Eresia e pedofilia – Di P. Giovanni Cavalcoli

S. Francesco e L'eretico

Di P. Giovanni Cavalcoli, OP

S.Tommaso d’Aquino dice che ogni uomo non può fare a meno di qualche godimento; per cui, quando non sa o non vuole godere dei piaceri dello spirito e della virtù si volge ai piaceri della carne. Se si perde il gusto della verità, facilmente l’animo è allettato da altre attrattive degradanti o vergognose. Occorre un amore fortissimo per la verità, per non cedere alla pressione delle cattive passioni, che spingono l’uomo verso il peccato, si tratti dei peccati spirituali o di quelli carnali.
Uno dei fenomeni più gravi della vita cattolica dei nostri giorni nei laici come nel clero è un diffuso scetticismo o agnosticismo nei confronti della verità, e mi riferisco in modo particolare alla verità delle proposizioni di fede, circa le quali si fa fatica a capire che esse devono essere veramente a fondamento della condotta morale del cristiano. Oppure accade che di certe verità puramente dogmatiche non ci si rende conto del loro riflesso nella vita morale.
Spesso, quando si parla di fede, non ci si riferisce ad dogmi, ma si parla di una certa “esperienza” detta eventualmente “esistenziale” o come “incontro personale”, di tipo storico o concreto, dove l’aspetto intellegibile scompare, per dare spazio a una non meglio determinata emotività, la quale mancando di contenuti concettuali, rischia di pescare nel torbido e di favorire sentimenti che in realtà sono peccaminosi.
D’altra parte c’è nei Pastori una certa tendenza ad insistere sì sulle verità morali con la conseguente condanna dei comportamenti contrari, ma dall’altra parte c’è un silenzio quasi totale circa le verità speculative, oggetto di pura contemplazione, come per esempio la visione beatifica, gli attributi divini, il Mistero Trinitario, la Persona di Cristo in Se stessa e le opere compiute da Dio nella storia della salvezza.
Bisogna che riprendiamo la consapevolezza che la nostra condotta morale dipende dalle nostre idee. E’ vero che possiamo avere idee giuste e condotta sbagliata; ma sarà difficile che con idee sbagliate possiamo avere una condotta giusta. La questione della pedofilia è certamente gravissima e scandalosa soprattutto nei sacerdoti; però domandiamoci: che cosa è avvenuto nell’animo di questi ministri del Signore? Come mai hanno ceduto? Hanno ricevuto una buona formazione teologica e spirituale? Il loro Vescovo è intervenuto tempestivamente a correggere gli errori teologici presenti nella sua Diocesi? Ha promosso e difeso la posizione di quei pochi sacerdoti che oggi, con coraggio e nella sofferenza, cercano di fare il loro dovere appoggiando e difendendo il Papa e il Magistero della Chiesa?
Come si vede il male della pedofilia è il segno conturbante di un disagio ben più profondo esistente nella Chiesa ormai da decenni e che la vede lacerata da fortissime contraddizioni nel campo che tocca la stessa dottrina della fede. Queste cose gli ultimi Papi le hanno denunciate più volte.
In altre parole bisogna che ci decidiamo a riconoscere che nella Chiesa esistono molte eresie. Bisogna recuperare questa parola con franchezza, competenza, anche se – questo sia ben chiaro – con carità, anzi soprattutto con carità. Ma la carità non è carità se non si basa sulla verità e se l’apostolo della verità non si preoccupa con ogni mezzo, a costo stesso della vita, di liberare le anime dall’errore e dall’eresia, i quali, a detta di San Paolo, sempre sono presenti nella Chiesa e permessi da Dio per rafforzare, per contrasto, la fede stessa dei fedeli.
Recentemente Hans Küng ha avanzato l’idea che il fenomeno della pedofilia sia una specie di ripiego per quei sacerdoti ai quali è di peso il celibato, da qui la sua conclusione che è bene abolirlo. Personalmente io sono dell’opinione che è possibile un domani la Chiesa cattolica ammetta un sacerdozio coniugato. Tuttavia l’argomentazione di Küng mi sembra improntata ad una profonda ipocrisia. Infatti io vorrei dire a Küng: prima di dare consigli al Papa, mettiti una mano sulla coscienza, e domandati se Dio non chiede innanzitutto a te di correggerti dalle tue eresie, e di tornare pentito nel seno della Santa Madre Chiesa, che certamente ti accoglierà. Dovresti renderti conto che sono proprio le tue eresie, con la superbia, la disobbedienza e lo scetticismo che esse comportano ad essere la causa profonda di quel disgusto per la verità che, ne son convinto, ha invogliato molti poveri preti ad allentare il loro impegno spirituale per cedere alle debolezze della carne.
Tornando a parlare dell’Aquinate, il Dottore comune della Chiesa ci ricorda che i peccati carnali certamente ci abbrutiscono e possono essere molto gravi, tuttavia sono generalmente peccati di debolezza più che di malizia, perché qui la volontà in qualche modo cede alla passione, per cui la colpa diminuisce; ma i peccati più gravi, sempre secondo San Tommaso, sono quelli spirituali, dove qui c’è vera deliberazione e consapevolezza, e quindi cattiva volontà: la falsità nelle cose di Dio – ecco l’eresia -, che nasce dalla superbia e dall’empietà, l’orgoglio, l’egocentrismo, l’autoreferenzialità, l’ambizione, l’invidia, l’ipocrisia, l’odio deliberato e prolungato, la calunnia, la prepotenza, la brama del potere, il rifiuto di perdonare e di chiedere perdono. Questi si possono chiamare peccati diabolici, ed infatti la Scrittura chiama le eresie “dottrine diaboliche”.
Certo nell’attuale clima di diffusa ignoranza, molti sono eretici senza rendersene conto, e per questo è bene usare nei loro confronti comprensione e tolleranza. Ma questo non toglie che in se stessa l’eresia sia un peccato più grave che la pedofilia, così come è più grave peccare contro Dio che contro il prossimo. E ricordiamoci che nel Diritto Canonico tuttora l’eresia appare come crimine meritevole di una giusta sanzione penale.
Conclusione. In base a ciò che ho detto, io suggerirei soprattutto ai nostri Pastori due cose.  Prima: tornate a dare al peccato di eresia quella importanza che si merita, e che sempre è stata data dai pastori della Chiesa per tutta la storia del cristianesimo. Seconda: continuate certo ad operare per la buona formazione morale del vostro clero, ma innanzitutto preoccupatevi, a cominciare dai seminaristi, che i preti o i futuri preti siano dei grandi amanti della verità e sappiano respingere con evangelica fermezza gli errori contrari. E’ infatti soltanto sulla base della verità che può nascere quella carità che ci porta a purificarci dai nostri peccati e a conquistare la santità.

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