Divorzio a sessant’anni: la nuova frontiera della povertà

Vecchiaia e solitudine

Le nuove frontiere della disgregazione familiare.

di Miriam Pastorino e Dionisio di Francescantonio

Vecchiaia e solitudineOra che anche i sessantenni fin qui sopravvissuti a tutte le crisi matrimoniali hanno cominciato a scoprire “l’ineguagliabile fascino” della separazione e del divorzio, c’è da scommettere che i magazine e i salotti televisivi, se ancora non lo hanno fatto, cominceranno a celebrare, assieme all’ultima conquista sociale, l’abbattimento dell’ostacolo residuo che ancora ci separa dalla totale libertà individuale. D’altra parte, visto che la chirurgia plastica e la scienza ci sorreggono, che male dovrebbe esserci a voltare le spalle all’incubo della decadenza fisica e mentale per riaprire la porta ai sogni e regalarsi l’occasione di vivere un’altra “fantastica emozione”?
Ed è così che, sotto l’influsso dei media più progressisti, nuove disillusioni cocenti e devastanti appaiono destinate ad affermarsi tra noi assieme a un penoso senso del ridicolo. Non serve molta fantasia per immaginare il futuro che attende l’incauto anziano che abbia deciso di voltare le spalle al proprio passato: ansie, rimorsi, depressione e una solitudine così totale da trasformare in dramma un banale colpo della strega o una semplice influenza stagionale.
La verità è che, al di là dell’offerta di felicità proclamata ad ogni piè sospinto dall’imbonitore di turno, sia esso conduttore televisivo o responsabile della posta del cuore, strizza cervelli preoccupato della felicità del proprio paziente o avvocato divorzista avido di guadagnare, nel pacco dono della separazione tardiva di concreto c’è solo l’intenzione di nuocere gravemente ai più deboli: “Avanti, aumentiamo le categorie dei derelitti, c’è ancora del posto nel mondo del malessere!”
E allora eccoli i salotti televisivi dove le nonnette con la bocca alla moda negroide e le gote gonfie del grasso prelevato dalle loro natiche si esibiscono per aggiornarci sulla straordinaria capacità di prestazione del loro ultimo amante, magari poco più che ventenne. Oppure la fiction dove il matusalemme di turno se la spassa con la colf o con la badante senza che nessun secondo tempo ce lo mostri con gli abiti sporchi e strappati mentre tende la mano davanti alla porta di una parrocchia.
Restando in attesa della comparsa di qualche filosofo e di qualche sociologo di nuova generazione, finalmente in grado di spiegarci da dove viene tutta questa volontà di fare del male ai vecchi dopo averne fatto tanto ai bambini, e senza alcuna pretesa di scomodare pur utili precetti religiosi e morali ai quali, del resto, nessuno fa più riferimento, sarebbe consigliabile al Governo in carica, doverosamente impegnato a risanare la finanza pubblica, l’adozione d’una strategia innovativa capace di contrastare davvero vecchie e nuove povertà: quella che agisce nella formazione delle coscienze e prospetta stili di vita e di comportamento attraverso la sfera culturale intesa in senso lato, una strategia che ponga finalmente un freno al propagarsi, per il tramite di quegli strumenti della diffusione della cultura oggi impregnata troppo spesso di cinismo morale e di spregiudicatezza nichilistica, di modelli falsi e deleteri che influenzano tutti i ceti sociali e in particolare i più deboli rappresentando un mondo di realizzazione e felicità individuale laddove può esistere solo il rimpianto e il rimorso per il male inferto agli altri e a se stessi. E, molto spesso, lo spettro della miseria più estrema.
Recriminare sugli errori commessi e rimpiangere il passato ormai non serve a nulla, se non ad aumentare le nevrosi e i sensi di colpa individuali e collettivi. Tre generazioni  feliciPer andare avanti, per voltare pagina, occorre prendere atto di ciò che è avvenuto negli ultimi decenni e dei dolori e fallimenti che ne sono derivati senza inutili moralismi e atti d’accusa verso i troppi che hanno ceduto allo spirito dei tempi, ma applicare l’onesta e umile volontà di coinvolgere tutti nella grande impresa di sanare il sanabile, arrestando una deriva destinata a portarci al disastro totale. E, soprattutto, ricordare che tutto passa attraverso l’imposizione di modelli finalmente sani e di una visione del mondo opposta all’attuale, dove l’amore vero e, quindi, la comprensione e fedeltà coniugale tornino ad essere non solo valori assoluti ma anche tutele economiche per garantire vite dignitose in luogo di interventi assistenziali letali per la pubbliche finanze e umilianti per tanti vecchi e infanti derelitti.
E’ importante capire che la rinascita sociale e la rinascita economica passano anche attraverso i nuovi film e le nuove fiction che attendono di essere girate e dai nuovi libri e articoli che attendono di essere scritti, e da quant’altro capace di riproporre un po’ di quel buon senso altrimenti detto senso del limite che aiutava tutti noi a salvaguardarci dagli errori, e a non inseguire chimere in grado soltanto di nuocerci e di sprofondarci nell’infelicità.

Miriam Pastorino ha una formazione umanistica e s’interessa in particolare di storia e di filosofia. La sua principale esperienza professionale ha avuto luogo presso il Comune di Genova, dove è stata ideatrice e lungamente responsabile di due uffici culturali di ampio successo di pubblico, dai quali è stata, in tempi diversi, brutalmente allontanata per “incompatibilità ambientale”, pur svolgendo un’attività apprezzata dalla cittadinanza e, quindi, prestigiosa per l’ente: in altre parole, soltanto perchè non ideologicamente compatibile con le forze politiche di sinistra, sempre e comunque dominanti nel capoluogo ligure. Due dure esperienze di mobbing subite nel suo ruolo professionale che, tuttavia, non sono riuscite a frustrarne la volontà e l’impegno di continuare ad operare bene al servizio della comunità, contribuendo anzi a fortificarne il carattere, a temprarne la pazienza e anche la tenacia. Tutto ciò perché non è mai venuta meno in lei la decisione di restare al servizio di una giusta causa di libertà.
Ha continuato e continua, in qualità di presidente dell’associazioneVoltar Pagina, a organizzare iniziative culturali (convegni, tavole rotonde, mostre d’arte, incontri musicali) con lo scopo di promuovere il rinnovamento culturale. Tra le ultime iniziative si ricordano: “Il Sessantotto tra l’utopia e il nulla”; “Pittori figurativi al Castello di Nervi”; “Cambiamo la scuola”; “Scegli la scuola giusta”; “Genova, una culla per la rinascita delle arti”.

Dionisio di Francescantonio scrive e dipinge. Ha pubblicato articoli, racconti, fotografie e disegni su libri, riviste e giornali italiani e stranieri, collaborando in particolare con le edizioni De Agostini, Sei, La Scuola editrice, Giunti Marzocco, Le Monnier. In volume ha pubblicato il saggio illustrato “Folclore ligure: le Casacce” e due romanzi: “L’identità del fuoriuscito” e “Eldorado”. Ha esposto i suoi dipinti in Italia (a Genova, Lucca, Firenze) e in Francia (a Aix en Provence). Si dichiara avverso alla cultura antioccidentale, improntata al relativismo dei valori e al nichilismo delle coscienze, propugnata dalla sinistra politica erede del Sessantotto. Si propone, attraverso le discipline artistiche, di recuperare l’insegnamento della grande cultura dell’Occidente e il suo senso dell’ordine e della bellezza.

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