Gianfranco Fini

Di Piero Vassallo

Gianfranco FiniNon si può penetrare nel Fini – pensiero (ammesso che un pensiero ci sia) senza il preventivo esame del ruggente pirandellismo calato nella biografia di Giorgio Almirante, che di Fini fu inventore, maestro e guida.
Prima di Fini, Almirante ha sofferto la struggente gelosia, rivivendo il dramma ghibellino del pirandelliano Enrico IV.
Due decenni della storia almirantiana, infatti, furono tormentati dall’invidia contro il cattolico Arturo Michelini, suo vincente rivale nel Msi e ovvia personificazione del Gregorio VII di pirandelliana e guelfa memoria.
Almirante, cui lo specchio ripeteva “Sei bello, colto, intelligente, fascinoso, mentre Michelini è brutto, incolto, opaco e sciocco”, soffriva a causa del successo che arrideva al rivale. Di qui un’opposizione livida, ringhiosa, viscerale, implacabile. Ma sempre perdente.
Alla fine Michelini morì di morte naturale e Almirante ottenne (proprio da Michelini!) l’agognata segreteria del Msi.
Salito al potere nel 1968, Almirante capovolse la politica del detestato predecessore inventando due personaggi idonei a rappresentare l’antitesi perfetta della politica di Michelini: Armando Plebe e Gianfranco Fini.
Reclutato nel salotto di un editore chic, Plebe personificò il nulla parlante al vuoto, ovvero la rumorosa antitesi della filosofia professata dai collaboratori di Michelini, Ernesto De Marzio, Nino Tripodi, Pino Romualdi, Giano Accame e Fausto Gianfranceschi.
In esecuzione del piano almirantiano, Plebe liquidò l’ingente e nobile eredità della cultura della destra cattolica. Ignorò o censurò i contributi di Niccolò Giani, Guido Pallotta, Francesco Orestano, Balbino Giuliano, Giorgio Del Vecchio, Carlo Costamagna, Guido Manacorda, Armando Carlini, Attilio Mordini, Vanni Teodorani. Disprezzò gli illustri studiosi che collaboravano con Giovanni Volpe, Ettore Paratore, Augusto Del Noce, Marino Gentile, Ennio Innocenti, Francisco Elias de Tejada, Francesco Grisi ecc. Avversò e isolò i giovani intellettuali cresciuti nelle scuola di formazione fondate da De Marzio: Fausto Gianfranceschi, Primo Siena, Gianfranco Legitimo, Fausto Belfiori, Silvio Vitale, Gianni Allegra, Giuseppe Tricoli, Paolo Caucci ecc. Importò la neodestra francese, preparando il terreno agli intellettuali che oggi costituiscono la corte s-pensante di Fini.
Plebe traghettò la destra sulle sponde del nulla laicista e ghibellino. Almirante inventò e impose alla riluttante base giovanile il suo delfino. Fece avanzare sulla passerella dell’anti-tradizione il qualunquismo mentale di un giovane alto, belloccio, altero e vuoto come il Plebe – pensiero: Gianfranco Fini.
Fini rappresenta la vendetta ghibellina e pirandelliana di Almirante: una pugnalata alla memoria di Michelini – Gregorio VII.
La fortuna di Gianfranco Fini comincia dalla scelta pirandelliana di Almirante e continua con la raccolta dei biglietti della lotteria, seminati dall’autolesionista Martinazzoli e dal (troppo) generoso Berlusconi.
Dove arriverà Fini nessuno può dirlo, neppure lui. Il suo futuro sta in mezzo alle righe dei possibili finali di un Enrico IV classico e/o rivisitato.
Finale pirandelliano:. Enrico IV (alias Fini) abbatte Gregorio VII (Berlusconi): cala la scena, la reggia si trasforma in luogo d’isolamento e di strombatura. L’imperatore immaginario (Fini-Enrico IV) rimane per sempre prigioniero del gesto insensato.
Finale secondo Casini & Rutelli. Enrico IV (Fini) raccoglie la banda degli invidiosi, degli incompiuti e degli improvvisati e scende in campo contro Berlusconi. Finale improbabile, perché Fini ha lingua per parlare ma non carattere per lottare. Sopra tutto non ha un esercito al seguito. Con Bocchino e la Meloni non si va da nessuna parte.
Conclusione probabile dello psicodramma: Fini si rende conto di battere una strada senza sbocchi: accompagnato dalla principessa Matilde (la Prestigiacomo sarebbe un’attrice ideale per tale parte in commedia) si reca a Canossa e, inginocchioni davanti a Gregorio VII – Berlusconi implora e ottiene il perdono.
Cala la tela e il duo Casini – Rutelli … Ma questa sarebbe un’altra commedia pirandelliana: i nani e i pifferi della montagna.

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