Usa, aborto: nel 2010/14 approvate ben 231 leggi pro life

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Sembrava che la sentenza «Roe vs Wade», emessa dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1973, fosse la fine di tutto, che avesse spento ogni speranza e soffocato qualsiasi contestazione: l’aborto era diventato un «diritto». Non solo: si crearono le condizioni per impedire a qualunque Stato ed in qualunque modo di opporvisi. Ma la fantasia, il coraggio, la creatività ed il rischio personale, cui molti governatori e sindaci non hanno esitato ad esporsi, ha permesso di compiere il miracolo, sfruttando appieno qualunque cavillo normativo per un bene superiore.

Volere è potere. Lo hanno dimostrato e lo dimostrano le leggi pro life, in modo graduale ma – a quanto pare – inarrestabile introdotte negli Stati Uniti, per contenere il massacro dell’aborto: in Sud Dakota, Kansas, Arkansas, Virginia, Mississipi,… Anche nel Texas, dove 37 delle 42 cliniche abortiste sono risultate inadeguate rispetto alla normativa. Ed, in questo caso, si chiude. I risultati non si son fatti attendere: oggi l’indice abortivo nella Federazione è sceso ai livelli più bassi mai registrati negli ultimi decenni. Un successo. Per la vita.

L’Istituto Guttmacher è un tassello importante della grande lobby abortista, in quanto sponsor delle «politiche riproduttive» dell’Onu, politiche per le quali molti bambini nel grembo materno sono morti e moriranno prima di veder la luce. Ebbene, proprio tale Istituto ha segnalato come, tra il 2010 ed il 2014, nei soli Usa siano state approvate ben 231 norme pro life; oltre la metà degli Stati sono protetti da una legislazione a tutela di figli e madri; 27 Stati hanno introdotto significative restrizioni all’accesso all’aborto; nel 2014 sono stati già presentati 341 progetti di legge a favore della vita, benché, di questi, solo 26 finora siano stati convertiti in legge.

Nella galassia abortista il disagio comincia a sentirsi, ad essere percettibile, palpabile. Nel 2000, 13 Stati erano considerati ostili all’idea che l’aborto fosse un «diritto»; nel 2010 sono diventati 22, cinque dei quali classificati come «estremamente ostili»; nel 2014 hanno raggiunto addirittura quota 27, di cui 18 «estremamente ostili». E lo esprimono in vari modi: in alcuni casi, come in Alabama, si è rafforzato l’obbligo del consenso dei genitori; in altri, come in Arizona, sono state consentite ispezioni senza preavviso nei Centri ove si pratichi l’aborto; in altri ancora si è prolungata l’attesa obbligatoria prima di interrompere la gravidanza: dalle 24/48 ore in Alabama alle 72 del Missouri. In ragione del dolore provato dal feto, il Mississipi ha proibito gli aborti tardivi. Il Sud Dakota ha vietato gli aborti praticati in base al sesso del nascituro, considerati una sorta di “conquista sociale” dal femminismo arrabbiato. Non basta, sono stati tagliati i finanziamenti alle cliniche abortiste: in Alaska, Indiana e Georgia, ad esempio.

Stando alle statistiche, la maggior parte dei cittadini statunitensi non sarebbe assolutamente d’accordo che parte dei propri soldi finisca per sovvenzionare gli aborti. E’, questo, l’innato buon senso della gente. Che strappa la maschera a quei politici, che si giustificano, dicendo di non poterci fare nulla. Non è vero: semplicemente, non vogliono. E dei tanti bambini uccisi nel grembo materno si rendono così corresponsabili anche loro…

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fonte: NoCristianofobia

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