“Un perdente esemplare”, di Delfina Ducci – recensione di Lino Di Stefano

recensione di Lino Di Stefano

 

lbrddsL’Autore preso in esame da Delfina Ducci  – nel volume, ‘Un perdente esemplare’ (MGM Edizioni, Roma, 2013) – è, di sicuro, omericamente, un uomo “dal multiforme ingegno”, considerata la vastissima produzione in tante sfere del sapere: letterarie, poetiche, critiche teatrali, filologiche e, non ultime, quelle delle traduzioni.

 Il tutto, attestato da un numero impressionante di titoli che assommati alle diverse migliaia di saggi e di articoli unitamente ai numerosissimi riconoscimenti, italiani e d’oltralpe, segnatamente greci – vista la versatilità dello scrittore di cui si parla, nell’idioma di Platone e dei grandi tragediografi e commediografi dell’età dell’oro, diciamo così, della cultura dell’Ellade  – fanno di Antonello Colli  un personaggio veramente sorprendente.

   Non gli è da meno, aggiungiamo subito, l’Autrice del lavoro – la menzionata Delfina Ducci –  la quale, adoperando la penna come un fioretto, ha confezionato un’agilissima e snella, sebbene breve, biografia – sul citato scrittore – che ripercorre, di volta in volta, le laboriose ed intricate vicende, artistiche ed umane, di un uomo che ha vissuto e sta vivendo il suo ‘iter’ esistenziale di novantaduenne non solo “con animo perturbato e commosso”, per dirla con Vico, ma anche con una rischiosità che ha dell’incredibile.

   Romano di nascita ed educato, per agiatezza familiare, a tutte le esperienze più avanzate e, nel contempo, a tutti i movimenti avveniristici tesi a spezzare ogni legame col passato, Antonello Colli ha esperito una vita impavida affrontando, pericolosamente, ogni avvenimento della condizione umana: da quello scolastico, ‘stricto sensu’, a quello militare – visto, altresì, il suo incarico di agente del SIM “dopo l’arrivo ad Atene delle truppe italo-germaniche”, come scrive la Ducci-, da quello familiare, con tutte le relative implicazioni, a quello affettivo, da quello di studioso a quello, infine, di uomo di mondo e, si potrebbe azzardare, di superuomo.

   Il tutto, in qualità di persona di lettere, con uno stile sempre efficace ed incisivo a dimostrazione della verità contenuta in una bella immagine di Friedrich Nietzsche secondo la quale, “naufragium feci, bene navigavi”;  e l’Autore ha, realmente e metaforicamente, navigato in lungo e in largo, in ogni campo, ove si consideri la sua instancabile ed irrefrenabile attività quasi in ogni settore dello scibile e della vita pratica.

   Direttore di importanti testate giornalistiche e culturali – segnatamente, la Rivista ‘Pragmatica’, sua migliore creatura – regista teatrale, storico e suscitatore di cultura  nel significato più ampio, Colli ha legato il proprio nome ad opere e a studi di notevole rilevanza letteraria e dottrinale, consistenti, in particolare, in traduzioni e in messe in scena dei testi di autori classici mercé la rivisitazione del teatro greco e la conseguenziale, osserva l’Autrice, “rivoluzionaria abrogazione dal linguaggio pseudodotto nel dialogo teatrale (…) contro la retorica spocchiosa di Ettore Romagnoli”.

   Su quanto detto sopra, ha saputo porre l’accento Delfina Ducci la quale con uno stile sostenuto, ma fluente è stata in grado di tenere il lettore non solo desto, bensì pure vigile, dalla prima all’ultima pagina, mediante una narrazione attentissima alle molteplici ed aggrovigliate vicissitudini spavaldamente sciorinate da un individuo quasi centenario. La sua fatica, infatti, si legge tutta d’un fiato seppur compressa negli angusti limiti imposti dalle comprensibili e inderogabili istanze editoriali.

   Per quest’ultima ragione, la stessa è riuscita a compiere quasi un miracolo – merito non secondario – perché in meno di cento pagine è stata in grado di concentrare le innumerevoli e stravaganti avventure – umane ed intellettuali – di una personalità, ‘naturaliter’ estrosa, ma anche insofferente ad ogni tentativo diretto ad imbrigliarne il temperamento impetuoso e il carattere ribelle. Sicché, in conclusione,  parafrasando il nostro Gino Capponi – in delegazione, a Parigi, nel novembre del 1813, con cinquanta deputati di altrettante città toscane, per rendere omaggio all’imperatore Napoleone – si potrebbe affermare, in senso positivo, beninteso, che Antonello Colli, come Bonaparte,  rimane “uno di quegli uomini dei quali sta bene che l’umanità (com’ella è fatta) s’inorgoglisca e che gli ammiri , ma è grazia di Dio il mandarceli molto di rado”.

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