UNA SALUTARE MEDITAZIONE SUL NATALE NELL’ULTIMO LIBRO DI CORRADO GNERRE – di Cristina Siccardi

Corrado Gnerre, Il Natale e il presepe nel cuore dell’uomo. Perché il Natale e il presepe affascinano tutti… anche chi non crede?, Solfanelli, Chieti 2012, pp. 160, euro 12. (per acquisti on line clicca sull’immagine di copertina)

 

di Cristina Siccardi


 

ncgÈ uscito un libro molto propizio per il Natale 2012 a firma di Corrado Gnerre, Il Natale e il Presepe nel cuore dell’uomo per capire perché il Natale e il Presepe affascinano tutti… anche chi non crede (Solfanelli, € 12.00, pp. 154). Leggendo le pagine dell’acuto, preparato e cattolico filosofo Gnerre comprendiamo che di fronte al Presepe non possiamo porci con l’animo dello studioso, dell’analista, dello scienziato, ma dobbiamo essere semplici, come lo furono i pastori e i Re Magi; dobbiamo essere umili, togliendo dagli occhi le tenebre del mondo per lasciarci sorprendere e abbagliare, come fanno i bambini, dall’Incanto; dobbiamo sgranare innocentemente gli occhi davanti al soprannaturale che irrompe nel naturale. Contemplare il Mistero della Luce venuta nel mondo significa riconoscere che il Figlio si è incarnato e si è lasciato crocifiggere sul Golgota per e solo per amore; così ogni giorno, per stare sempre con noi, fino al dissolvimento della Terra, il Salvatore si lascerà sacrificare dai suoi sacerdoti sull’Altare della Santa Messa.

Di fronte al Presepe occorre stare con il cuore aperto, lasciando fuori ogni malizia sensibile e intellettuale. È il Vangelo rivelato ai semplici, come dichiara Gesù: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt. 11,25). Commenta l’autore: «Da qui il perché degli umili pastori come primi testimoni della venuta nel mondo del Redentore. A loro è data per primi la buona notizia, e perché a loro è dato maggiormente capire ciò che non basta solo capire, ma che bisogna piuttosto amare.

Il mistero dell’Incarnazione pone il Cristianesimo in un’originale posizione – unica rispetto alle altre religioni – di valorizzazione dell’umiltà. Precisamente di una duplice umiltà: non solo di quella solita, che tutti possono intendere… ma anche di quell’umiltà di chi si pone dinanzi al reale in maniera non intellettualistica. Insomma, non solo l’umiltà come semplice virtù, ma anche quella di chi si stupisce dinanzi al reale. Ed ecco perché dapprima a dei pastori. Il pastore pensa, ragiona, ma il suo lavoro è il farsi condurre dai ritmi naturali che gli impediscono astrazioni intellettualistiche» (p. 19).

Lo studio di Gnerre ci dimostra che il Cristianesimo è concreto e tangibile: una vera religione, non una filosofia come lo sono, invece, le pseudo-religioni orientali. Dio non si è fatto idea, ma si è fatto Uomo. La Trinità non è un’idea, ma sono Tre Persone in perfetta Unità fra di Loro. Contemplare ciò nel Presepe, dove la Trinità è attivamente operante, significa guardare intensamente, innamorandosi dell’Amore Infinito. Infatti il «Cristianesimo si configura come la religione dello sguardo. Il Cattolicesimo (che è il Cristianesimo autentico) ancora di più si presenta come tale, grazie all’enorme importanza che esso dà alla devozione mariana» (p. 49): l’ineffabile Maria Vergine, l’incantevole Maria, la Benedetta Maria, bontà e bellezza purissime, che nel guardarLa, chi resiste al Suo sguardo e non abbassa gli occhi, non può far altro che rimanerne rapito…

Nei dipinti e nei presepi tutti i personaggi, a maggior ragione Maria Santissima e il Suo castissimo Sposo, guardano al Bambino Gesù, ovvero tutti contemplano, tutti adorano la Verità che si manifesta sensibilmente. Il Creatore ha deciso di non rimanere fermo soltanto sul piano verbale ed intellettuale, ma si è fatto Passione e Condivisione, per stare fra noi, per abitare dentro di noi, diventando addirittura Carne e Sangue nella Comunione: è il Dio che si fa mangiare per stare intimamente in noi e donarci la vita eterna. «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo resusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6, 48-58).

Nessun nirvana, nessuna astrazione dal corpo, nessuno yoga, nessuna seduta psicanalitica… può rendere felici. Soltanto il realismo della contemplazione può portare la persona alla felicità verso la quale siamo “prepotentemente” chiamati, “prepotentemente” perché ad essa siamo destinati. Noi tutti siamo invitati a riappropriarci del Paradiso che Dio aveva pensato di condividere con noi e che, dopo la caduta di Adamo ed Eva, abbiamo perso; ma siamo nuovamente convocati ad entrarvi (se vogliamo) grazie all’Emmanuele, al «Dio con noi». Dunque «Solo il realismo della contemplazione può condurre l’uomo all’autentica felicità, perché la vera felicità è quando si ripone il proprio essere nella sua giusta collocazione, una collocazione che non è costruita nell’immaginazione ma è data» (p.105).

Corrado Gnerre cita il grande dom Colomba Marmion (1858-1923):

«Trasferiamoci alla grotta di Betlemme e contempliamo il Fanciullo adagiato nella mangiatoia. […]. Egli somiglia a tutti gli altri bambini; e tuttavia anche in questo momento, in quanto Dio, in quanto Verbo eterno, Egli giudicava le anime che gli comparivano davanti. “Come uomo egli è adagiato sulla paglia; come Dio sostiene l’universo e regna nei cieli” (XII Responso del mattutino della Domenica dell’Ottava di Natale). Questo Bambino che comincia a crescere è Colui che è eterno e la cui natura divina non conosce mutazioni. Colui che è nato nel tempo è Colui che è prima di tutti i tempi; Colui che si manifesta ai pastori di Betlemme è Colui che dal niente ha creato le nazioni “che dinanzi a lui sono come se non fossero” (Isaia 40, 17)» (pp. 109-110).

Il Presepe non lascia nessuno indifferente, perché nel cuore di ognuno, credente o non credente, è inciso l’Amore del Creatore venuto a redimere il mondo, è incisa nell’anima la Verità, che a Natale, presso l’umilissima e luminosissima greppia, non chiede di essere capita razionalmente, ma di essere afferrata e amata nel gaudio.

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