E’ stato spiritualmente molto proficuo il viaggio-pellegrinaggio in Turchia, organizzato dal distretto italiano della Fraternità Sacerdotale San Pio X dal 23 al 30 maggio 2011. L’itinerario si è sviluppato lungo le orme dell’apostolo San Paolo che quì nacque nella città di Tarso e attraversando queste contrade svolse buona parte della sua opera evangelizzatrice.
Il gruppo di pellegrini, guidato da don Pier Paolo Petrucci, ha percorso in pullman molti chilometri in Anatolia ed ha concluso infine il viaggio nella grande città di Istanbul. Da questo, sia pur superficiale contatto con la società turca, è emersa chiaramente l’impressione di un paese in forte espansione economica. La Chiesa, al contrario, appare, come in parte è noto, in grande difficoltà nel mantenere, in quelle terre un tempo cristianissime, almeno una presenza vessillare.
“Voi ci chiederete cosa facciamo quì” – ci ha detto, ad esempio, una suora italiana – “La risposta è semplice: nulla se si prescinde dalla preghiera e dalla muta testimonianza. In questa città non vi è ufficialmente nemmeno un cristiano, al di fuori della casa non possiamo portare il nostro abito religioso, questa chiesa è un museo statale e si può celebrare la S. Messa solo quando ci sono gruppi di turisti stranieri che lo chiedono espressamente”.
Queste condizioni molto dure, ed è forse l’unica fortuna di quei poveri cristiani, però riescono in qualche modo a stemperare il solito livore contro la Tradizione Cattolica. Nessuno infatti ha mai mosso obiezioni alla celebrazione della S. Messa di sempre, nè nelle due chiese dedicate a San Paolo a Tarso e Iconio, nè alla casa della Madonna presso Efeso, nè in una chiesa rupestre della Cappadocia.
L’abito talare è, come detto, vietato dallo Stato che però, probabilmente allo scopo di non danneggiare l’industria del turismo, lo tollera di fatto per i pellegrini stranieri.
Tale segno esterno di cristianesimo militante, crediamo assai raro in altri gruppi cattolici, ha dunque destato curiosità, ma anche sincero interesse nelle persone incontrate, quasi tutte mussulmane. Se si possono infatti ascrivere soprattutto al folklore le numerose richieste di fotografie accanto al padre, non così si può dire per alcuni passanti che hanno domandato esplicitamente una preghiera o una benedizione.
Il governo turco, ufficialmente laico, da alcuni anni si sta avvicinando a posizioni filo-islamiche. Per i cattolici si tratta in ogni caso di orientamenti entrambi negativi.
Nei musei, ad esempio, è assolutamente vietato pregare. Quasi tutte le chiese, o rovine di esse come la basilica di San Giovanni Evangelista ad Efeso che custodisce la tomba dell’Apostolo così amato da Nostro Signore, sono di fatto musei statali. In queste situazioni la nostra guida solitamente si allontanava dal gruppo, facendo finta di non vedere e sentire. Noi siamo sempre riusciti a fare comunque una preghiera nei luoghi più sacri ma ci dispiaceva sinceramente mettere in difficoltà quel pover’uomo che, almeno potenzialmente, poteva rischiare addirittura il ritiro temporaneo della licenza di accompagnatore turistico.
Tutto comunque è andato bene, con l’aiuto della Divina Provvidenza e l’intercessione dell’Apostolo delle genti.
Al termine del faticoso ma entusiasmante pellegrinaggio è rimasto tuttavia in ognuno il desiderio di pregare anche in futuro per i cattolici di quelle terre e per la conversione dei mussulmani.
In Turchia, come in molte altre nazioni lontane da Nostro Signore, c’è bisogno soprattutto di missionari ferventi e di testimoni coraggiosi della Fede. A ben poco serviranno invece dialoghi interreligiosi o aperture al mondo che potranno solo indebolire ancora di più una Chiesa già così discriminata ed oppressa.