certezza, all’assoluto, alla perfezione dell’uomo”.

Questo perché, come sostiene Corrado Alvaro, un altro esegeta dell’Agrigentino, “i drammi pirandelliani sono i drammi dell’angoscia della borghesia, della stessa civiltà col suo mondo di convenienze in dissoluzione, e col ripullulare della natura e dell’istinto, cioè d’una  morale naturale là dove quella sociale è fallita”.

Tornando all’opera in questione, per la verità una ‘farsa’, gli attori recitano improvvisando mentre i fatti rappresentati vengono infastiditi dai giudizi del regista e degli attori i quali, per diverse ragioni, scordano la loro parte mentre il primo nel tentativo di mettere ordine a tali distorsioni, alla fine, non fa altro che accrescere la confusione.

Da qui, la conferma che siamo al cospetto di una vera commedia burlesca. Ecco perché Leonardo Sciascia, un altro esperto dell’universo pirandelliano, sostiene che lo scrittore è il più sibillino autore italiano perché la Sicilia nel momento in cui  è una terra di misteri, nello stesso tempo è una fucina di intellettuali che hanno conferito e conferiscono grande lustro all’isola, patria anche di Empedocle di Agrigento, e di altri celebri pensatori greci.

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