Un’altra ottima ragione per il “NO” al referendum. “L’uomo nuovo” secondo Lisbona – di Patrizia Fermani

Una lettura della proposta di riforma dell’articolo 117 della Costituzione.

di Patrizia Fermani

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zschvCome è stato ampiamente rilevato anche su queste colonne, le modifiche  che col referendum si vorrebbero apportare al testo costituzionale, sono orientate tutte  ad un accentramento del  potere  che lo stato si sente impegnato  ad esercitare sotto la dittatura e dettatura dell’ Unione Europea. Il tutto, collegato poi con la famigerata  riforma della legge elettorale, completerebbe lo spegnimento  delle voci virtualmente minoritarie. Insomma il trionfo della democrazia della cui bandiera tutti, senza distinzione di fede politica o religiosa, si fasciano da tempo da capo a piedi.

Tuttavia questo piano eversivo  non tocca soltanto l’immediato presente. La riforma guarda anche, anzi  soprattutto, al futuro, perché punta a preparare generazioni che, geneticamente modificate all’origine,  possano vegetare docilmente senza creare problemi di stabilità all’ “ordine nuovo” approntato per “l’uomo nuovo”.

Un aspetto infatti su cui conviene riflettere riguarda indirettamente  l’adattamento del sistema di istruzione nazionale alle direttive europee. Un tale adattamento totale di contenuti e di strutture, di certo  già in corso d’opera  da tempo, è stato consacrato dalla legge 107 senza via di scampo.  Ma ora si tratta di renderlo omogeneo ed inattaccabile anche attraverso la modifica dell’articolo 117, che andrebbe a  riformare la riforma, in senso federalista, del 2001, con cui si trasferirono alla competenza legislativa concorrente delle  Regioni materie di competenza esclusiva dello Stato, fra le quali appunto l’istruzione.

Ora  bisogna subito osservare come il peso di un certa modifica dell’ordinamento giuridico vada valutato tenendo conto della realtà politica del momento in cui essa viene realizzata, e delle relative condizioni di fatto e di diritto.  Nel 2001, ad esempio, un  trasferimento di poteri  alle Regioni nel campo della istruzione, poteva sembrare azzardato in ragione di certe note differenze ambientali da regione a regione, che producevano forti differenze sul  rendimento scolastico reale e sul  peso culturale tra uno stesso titolo di studio conseguito in una regione piuttosto che  nell’altra.

Ma dopo il  2001, ad incidere sui termini della questione, e  anche sulla opportunità della riforma di allora, è intervenuto qualcosa di importanza capitale per tutti, anzi qualcosa la cui importanza è inversamente proporzionale alla sua  generale sottovalutazione.  Si tratta della  firma del Trattato di Lisbona, con cui è stata consumata ai danni di decine di “paesi membri” la truffa della imposizione, sotto mentite spoglie, di una Costituzione europea che nessuno voleva e che nessuno aveva votato.

Con la firma apposta al Trattato di Lisbona, i solerti  rappresentanti democratici del popolo italiano, che forse  si sono guardati dal leggere anche una minima parte di quelle centinaia di fumose pagine, hanno  incatenato il popolo sovrano al carro, o meglio al carrozzone, dell’Unione Europea, facendone il suddito felice.

Quel Trattato prevede, bontà sua, all’articolo 6, che lo stato firmatario ha competenza esclusiva in materia di istruzione.  Ma prevede anche che l’Unione Europea, cioè lo stato di cui siamo appunto sudditi, possa dare le linee di indirizzo, “sostenendo, completando e coordinando l’azione degli stati membri”. Il tutto, si intende,  attraverso provvedimenti non vincolanti. Sennonché sappiamo bene come anche quanto appare non vincolante sulla carta, diventi proprio il cappio  che i singoli governanti stringono continuamente al collo dei sudditi dell’Unione Europea,  specialmente quando di trovano in sintonia con le ideologie che la dominano. Sappiamo che il lavoro di scavo nelle legislazioni apparentemente sovrane degli stati membri da parte dell’Unione Europea viene infatti  realizzato attraverso il profluvio di provvedimenti sfornati con ritmo martellante dai vari organismi europei e che inesorabilmente finiscono per dettare linee politiche e norme interne.

E’ inutile ricordare come tutta la  recente legislazione, già in vigore o in corso d’opera, che promuove in ogni ambito le aberrazioni omosessiste, si sia ammantata della investitura proveniente dall’Unione Europea “che ce la chiede”.  Basti pensare che di questo bombardamento a tappeto di Raccomandazioni demenziali, fa parte anche quella sfornata nel 2010 dal comitato dei ministri degli esteri, il nostro era allora Frattini, che incoraggia neppure troppo velatamente la legalizzazione della pedofilia. Che poi queste Raccomandazioni siano fatte diventare vincolanti di fatto in virtù del ricatto economico, è un’altra storia che bisogna tenere sempre presente quando si cerca di decifrare l’enigma dell’asservimento.

Ora con questa proposta  di riforma dell’articolo 117 della costituzione, anche nel campo della istruzione, il gioco dell’asservimento si fa ancora più scoperto. Infatti il ritrasferimento della competenza esclusiva in materia allo Stato può significare semplicemente che l’Istruzione deve essere guidata dai criteri imposti dall’Unione europea agli stati membri, senza  possibili sbavature e interferenze provenienti da iniziative delle amministrazioni locali. E non possiamo dimenticare a questo proposito come  nella  “istruzione” si pretenda da anni di risucchiare a forza anche l’educazione, quella che, attenendo alla sfera morale e spirituale dell’individuo, non può e non deve in alcun modo essere  espropriata alla famiglia, né essere delegata da questa allo Stato o ad altri poteri.

Ecco dunque che dietro l’aspetto “procedurale” delle competenze legislative, si può intravedere a buon diritto l’intento di rendere inattaccabile l’adozione già compiuta da questo governo con la legge 107 dello orizzonte ideologico imposto dall’unione Europea. Un orizzonte ottuso in cui campeggia  come idolo unico e assorbente un certo modo di intendere l’economia, e in cui ogni individuo deve essere sollevato dalle preoccupazioni dell’etica e dalla riflessione sui  principi primi dell’esistenza umana. Alla sua base c’è infatti quella specie di cultura  scientista che, mentre si arroga il compito di “creare una società progredita, evoluta ed istruita”,  come osservava  anni fa Giorgio Israel, “diffonde proprio una visione striminzita, meschina e tecnicistica della stessa scienza”. In realtà questa cultura mira a forgiare una società di analfabeti scolarizzati, esperti di tecnologia, di mercato e altre “abilità”, ma senza vera formazione umana, senza storia e senza principi morali, e tutti muniti invece di un’etica posticcia al servizio del potere economico e politico di turno.

Infatti non è che non sia prevista un’etica  per l’uomo nuovo da produrre anche nel laboratorio scolastico. Ma si tratta semplicemente di quel prontuario di comportamenti preordinati per plasmare individui affrancati dalla possibilità del dissenso e del  conflitto, elementi sempre pericolosi all’interno di un allevamento di umanoidi. Un obiettivo quest’ultimo che viene raggiunto  spegnendo negli individui ogni differenza, non soltanto sessuale come vuole la nuova etica genderista, ma anche speculativa ed identitaria, perché essa venga poi spenta  inesorabilmente anche in ogni formazione sociale. Tutti debbono risultare pacificamente uguali, repressi, depressi e laboriosamente intenti a far girare l’economia secondo il modello di sviluppo deciso dai poteri dominanti.

Come voglia l’Unione Europea che siano allevati i propri sudditi, lo leggiamo appunto nelle raccomandazioni che si sono susseguite a partire dalla firma del Trattato. Tutte orientate ad omogeneizzare le scuole di ogni ordine e grado per costringerle a sfornare individui  culturalmente appiattiti su uno standard di informazioni di tipo tecnico più o meno accessibili a tutti, che di per sé non lascino spazio alla speculazione, cioè alla riflessione su ciò che non può essere oggetto di misurazione e di sperimentazione.

A questo scopo deve essere abolita anzitutto quella cultura umanistica che attraverso la storia dell’uomo e del suo pensiero, induca alla riflessione sulla sua natura spirituale, sul patrimonio di esperienza e di pensiero  trasmesso di generazione in generazione con sofferenze, cadute e resurrezioni. Insomma su tutto ciò che fa dell’uomo una creatura unica fra gli esseri viventi perché ricco della scintilla divina e capace di farsi domande sulla propria vocazione e sul proprio destino, sulla propria individualità e sulla propria appartenenza alla catena delle generazioni, una catena  che lo aiuta a non cadere nel  vuoto di una insensata e abbandonata solitudine.

La piena realizzazione di questo piano performativo dell’uomo nuovo europeo è già avvenuta in Francia per mano della ministra franco marocchina Belkacem.

L’opera di  adeguamento psicologico individuale al nuovo modello “umano” deve poi essere  affidata ai nuovi sapienti,  gli “esperti”, quelli sfornati  in gran numero dalle apposite facoltà universitarie, ai quali soltanto  è assicurato oggi un provvidenziale posto di lavoro nel grande bacino indifeso della scuola di ogni ordine e grado. Gli esperti vanno già da tempo nelle classi a convincere quanto è bello fare parte dell’allevamento in cui si diventa capaci di ridurre tutta la realtà in un calcolo matematico, ma anche di consolarsi col brivido dello “abbandono alle proprie emozioni”, un altro caposaldo del nuovo sistema educativo. È la scuola della para scienza e della disinibizione, una versione aggiornata del  panem et circenses.

Fra le tante Raccomandazioni elargite dalla Unione Europea in tema di istruzione è esemplare quella abbastanza recente del 18 dicembre 2015  dove si legge che:

“L’istruzione nel suo duplice ruolo sociale ed economico, è un elemento determinante per assicurare che i cittadini europei acquisiscano le competenze chiave necessarie per adattarsi con flessibilità ai cambiamenti”.  Dove è chiaro il concetto che il  “cambiamento”  viene prima degli individui che dovrebbero produrlo. Ovvero, è realtà prodotta e imposta a tutti prima ancora che gli individui ne acquistino consapevolezza o la riconoscano come frutto della  propria libera volontà.

Vengono quindi sciorinate le otto “competenze chiave” che i discenti devono acquisire obbligatoriamente.

1)comunicazione in madrelingua (notare il termine riduttivo che esclude la ricchezza culturale della espressione linguistica).

2)comunicazione in lingue straniere.

3)competenza matematica e competenze di base in scienze e tecnologia.

4)competenza digitale.

5)imparare ad imparare (da leggere ovviamente in chiave di tecnica di fissazione delle informazioni).

6)competenze sociali e civiche (da intendere negli aspetti socio politici ovvero inesorabilmente ideologici).

7)consapevolezza ed espressione culturale (dove per cultura si intende quella di riferimento dei punti precedenti).

8)spirito di iniziativa ed imprenditorialità (!) (guerra ai contemplativi!).

Per la Unione europea si  tratta di forgiare l’uomo macchina, l’uomo che nell’immenso laboratorio in cui viene programmata la sua esistenza lavori secondo ritmi sintonizzati ed emetta suoni omogenei.

Ecco perché serve riformare di nuovo l’articolo 117. Perché nulla, nemmeno il ghiribizzo di qualche amministrazione locale, possa intralciare questa opera di omogeneizzazione verso il basso che assicura individui ugualmente capaci di maneggiare le nozioni della tecnica e di applicarle anche per risolvere le questioni ultime della esistenza umana.  Progetto grandioso, prometeico, visto dalla parte dei grandi burattinai moralmente analfabeti della politica. Delittuoso e micidiale per chi lo subirà senza rendersene neppure conto.

10 commenti su “Un’altra ottima ragione per il “NO” al referendum. “L’uomo nuovo” secondo Lisbona – di Patrizia Fermani”

  1. La “Nuova” Europa è parte integrante del grande progetto mondialista massonico. Vogliono renderci tutti loro passivi esecutori. Finché mi rimarranno almeno due neuroni non mi pieghero’ a fungere da “terminale stupido”! ma quello che veramente mi preoccupa sono i nostri figli…

  2. Innanzitutto, incominciamo a dire un secco NO, il prossimo 04.12. Poi occorrerà studiare come liberarsi da questa UE, marcia fino al midollo. Ma – e’ bene chiarirlo subito – non sarà ne’ facile ne’ indolore.

  3. “In realtà questa cultura mira a forgiare una società di analfabeti scolarizzati, esperti di tecnologia, di mercato e altre “abilità”, ma senza vera formazione umana, senza storia e senza principi morali, e tutti muniti invece di un’etica posticcia al servizio del potere economico e politico di turno.”
    E’ da un pezzo che ci sono riusciti…… Oramai ci sentiamo mosche bianche. E’ per questo che, purtroppo, vinceranno i Sì. Questi analfabeti scolarizzati vanno a votare….

  4. Purtroppo stiamo già danzando giulivi sopra un palcoscenico di esclusiva proprietà dei burattinai che ci manovrano. Ho diretta esperienza che a scuola non è data ai giovani la possibilità di ragionare autonomamente, ma piuttosto solo di registrare per parlare al primo clic.

  5. Purtroppo il nuovo modello umano si è già imposto culturalmente, al di là e oltre gli aspetti legislativi che pure spingono in questa direzione. Sono le famiglie, convinte di fare il bene dei propri figli, a chiedere alla scuola di impostare il lavoro secondo queste linee.
    Ma vi sono aspetti ancor più preoccupanti. Nella scuola è in atto una sorta di protestantizzazione che tende a distruggere lo statuto epistemologico di ciascuna disciplina e la conseguente tradizione pedagogica per lasciare che l’alunno ricostruisca ed interpreti autonomamente il sapere. Con esiti tragicamente prevedibili.
    Come Lutero ha negato il libero arbitrio, così oggi si tende a negare la libertà e la responsabilità del discente. In caso di insuccesso la responsabilità è naturalmente del contesto, dell’istituzione, dei singoli insegnanti che non hanno saputo adeguatamente organizzare, motivare, illustrare, valorizzare, ecc.
    Il tema è molto complesso e forse esula dallo spirito di questo articolo.

    1. Patrizia Fermani

      Gentile Lettore
      il tema toccato va al cuore della distruzione degli individui attraverso il sistema scolastico e quindi non esula di certo dallo spirito dell’articolo. Tutto è già in atto da molto tempo (era già leggibile nei libri delle elementari dei miei figli che ora sono adulti). Ma ora c’è a mio avviso quella consacrazione ufficiale con cui si vuole chiudere ogni possibile via di fuga anche a quanti potrebbero ancora tentarla. Cioè si mette mano apertamente alla soluzione finale ordinata altrove per impedire a chiunque se ne rendesse conto, di sottrarvisi. La guerra prossima ventura alla scuola parentale o quella già aperta al liceo classico vanno in questa direzione.

      1. Già… la cultura potrebbe contribuire ad avvicinare alla consapevolezza.
        La consapevolezza alla verità.
        La verità alla libertà.
        …e Lorisignori questo vogliono/devono assolutamente evitarlo alla massa-da-plasmare.

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