La sorte degli embrioni congelati  –  di Patrizia Fermani

L’amore è la chiave di volta che ha reso possibile la mutazione genetica del cattolicesimo e si presenta oggi come una parodia della carità cristiana. Ora il cristianesimo è lo spazio del cristiano amoroso e amorevole, quello che assume il moto emozionale e contingente a metro dell’azione morale, e non riconosce criteri superiori  di riferimento e di giudizio

di Patrizia Fermani

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zzFaustIl tema della fecondazione artificiale extracorporea avrebbe dovuto impegnare come pochi il pensiero cattolico in una battaglia senza compromessi sui principi, in primo luogo su quello della Creazione. Invece,  il campo è stato abbandonato del tutto ad una pratica che segna la degenerazione etica e culturale di una intera società. In questa come in altre ritirate si riflette tutta la crisi del cattolicesimo, la sua perdita di identità, nello straniamento di una Chiesa che non ha saputo più predicare la salvezza cristiana, quella delle  anime.  Anzi,  con una fatale inversione di ruoli, ha assunto sempre più i modelli secolari della politica e i contenuti della ideologia dominante in gran parte modulata sul registro del marxismo.

Infatti è innegabile che la Chiesa  conciliare, di fronte alle tentazioni della modernità  e alle novità del mondo plasmato dalla tecnologia, è  stata sedotta  proprio dalle fortune della religione marxista,  maestra di compassione e di riscatto umano, che assicurava agli uomini una salvezza tutta terrena più immediatamente appetibile di quella ultraterrena. Una religione senza Dio e aldilà, ma fornita di un campionario attraente ritenuto adattabile anche alla novità dei tempi. Una unione adulterina dunque,  capace di modellare tutta una nuova mentalità anche “cattolica”.

 Qualcuno ha detto che il marxismo è stato l’oppio del cristianesimo. Ma non si è trattato di una intossicazione passeggera, perché esso è penetrato nel cristianesimo, attraverso i miti pretesamente comuni della solidarietà, della fratellanza e della uguaglianza, della giustizia sociale, del progresso umanitario e della libertà, miti che in realtà assumono un contenuto affatto diverso, anzi opposto, appena li si sgancia dal riferimento metastorico alla volontà eterna di Dio. E Infatti a dispetto di ogni fallimento politico, il marxismo è rimasto, sotto altre vesti, l’asse portante della mentalità corrente mediaticamente alimentata e ha sposato prontamente la causa dello Stato etico tecnocratico e delle sua aspirazioni faustiane.

L’eresia marxista, tuttavia, ha consentito al cattolicesimo in cui è penetrata, di conservare il linguaggio cristiano, ma senza più riferimento alla legge naturale o a quella divina tout court.  Cosi come la rivoluzione giacobina aveva utilizzato le parole evangeliche per capovolgerne il significato, a partire da quello di fraternità, ma privata del riferimento al Padre comune. Perché è proprio quest’ultimo che manca dalla prospettiva della nuova religione ecumenica solidaristica e libertaria che facendo leva sulla compassione umana sostitutiva anche della misericordia di Dio, ha assunto, come parola d’ordine, quella magica e inafferrabile, a contenuto indefinito e sempre variabile, dell’amore.

L’amore è la chiave di volta che ha reso possibile questa mutazione genetica del cattolicesimo e si presenta oggi come una parodia della carità cristiana. Ora il cristianesimo è lo spazio del cristiano amoroso e amorevole, quello che assume il moto emozionale e contingente a metro dell’azione morale, e non riconosce criteri superiori  di riferimento e di giudizio. L’amore come libertà può servire qualunque causa e incarnarsi in qualunque iniziativa. Infatti, messa da parte la stella polare della Ragione di Dio espressa nella Creazione e nella Provvidenza, messa da parte in una parola la legge divina che è lo specchio dell’amore di Dio per gli uomini, e che sola può realizzare anche l’amore tra gli uomini, quello che resta sotto la stessa etichetta è proprio la liberazione per sé e per gli altri da ogni obbedienza che non sia quella alle inclinazioni proprie e altrui. Rimane la liberazione dal dover essere e l’impunità per tutto e per tutti, ora assicurata preventivamente da una misericordia divina che prescinde dalla violazione del dovere. È la cancellazione del peccato attraverso la forza della libertà autogestita.

Su questa strada l’amore da habitus morale diventa facilmente ragione giustificatrice del male. Perché senza il criterio di una legge superiore, arbitro del bene e del male diventa l’uomo con le sue leggi profane e le sue scelte esistenziali.

La ragione teologica di questo rovesciamento della essenza del cattolicesimo e della resa senza condizioni della Chiesa al mondo, è stata fatta risalire da Romano Amerio ad un rovesciamento dello schema trinitario, definito in modo lapidario dall’autore, come “dislocazione della Divina Monotriade”. Essa consiste nella posposizione del Logos allo Spirito, ovvero della ragione all’amore. In altri termini concreti, il cattolicesimo contemporaneo ha invertito l’ordine logico che guida il segno della croce per cui la volontà del Padre si incarna nel Verbo di Cristo che genera lo Spirito. Rovesciare quest’ordine significa sganciare l’amore dalla guida della ragione eterna che abita la legge di Dio, porre “l’amore al posto del logos, la volontà prima dell’intelletto, la libertà in luogo della legge” e farne quindi una scimmiottatura fraudolenta del comandamento evangelico della carità. Il tema che emerge chiaramente anche nel pensiero di Benedetto XVI, viene ripreso e illustrato ora con grande chiarezza in un libro di Enrico Radaelli.

Su questo sfondo  si capisce come anche l’atto blasfemo di fabbricare l’uomo in laboratorio, al pari di altri fenomeni di degenerazione etica, abbia potuto trovare facilmente la strada della normalizzazione, in un mondo che continua a definirsi cattolico ma assomiglia ad un edificio di cui è rimasta in piedi solo la facciata.  Un mondo cattolico che, restato pressoché inerte di fronte alla perversità della fecondazione artificiale, ora pretende di legittimare attraverso malintese categorie evangeliche proprio una delle sue più dissennate conseguenze. Infatti  si presenta adesso impellente il problema della sorte degli embrioni prodotti con le tecniche di fecondazione artificiale e sottoposti a congelamento. Un fenomeno rimasto per lungo tempo sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone, ma che, con la nuova apertura della legislazione (dei giudici!) alla fecondazione eterologa, torna  prepotentemente alla ribalta.

Già da tanti anni il congelamento è stato praticato, con le effimere limitazioni approntate dalla legge 40, quale misura di recupero del “materiale” buono avanzato dal ciclo della fecondazione artificiale. La vita è oggetto di un processo produttivo che risponde alle leggi dell’economia, la scienza che tutto sa, tutto guida, e pretende di fornire di quanto accade, anche la giustificazione più soddisfacente.

Alla fine, anche la grandezza titanica del sogno faustiano dell’uomo che vuole farsi Dio, svanisce non appena quest’uomo esce dalla stanza mefistofelica degli alambicchi ed entra in camice bianco in quella del laboratorio biochimico dove alberga banalmente il modello produttivo. Quello per cui il bisogno, come forma prosaica del desiderio, acquista anche un credito morale, e riceve copertura giuridica, quali che ne  siano le conseguenze immediate e future.

Che il procedimento di fecondazione artificiale producesse anche la distruzione o il congelamento di embrioni umani vitali, non ha impegnato le coscienze di quel nugolo di politici, moralisti, bioeticisti maitres à penser, e benefattori dell’umanità a qualunque titolo, affaccendati attorno all’albero della vita da scortecciare a dovere per un qualche utile di varia natura compreso quello che viene dal mercato della eugenetica, della ideologia libertaria o in una parola, della politica come ricerca di consenso..

Dunque se fabbrichiamo esseri umani e il ciclo produttivo prevede che si formino delle grandi scorte di embrioni non utilizzati, che si fa? Scelti quelli strettamente necessari, gli altri o li distruggiamo, o li congeliamo. In fondo anche con le arance facciamo la stessa cosa perché è economicamente corretto e  giustificato dalla possibilità di un utilizzo futuro. Gli embrioni di cui non ci si può servire al momento vanno a formare le scorte in frigorifero come le arance da propinare fuori stagione. Ma quando il frigorifero è troppo pieno bisogna decidere il da farsi. Ecco allora che la mostruosità della fecondazione artificiale applicata agli esseri umani rivela il proprio volto nella mostruosità delle conseguenze. Perché se i frigoriferi vanno svuotati per motivi pratici, le cose sono due: o accettiamo la distruzione degli embrioni che abbiamo allegramente prodotto, oppure li facciamo vivere impiantandoli a caso in altrettanti uteri e il ciclo produttivo riceve un altro enorme slancio a costi limitati.

Il Magistero della Chiesa, non ancora delocalizzato nelle periferie esistenziali e speculative, pochi anni fa si è pronunciato chiaramente. La Istruzione Dignitatis Personae della Congregazione per la Dottrina della Fede, con la quale è stata condannata perché incompatibile con la dottrina cristiana la fecondazione artificiale, seguendo ancora logica e teologia, ha dichiarato inammissibile che essa poi venga surrettiziamente riattivata attraverso l’impianto degli embrioni crioconservati. Perché con quest’ultima operazione non si fa altro che ridare forza straordinaria al perverso “ciclo produttivo” e ammetterla significherebbe vanificare la sua condanna.

Ma per sostenere la soluzione del riciclo degli embrioni, ecco che l’asso nella manica è ancora una volta quell’amore onnipresente capace di risolvere ogni problema di coscienza vero o presunto. E c’è pronta un’altra parola magica capace di cambiare per incanto la realtà delle cose: basta impiantare gli embrioni congelati a migliaia nell’utero di altrettante richiedenti e dare compuntamente a questa operazione il nome di “adozione”.

È matematico che se chiediamo a quanti incontriamo per strada, se è moralmente giusto lasciare morire gli embrioni congelati o farli adottare, tutti abbracceranno si slancio la seconda proposta, tranquillizzati dal fatto che tanti bambini senza genitori riconosciuti potranno godere di una famiglia, tutti diranno che è una questione di amore. Tuttavia se sostituissimo il termine “adozione” con “impianto nell’utero di una donna qualunque”, magari pagata per fornire un prodotto umano in forma di bambino ad una persona o ad una coppia qualsiasi, già qualcuno  potrebbe essere indotto a riflettere e anche la risposta  potrebbe essere diversa. E’notizia recente, a questo proposito, che in Norvegia si fabbrichino bambini predestinati al rapporto incestuoso con ineffabili “genitori adottivi” provvisti di una qualunque tendenza sessuale.  Ma non fa notizia. Woody Allen fece scuola a suo tempo per le nuove prospettive dell’adozione incestuosa.

Dunque con la parola magica si può caricare sulle spalle di una intera società le conseguenze perverse di una iniziativa altrettanto perversa che la stessa ragione umana avrebbe dovuto rifiutare e non consacrare attraverso le leggi.

La magia delle formule, la confusione delle idee e la incertezza dei principi, insinua il dubbio e inquieta le coscienze suggestionate da sensi di colpa per colpe altrui e che vengono insidiosamente inoculati attraverso l’inganno delle parole e la falsa evidenza degli argomenti. L’adozione come l’amore sono le parole che servono anche al “cattolico” per superare l’ostacolo della Dignitatis Personae e metterlo al riparo da ogni possibile senso di colpa. Anzi, a sorpassare in spirito umanitario lo stesso documento magisteriale che, già in odore di rappresentare un residuo della Chiesa presessantottina e preconciliare, può essere ignorato come l’altare fisso, lasciato disadorno e muto sullo sfondo.

Ma è proprio su questo tema che si misura in modo esemplare la tenuta dei principi, quelli senza i quali diventiamo una massa allo sbando in preda a qualunque pulsione nostra e altrui

È evidente che ragioni umane e morali sostengono la necessità di sottrarre gli embrioni sia al protrarsi di una situazione tanto innaturale com’è il congelamento, sia alla morte procurata per scongelamento. Ma se si va più in profondità,  l’obiezione forte da opporre razionalmente al trasferimento in utero degli embrioni

Crioconservati, in sintonia con la Dignitatis Personae, è che in tal modo, si finisce per legittimare a posteriori una pratica riconosciuta come contraria alla legge naturale divina, e per incrementare un paradossale  quanto devastante circolo vizioso.  Ancora una volta  quelle che si presentano come le migliori intenzioni,  finiscono per produrre effetti disastrosi,  e allora è in base a questi che bisogna valutare la  bontà delle prime.

Ma, soprattutto, nella razionalità di questo argomento si proiettano  ragioni più grandi e più profonde.

Il principio della indisponibilità della vita umana abbraccia ovviamente la difesa dell’embrione quale nucleo vitale dell’uomo. Ma il superamento di questa barriera ideale e l’offesa alla vita si dilata in modo macroscopico quando ci si impossessa anche della esistenza futura dell’uomo e l’arbitrio iniziale viene esteso a tutto l’arco della vita altrui. L’uomo concreto, l’individuo che vede la luce come frutto di volontà che gli sono estranee  al di fuori del naturale processo di procreazione, nasce forgiato come uno schiavo del suo padrone tecnologico e viene concepito come un essere senza anima e senza sofferenza. È un uomo gettato nell’universo privo di  segni di riconoscimento e consegnato a una immane solitudine. Un uomo che nasce al di fuori del progetto della creazione e della Provvidenza, oggetto capriccioso di altri uomini, la marionetta patetica e tragica mossa da fili occulti che ne hanno segnato il destino.

Alla fine il passaggio dal giudizio di inaccettabilità morale della fecondazione artificiale alla presunta necessaria assunzione di responsabilità nei confronti degli embrioni congelati è viziato logicamente ma soprattutto oseremmo dire anche teologicamente.

Infatti, una volta posto il principio certo che la fecondazione artificiale extracorporea è moralmente peccaminosa, perché contraddice la stessa legge divina, un intervento volto a portare a compimento le conseguenze di quell’aberrazione iniziale non può e non deve considerarsi dovuto.

C’è qualcosa di profondamente diabolico nella presunzione di interferire, in nome di un supposto dovere morale, sulle conseguenze di quella violazione. Il delirio di onnipotenza finisce per esprimersi anche in questa forma obliqua. In questa assunzione di responsabilità per fatti altrui che perpetua il male, lavandoci anche la coscienza mentre ci fanno arbitri di tutto.

La ratio che si esprime nel principio della creazione non è, né può essere, quella di un Dio geloso, che rivendica per sé soltanto un atto di volontà onnipotente, senza la preveggenza paterna del logos: chi riconosce la propria completa dipendenza dalla volontà di Dio creatore, deve riconoscere anche la insindacabilità del piano secondo cui Egli ha ordinato la vita dell’uomo, in tutte le fasi e modalità del suo sviluppo. E il divieto che investe la fabbricazione dell’uomo, copre necessariamente tutta la dinamica in cui si sviluppa l’azione iniziale. Oltre all’atto blasfemo di sostituzione creatrice, le ragioni di quel divieto riguardano anche le sue conseguenze, altrimenti il dettato della legge divina viene svuotato del proprio telos.

In altre parole, la legge divina, o se si vuole la legge naturale che la esprime, non inibisce semplicemente un atto di orgoglio umano, quella ybris che sempre tenta l’uomo con demoniaca insistenza; si estende anche alla previsione di quanto consegue distruttivamente alla trasgressione del piano divino. E se pretendiamo di  intervenire sulle conseguenze di quella trasgressione iniziale, di cui pure non siamo gli autori, per cercare a tutti i costi una via d’uscita appagante per la nostra coscienza, finiamo col perpetuare e fare nostro proprio l’atto di superbia iniziale, in una sorta di prometeismo “cristiano”.

In quella proposta si realizza un passaggio dal piano logico a quello teologico: l’uomo ritiene di doversi fare carico a tutti i costi delle conseguenze del peccato iniziale, come se esse possano sfuggire al logos della  legge di Dio. E come se non fosse esclusivamente il rispetto di quella legge a doverle scongiurare.

Si tratterebbe di un intervento riparatore, che pretende di realizzare una sorta di sostituzione salvifica. Ma è Cristo qui tollit peccata mundi, noi non possiamo né dobbiamo osare di sostituirci a Lui.

Altrimenti la superbia di volerci appropriare dei misteri della Creazione si estende grottescamente ai misteri della Salvezza e pretende di prescindere marxianamente dalla verità e dalla sua definizione del bene e del male.

8 commenti su “La sorte degli embrioni congelati  –  di Patrizia Fermani”

  1. Dottoressa Fermani,
    allora Lei cosa propone? Ho, più o meno, compreso ciò che (con moltissime ragioni) reputa male, ma non capisco cosa REPUTA bene. O meglio, il bene era NON fare ASSOLUTAMENTE nulla, in materia di fecondazione extra-corporea. NON PRODURRE EMBRIONI. Adesso che, però, PURTROPPO ci sono, Lei cosa ne vuol fare? E’ molto utile il bel libro “Embrione, segno di contraddizione” (Ed. Ital. Minerva Medica) del Servo di DIO Prof. Jerome Lejeune. Ne consiglio la lettura. Le sarò molto grato per una risposta.

    1. Caro signor Nicòla,per quanto mi riguarda non ritengo di dover proporre proprio nulla perché si tratta di una operazione mostruosa in tutti i suoi aspetti e della quale devono accollarsi la responsabilità tutta intera anche delle conseguenze,soltanto quanti l’hanno messa in piedi e continuano ad alimentarla.In ogni caso non è ammissibile che la legge divina sia aggirata e vanificata proprio per iniziativa dei suoi trasgressori e questo è il contenuto obbligato della Dignitatis Personae.Più in generale, è evidente come per la dottrina cristiana anche il valore della vita umana ceda il passo a quello della verità.La Chiesa ha santificato chi ha saputo rinunciare alla propria vita pur di non rinnegare i comandamenti della fede:né i martiri cristiani che hanno rifiutato di adorare l’imperatore,né Tomaso Moro,né Giovanna D’ Arco sono stati considerati dei suicidi per avere sacrificato la vita alla salvezza di un principio superiore,ma elevati,appunto, all’onore degli altari

      1. Carissima Dottoressa,
        Il Servo di DIO Prof. Jerome Lejeune, fu chiamato, in veste di perito, a dire la sua su un caso di una coppia in corso di divorzio. Tra i “beni” che i due avevano in corso di “divisione”, c’era anche una quantità di embrioni congelati. Dalla sua perizia è stato tratto il libro cui faccio cenno. La tesi dell’illustre intellettuale ed uomo di scienza, nonché escluso dal Nobel per la sua fede cattolica praticata e professata (e di cui è in corso il processo di beatificazione) è che gli embrioni Non sono “beni”, ma PERSONE UMANE, dotate di anima, anime cui per aprire la strada al Cielo Gesù è morto e CUI VA OFFERTA LA CHANCE di nascere e di ricevere il battesimo. In astratto ed in generale. In concreto ed in particolare, più a lungo dura il congelamento, più alte sono le probabilità che lo shock dello scongelamento li uccida. MA LA CHANCE DI NASCERE è UN LORO DIRITTO.

        1. Infatti,come il diritto romano prevede la figura del “CURATOR VENTRIS”, per difendere i diritti dei bimbi non ancora nati, così auspicava, il Servo di DIO Prof. Jerome Lejeune, l’istituzione del “CURATOR PROVETTAE”, per difendere i diritti dei bimbi prigionieri delle provette congelate.

  2. Il cardinale John Henry Newman – ora beato – ebbe a dire che “verrà il momento in cui la Chiesa sarà sola a difendere nello stesso tempo l’uomo e la cultura.” Ma lo disse quando regnava Leone XIII e la Chiesa Cattolica non si era ancora “aperta al mondo”.
    Tuttavia, rimane un Resto fedele e consapevole che ha il compito di preservare e tramandare la Tradizione cattolica bimillenaria, forte nella promessa di nostro Signore. Non praevalebunt !
    Grazie Patrizia per l’ottimo articolo.

  3. Grazie Nicòla,
    sono pienamente d’accordo con la tua posizione. Non possiamo impedire la creazione e il congelamento di embrioni da parte di coppie e paesi che non considerano tale pratica immorale. Possiamo tuttavia dare loro una chance di vita. Tale chance dovrebbe essere data in modo tale che la dignità del futuro nascituro sia preservata dal punto di vista morale e legale. Proprio come avviene con l’adozione i nuovi genitori si assumeranno tutte le responsabilità per i figli in tal modo concepiti. È giusto che la coppia che ha creato questi embrioni scelga come e a chi donarli. Un coppia di una specifica religionepotrebbe non voler donare gli embrioni ad una coppia di altra religione per esempio.
    ” l’adozione prenatale può costituire l’atto di vera carità con cui si offre a un essere umano, (…) «un’opportunità reale di sviluppo»
    (estratto dal: http://www.diocesi.brescia

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